Jean-Marie Gustave LeClézio proviene da una famiglia piuttosto girovaga, originaria della regione francese della Bretagna, che si trasferì nel 1798 nel dominio coloniale di Mauritius per fare poi ritorno in madrepatria. Qui lo scrittore è nato, a Nizza, nel 1940, mentre il padre prestava servizio come medico coloniale nei possedimenti britannici africani, in Nigeria, dove il resto della famiglia lo raggiunse nel 1948, dopo aver passato i primi anni dell'infanzia nel piccolo villaggio provenzale di Roquebilliere.
La Recensione
L'africano è il breve diario dell'incontro di Le Clézio bambino con il padre, uomo severo, che ha vissuto per scelta in una condizione di isolamento e insieme di impegno in quelli che erano i margini dell'impero coloniale britannico, come medico di frontiera. Il motivo della scelta paterna è abbastanza significativo del suo carattere: appena laureato in Inghilterra prende servizio in una cittadina di mare e viene redarguito da un superiore per non avergli presentato il suo biglietto da visita appena arrivato in città. Come reazione Le Clèzio padre decide di prendere l'occasione, evidentemente non troppo ambita, di trasferirsi in servizio nel nulla ai confini tra Nigeria e Camerun.
Dopo un tentativo, fallito per via della II Guerra Mondiale, di ricongiungersi alla famiglia rimasta in Francia, il padre si fa raggiungere da moglie e figli nel 1948, quando lo scrittore ha già otto anni. In questo breve diario Le Clézio parte dall'immagine tarda del padre in pensione, tornato in Francia, che non sa, e non vuole neppure fino in fondo, rinunciare allo stile di vita 'africano', per tornare a ritroso a quei giorni della sua infanzia e ritrovare, nel cuore dell'Africa subsahariana, insieme il rapporto con la figura paterna e con le sue origini.In questo senso dalla prospettiva del bambino le due immagini, il continente nero e il padre, sembrano quasi sovrapporsi e raggiungere una sorta di riconciliazione serena e leggermente venata di quella nostalgia che si può immaginare nel guardare indietro alla propria infanzia e avere nel contempo la visione di un proprio genitore ormai entrato nella vecchiaia.Del padre viene descritta la severità, il suo modo di vestire e i tentativi di ricuperare il tempo perduto con i figli in una serie di aneddoti che portano la ricerca, tra presente e ricordo, sempre più verso l'interno della coscienza. E sempre più emerge un senso di serena e malinconica pacificazione verso quest'uomo misterioso, cui Le Clézio tenta di "avvicinarsi" per tutto il libro, fondata nella comprensione che in un altrove del tempo e dello spazio, l'Africa dei giorni in cui era bambino, affondano le radici di una ricerca che l'autore ha poi seguito per tutta la vita, da scrittore e da saggista, quella delle origini di popoli e tradizioni, del rispetto dignitoso e fermo, forse in apparenza anche scostante, per la diversità e la lontananza, fisica e spirituale.Alcune foto scattate proprio dal padre, dall'archivio privato di Le Clézio, illustrano questo percorso della memoria e rendono ancora più efficaci gli aneddoti in cui si struttura, senza soluzione di continuità, la narrazione. Nel loro bianco e nero autentico si sentono i colori di questo mondo un po' dimenticato e un po' troppo lontano, fatto di piccoli villaggi di capanne di fango come Ogoja e Kano, di ospedali e ambulatori di emergenza, di privazioni vissute con la gioia semplice che solo un bambino o un idealista possono avere, di corse a piedi nudi nel fruscio dell'erba alta della savana, delle stoffe sgargianti dei vestiti delle donne e dei costumi tribali.Il risultato è una ricostruzione biografica della vita del padre, commovente nello stile asciutto e distaccato, quasi fosse un saggio più che un diario personale, in cui emerge forte e sereno, pur nelle asprezze del carattere e del territorio, l'amore per le proprie radici.
La Recensione
Il cantiere destinato a rimanere incompiuto in Rue de l'Armorique a Parigi, che lo zio Soliman mostra orgoglioso alla piccola Ethel, è quello della casa color malva che l'anziano rimpatriato di Mauritius decide di lasciare alla piccola nipote, come sostegno contro l'incapacità del padre di Ethel, Alexandre Brun, di gestire il patrimonio di famiglia.Se in L'africano Le Clézio aveva indagato il lato paterno delle origini, quasi in forma di saggio biografico, in questo che è un vero e proprio romanzo, lo scrittore ne esplora l'altro ramo, quello materno, legato strettamente all'esotismo delle radici mauriziane, che lui stesso ha dichiarato di sentire come una seconda patria rispetto alla Francia.La famiglia Brun è raccontata dal punto di vista, anche qui, di una bambina che cresce.Il clan tornato da Mauritius con una posizione finanziariamente brillante frequenta i salotti buoni della capitale francese del periodo tra le due guerre e i due genitori, Alexandre e Justine, la cui vita coniugale è funestata da un rapporto adulterino del padre con una donna di spettacolo, Maude, mantengono uno stile di vita dispendioso, nonostante i continui rovesci economici paterni che ne assottigliano sempre più il patrimonio.Nello sguardo di una bambina questo ambiente è rappresentato dai pranzi affollati della domenica, in cui ascolta i discorsi dei grandi che parlano di politica, e in cui si affaccia la figura dell'emergente cancelliere tedesco, visto con favore come argine contro il bolscevismo, e li riporta come se fossero una lista di luoghi comuni e banalità da conversazione perbenista del dopopranzo.Quasi nell'ombra, un po' in disparte, Ethel cresce e trova un primo legame con una ragazza di origini russe, un'aristocratica fuggita dalla rivoluzione d'ottobre, Xenia, con cui impara a bere il the forte che l'amica, la cui famiglia vive in condizione di povertà lavorando per un laboratorio di sartoria, porta nei freddi giorni invernali in una bottiglia coperta di panni per mantenerlo caldo.Quando questo legame viene meno perché, come capita nell'adolescenza, le amicizie spesso si perdono per strada spontaneamente, Ethel si trova da sola ad affrontare lo sfacelo finanziario della famiglia, dopo che la madre Justine ha evitato di contrastare le follie del padre per mantenerlo legato al talamo, e deve assistere anche alla perdita del terreno di Rue de l'Armorique, che viene perso in seguito al fallimento nella costruzione di un palazzo dal nome esotico di 'Tebaide'. A poco a poco mentre il mobilio della casa dei Brun viene portato via per pagare i creditori e molti parigini, tra cui la famiglia stessa di Ethel, vengono costretti a lasciare la città su cui incombe l'ombra della svastica nazista - ormai la II Guerra Mondiale ha già trovato nella Francia occupata la sua prima illustre vittima -, quella che è ormai una giovane donna scopre la forza della fame.La sua forza e il desiderio di vivere si materializzano nell'immagine della fuga verso le coste provenzali in cerca di rifugio, a bordo di una vecchia macchina, la De Dion da tempo dismessa per risparmiare, nel mezzo di una fiumana di sfollati. Nella miseria umana Ethel diventa donna e si innamora di Laurent, un ragazzo della cerchia famigliare che viveva in Gran Bretagna e combatteva perciò dalla parte degli Alleati e decide di sfidare la storia vivendo questo rapporto cui la guerra impone la dimensione dell'attesa in una Nizza fredda e cupa.Chiaramente viene adombrato in questo rapporto il mito delle origini, rivissuto nella storia d'amore tra i genitori dello scrittore e, anche se 'Il ritornello' esce nel 2008, in realtà Le Clézio riporta in vita fatti anteriori a quelli raccontati in 'L'africano', che è del 2004.La scelta si pone in un'ottica di continuità quasi genetica della narrazione.La scoperta della fame e della forza da parte di Ethel esplora l'altro lato delle origini, quello materno, legato con più forza all'orizzonte esotico dell'isola di Mauritius e insieme, pur rivolto al passato, funziona come stimolo a guardare oltre.Come a Nizza Ethel ritrova Maude, l'amante del padre, che vive nell'indigenza della guerra e della solitudine e cerca di aiutarla come può, e supera anche la morte del genitore, così si distacca anche dal passato per ricongiungersi con Laurent e rivolgersi a una vita nuova, da costruire al di là dell'Atlantico, negli Stati Uniti.Anche nello stile romanzesco e vivo del 'Ritornello' si sente ancora quell'urgenza, distaccata e insieme appassionata, di trovare nella lontananza delle origini la giusta dimensione del presente, che caratterizza così in profondità la storia e la ricerca di Le Clézio.
Giudizio:+4stelle+
Articolo di Polyfilo
Dettagli del libro
- Titolo: L'africano
- Titolo originale: L'Africain
- Autore: Jean-Marie Gustave Le Clézio
- Traduttore: Maurizia Balmelli
- Editore: Instar Libri
- Data di Pubblicazione: 2004
- Collana: Le antenne
- ISBN-13: 9788846100825
- Pagine: 104
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 10,00
- Titolo: Il ritornello della fame
- Titolo originale: Ritournelle de la faim
- Autore: Jean-Marie Gustave Le Clézio
- Traduttore: Maurizia Balmelli
- Editore: Rizzoli
- Data di Pubblicazione: 2008
- Collana: Scala Stranieri
- ISBN-13: 9788817032346
- Pagine: 202
- Formato - Prezzo: Brossura - Euro 17,50