La Recensione
C'è una parola ben precisa che mi evoca questo romanzo: "sfida". L'urlo e il furore è effettivamente un romanzo-sfida, per il lettore messo a dura prova, e il romanzo di una sfida, quella per la sopravvivenza di una vecchia casata americana in decadenza in un'epoca di conflitti. L'idea della sfida, inoltre, mi pare possa giustificare un titolo che non trova riscontro visivo nella trama, ma che, in realtà, è una citazione shakespeariana. L'urlo e il furore sarebbero, allora, lo scuotimento dell'uomo che si divincola nell'epoca moderna, tra tutti i suoi conflitti, lottando disperatamente per la propria sopravvivenza. E' questa, a ben vedere, la migliore interpretazione che Faulkner dà dell'esistenza umana - la trama di questo romanzo non ne sarebbe che l'argomentazione, la testimonianza delle lotte personali di una famiglia in crisi. Basterebbe questo a restituire il senso fortemente moderno e innovativo, cinico nella sostanza e sorprendentemente barocco e grottesco nella forma, di un romanzo che, oltre che tra i più difficili, risulta essere uno dei più significativi di Faulkner. La verità è che c'è molto di più, c'è un apparato stilistico così forte da far passare quasi in secondo piano la trama, capace anche di compromettere la stessa esperienza di lettura. Il vocabolario riccamente grottesco dà colore a una narrazione verbosa, talvolta ridontante, che viene affiancata a una finissima ricerca psicologica che si traduce innanzitutto nel flusso di coscienza joyciano, ma non solo. Tutto il romanzo è il dispiegamento di forze di Faulkner alla ricerca del migliore modo possibile per indagare e raccontare la coscienza umana, le sue forme alterate (come nel caso di Benjamin, il figlio demente dei Compson), la sovrapposizione di ricordi, fantasticherie, percezioni e sentimenti. Le quattro parti in cui si suddivide il romanzo, una per un giorno di narrazione, sono altrettanti tentativi stilistici che, se mettono a dura prova il lettore, d'altra parte trasmettono bene la furia e il ruggito dell'uomo moderno. Le prime tre parti sono accomunate da ricercatezza stilistica, dall'avere protagonisti maschili e dall'uso della narrazione in prima persona. La prima parte è la più audace, un battesimo del fuoco per il lettore che si ritrova a leggere eventi vicini all'epilogo del romanzo, in una inversione temporale delle quattro parti, per di più scardinata da continue incursioni di ricordi e flashback senza precise coordinate spazio-temporali. L'unico modo per distinguere i tre filoni narrativi che si intrecciano nella prima parte pare essere quello di fare attenzione al personaggio che, di volta in volta, assiste il demente Benjamin: i tre figli della vecchia domestica negra, uno per ogni decennio circa. Talvolta fanno comparsa dei periodi evidenziati in corsivo, che Faulkner adopera sempre per indicare un salto temporale. La seconda parte riporta indietro il lettore di qualche decennio, presentando l'inquieto e giovane Quentin, autore di un monologo un po' più lineare e chiaro. Quentin rappresenta forse uno dei personaggi più intriganti: lo scontro con la vecchia filosofia di vita del padre, l'ossessione dal sapore incestuoso verso la sorella sono gli estremi di un conflitto interiore dall'esito letale. La terza parte contrappone lo spietato cinismo di Jason, terzo figlio dei Compson: incarnazione perfetta dell'americano medio del sud, razzista, materialista, sessualmente frustrato e ossessionato dal potere e dal controllo. La quarta parte si discosta dalle prime tre perché presenta essenzialmente un personaggio femminile, visto esternamente, con una narrazione in terza persona, neutra e piuttosto fredda. E' significativo che Faulkner abbia sperimentato tre profili maschili differenti, per poi mancare l'appuntamento con quello femminile, quasi come se delle donne lui potesse solo parlare dall'esterno, senza riuscire a indagarne l'interno. Non è un caso, forse, che le uniche figure femminili in grado di reagire preferiscano fuggire piuttosto che sottomettersi a un sistema che, come illustrato in brusco finale, malgrado tutto perpetua se stesso. Il tempo è un concetto superato, e Faulkner lo dimostra scardinando la cronologia degli eventi - ciò che rimane è una percezione tutta soggettiva, di un uomo che ripensa se stesso e le sue vicende, un uomo che alla fine non è altro che questo, "la somma delle proprie sfortune".
Giudizio:+4stelle+
Articolo di Tancredi
Dettagli del libro
- Titolo: L'urlo e il furore
- Titolo originale: The Sound and the Fury
- Autore: William Faulkner
- Traduttore: Vincenzo Mantovani
- Editore: Einaudi
- Data di Pubblicazione: 2005
- Collana: Einaudi Tascabili
- ISBN-13: 9788806179557
- Pagine: 318
- Formato - Prezzo: Brossura - 12,00 Euro