John Fante nacque a Denver, nel Colorado, l'8 aprile del 1909 da Nicola Fante, un immigrato italiano originario di Torricella Peligna (in provincia di Chieti), e da Mary Capolungo, una statunitense figlia di immigrati lucani.
L'infanzia di Fante fu turbolenta a causa dei dissapori tra la madre e il padre: molti degli avvenimenti che la segnarono (la violenza del padre, l'istruzione ricevuta in scuole religiose, le difficoltà economiche) sono presenti nella maggior parte dei racconti che scrisse in seguito, oltre ad essere la fonte d'ispirazione primaria per la costruzione del suo alter ego Arturo Bandini, protagonista dei suoi romanzi.
La condizione di povertà e i continui dissapori con il padre spinsero Fante ad abbandonare la cittadina di Boulder, in cui viveva con la famiglia, per tentare la fortuna a Los Angeles, dove arrivò nel 1930. Qui si iscrisse all'università con scarso successo accademico; l'esperienza universitaria fu tuttavia importante per la sua vita di scrittore poiché conobbe Florence Carpenter, un'insegnante che ne apprezzò da subito il talento. Fu così che Fante iniziò a scrivere i primi racconti, alcuni dei quali vennero pubblicati dalle riviste The American Mercury e The Atlantic Monthly.
Dopo una breve e difficile convivenza con la famiglia (trasferitasi in California), Fante andò a vivere in una piccola stanza a Bunker Hill (in seguito celebrata con affetto nel suo ultimo romanzo Dreams from Bunker Hill, 1982; ed. it. Sogni di Bunker Hill, Einaudi 2004) e, per arrotondare i suoi magri guadagni, iniziò a collaborare con Hollywood in veste di sceneggiatore, un lavoro che non amò mai ma grazie al quale raggiunse la sicurezza economica. Il primo lavoro lo ottenne nel 1934 dalla Warner Brothers per la sceneggiatura del film Dinky, dopodiché iniziò a collaborare come sceneggiatore e correttore di bozze per la Metro-Goldwyn-Meyer. Tra gli altri lavorò anche con Fenton, Willls, Leonard e con il giovane Orson Welles, ma spesso i progetti rimanevano sulla carta senza approdare al grande schermo.
Durante la permanenza a Bunker Hill, John Fante iniziò il suo primo romanzo The Road to Los Angeles ( La strada per Los Angeles, Einaudi 2005), concluso nel 1936 ma pubblicato postumo nel 1985 perché allora nessun editore si mostrò interessato. Nel 1938 pubblicò Wait Until Spring, Bandini ( Aspetta primavera, Bandini, Einaudi 2005), che riscosse subito un grande successo, seguito un anno dopo da Ask the Dust ( Chiedi alla polvere, Einaudi 2004), considerato da molti il capolavoro di Fante.
La Seconda Guerra Mondiale e l'impegno dello scrittore italoamericano come collaboratore per i servizi d'informazione coincisero con un periodo di crisi narrativa. Il suo lavoro successivo fu, nel 1952, Full of Life ( Una vita piena, Einaudi 2009), romanzo in cui Fante traspone la sua esperienza di genitore. È il primo dei romanzi della maturità, che otterrà un grande successo anni dopo ma che, al momento della sua prima uscita, fu un altro insuccesso; deluso, Fante abbandonò il lavoro di scrittore per dedicarsi a tempo pieno alla sua attività di sceneggiatore. Uno dei film più famosi di quel periodo che porta la sua firma fu, per ironia della sorta, Full of Life, tratto dal suo omonimo e sfortunato romanzo. La pellicola diretta da Richard Quine ebbe come protagonista la star del momento, Judy Holliday, e fece guadagnare a Fante una nomination ai Writers Guild of America. In seguito al successo di Full of Life, Fante venne anche in Italia per lavorare con Dino De Laurentiis e, sempre in quegli anni, realizzò anche il film Il re di Poggioreale (1961), diretto da Duilio Coletti.
Da molto tempo ammalato di diabete, la salute di Fante diventò ancora più precaria alla fine degli anni Settanta; nel 1977 pubblicò La confraternita dell'uva, romanzo in cui cerca di riconciliarsi con se stesso e con la memoria del padre, morto da quasi trent'anni.
La riscoperta da parte del pubblico delle opere di John Fante avvenne nel 1980 grazie a Charles Bukowski che diventerà suo estimatore ed amico. Bukowski, considerandolo "il migliore scrittore che abbia mai letto" e "il narratore più maledetto d'America", gli chiese l'autorizzazione di ristampare Chiedi alla polvere, per cui scrisse un'appassionata prefazione. Pur di spingere la sua casa editrice, Black Sparrow Books, a ristampare le opere di Fante, ormai fuori catalogo da lungo tempo, Bukowski giunse a minacciare l'editore di non consegnare loro il manoscritto del suo nuovo romanzo. La ripubblicazione delle sue opere fece vivere un periodo di speranza a John Fante, che a causa della malattia era diventato cieco ed era stato sottoposto all'amputazione di entrambe le gambe. Il suo ultimo romanzo, Sogni di Bunker Hill, fu dettato da Fante, ormai cieco, alla moglie mentre si trovava in ospedale; fu pubblicato nel 1982 e costituisce la conclusione della saga del suo alter ego, Arturo Bandini.
John Fante morì l'8 maggio del 1983, qualche mese dopo la ristampa di Aspetta primavera, Bandini. Negli anni '90, l'opera di Fante fu ripubblicata con successo in molti paesi europei, in particolar modo in Francia e Italia. Fante è diventato uno scrittore di culto apprezzato in tutto il mondo, considerato un precursore della Beat Generation per il disincanto con cui mostra il fallimento del sogno americano, anche se non si espresse mai apertamente contro il sistema sociale statunitense (a differenza degli autori "Beat"). I suoi romanzi sono considerati dei veri e propri "documenti" della vita delle classi sociali medio-basse durante la depressione economica degli ani '30 e per tale ragione nel 1990, sette anni dopo la sua morte, la rivista "Life" definì l'autore di origini abruzzesi "un tesoro nazionale" per la cultura americana.
Recensione
Non riesco a convincermi che una cosa scritta tanto tempo fa mi risulti così dolce nel dormiveglia e tuttavia non riesco a guardarmi indietro, riaprendo e rileggendo il mio primo romanzo. Ho paura, non sopporto l'idea di vedermi sotto la luce della mia prima opera. Sono certo che non la rileggerò più. Di una cosa però son sicuro: tutta la gente della mia vita di scrittore, tutti i miei personaggi si ritrovano in questa mia prima opera. Di me non c'è più niente, solo il ricordo di vecchie camere da letto, e il ciabattare di mia madre verso la cucina.
Prefazione ad "Aspetta primavera, Bandini" - John Fante
Arturo Bandini: 14 anni, italiano, inguaribile sognatore in lotta costante contro l'ascendenza italiana, causa, a suo parere, di tutti i problemi che lo assillano. Per di più è inverno: essere povero, italiano, in Colorado durante l'inverno è una delle peggiori iatture che si possano immaginare! Inverno significa freddo, piedi gelati, nessun regalo di Natale, anzi nessuna atmosfera natalizia perché il padre di Arturo, Svevo, odia quella stagione dell'anno anche più del figlio. La neve e il freddo fanno gelare la calce e questo significa niente lavoro, niente soldi, debiti per mangiare e pensiero costantemente rivolto a Helmer, il banchiere, che gli ricorda che la casa dove abitano sua moglie e i suoi tre figli non è sua e forse non lo sarà mai. Svevo d'inverno sfoga la sua frustrazione giocando a poker e ubriacandosi, due attività che gli procurerebbero maggiori soddisfazioni se anche sua moglie, Maria, gli desse motivo di lamentarsi, e invece no! Maria, donna che trova nella fede in Dio un balsamo per tutte le difficoltà da affrontare, lo ama appassionatamente e lo accetta così com'è, innescando maggiormente il senso di colpa di Svevo e rendendolo ancora più scontroso in un circolo vizioso che lo porta spesso ad allontanarsi dalla famiglia.
Fante racconta le vicende della famiglia Bandini con tono ironico e intriso di nostalgia per un periodo certamente difficile ma in cui il futuro è ancora tutto da scoprire per il giovane Arturo. La voce narrante è interna alla storia: il punto di vista adottato è, di volta in volta, quello di Arturo, di Svevo o di Maria e lo stile si adatta ai caratteri dei personaggi: periodi brevi e affermazioni secche che riprendono le contrapposizioni nette degli adolescenti se la focalizzazione è quella di Arturo; affermazioni assolute che non ammettono sfumature o possibilità di replica nel caso di Svevo; un tono rassegnato e dimesso per Maria.
I tre punti di vista si differenziano rispetto alla religiosità e al senso di appartenenza alle proprie radici italiane ponendosi lungo un continuum che va da un estremo (Svevo) all'altro (Maria), con la posizione intermedia di Arturo che esprime il punto di vista più articolato e problematico.
Svevo si sente sia italiano sia americano e questo non comporta per lui alcuna lacerazione interiore: parla in inglese nella quotidianità e ricorre all'italiano solo per rievocare con gli amici le sue conquiste amorose. Maria, al contrario, si sente italiana e sa che non potrà mai essere come le donne americane, belle e sorridenti, stampate sulle riviste patinate che ogni tanto sfoglia. Arturo (che, come i genitori, è cittadino statunitense) si sente un povero italiano con una madre italiana che prega in continuazione e un padre italiano che sbraita sempre; lui però vorrebbe essere un americano e questo status non dipende da un documento ufficiale (come invece pensa Svevo), ma da un modo di essere e di comportarsi alieno alla sua famiglia e contro il quale Arturo si scontra ogni giorno a casa e a scuola:
Di nome faceva Arturo, ma avrebbe preferito chiamarsi John. Di cognome faceva Bandini ma lui avrebbe preferito chiamarsi Jones. Suo padre e sua madre erano italiani ma lui avrebbe preferito essere americano. Suo padre faceva il muratore ma lui avrebbe preferito diventare il battitore della squadra di baseball dei Chicago Cubs. [...]
Perché sua madre era diversa dalle altre madri? Era proprio così, come poteva constatare ogni giorno. La madre di Jack Hawley lo faceva andare su di giri: aveva un modo tale d'offrirgli i biscotti che il cuore gli faceva le fusa. [...]
Ma perché suo padre doveva sempre esprimersi urlando? Possibile che non sapesse parlare a bassa voce? Se il vicinato sapeva tutto della famiglia Bandini era solo perché suo padre gridava senza ritegno. I loro vicini, i Morey, non li sentiva fiatare, mai; gente tranquilla, americani. A suo padre, invece, non bastava essere italiano, lui doveva essere un italiano rumoroso.
La vita quotidiana di Arturo è scandita dalla religione, o meglio dal senso di colpa per la violazione continua dei dieci comandamenti e dalla conseguente paura dell'inferno; a differenza di Svevo che non si pone proprio il problema, Arturo ha trovato una soluzione che è perfettamente in linea con la sua educazione cattolica: peccare, provare rimorso, confessarsi per riconciliarsi con se stesso e con Dio, peccare di nuovo. Le considerazioni di Arturo sugli effetti della morale cattolica sulla sua vita sono, a mio parere, tra le più riuscite del romanzo per il tono lieve e ironico che usa Fante, il quale riesce a comunicare al lettore tutta la serietà della questione per Arturo mantenendo l'atteggiamento benevolo e distaccato dell'adulto che ricorda i tormenti dell'adolescenza.
Aspetta primavera, Bandini è un libro piacevole che lascia insoddisfatto il lettore curioso di sapere cosa accadrà ad Arturo in primavera e negli inverni successivi; non rimane allora che buttarsi a capofitto nei romanzi di Fante e seguire le vicissitudini di Arturo, Svevo e Maria attraverso tutti i loro alias, che poi non sono altro che alter ego di Fante e dei suoi genitori.
Giudizio:
+4stelle+
Dettagli del libro
- Titolo: Aspetta primavera, Bandini
- Titolo originale: Wait Until Spring, Bandini
- Autore: John Fante
- Traduttore: Carlo Corsi
- Editore: Einaudi
- Data di Pubblicazione: 22 marzo 2005 (ed. orig. 1938)
- Collana: Stile libero
- ISBN-13: 9788806171360
- Pagine: 242
- Formato - Prezzo: Brossura - 12,50 Euro