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Speciale Rodolfo Cimino: La fantasia dell’apparente ripetitività

Creato il 21 maggio 2012 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

Rodolfo Cimino, tra gli autori disneyani, rappresenta l’esempio più lampante di autore riconoscibile ad occhi chiusi, anche ai tempi in cui su “Topolino” non comparivano sotto la prima tavola delle storie i nomi di sceneggiatore e disegnatore. Il motivo è che la produzione di  Cimino pesca in larga parte da un humus comune, che si fonda su più punti fermi che ne rappresentato l’essenza. Sono stilemi stilistici, narrativi e di sensibilità che differenziavano in maniera significativa le sue storie da quelle di Guido Martina, di Carlo Chendi o degli altri sceneggiatori in forza alla Italia.

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Vignetta quadrupla da una storia di Cimino

Non si può non ricordare, per esempio, che praticamente tutte le storie di Cimino si aprono con una vignetta quadrupla che comprende il titolo e un’immagine che riassuma la trama dell’avventura: una scelta che richiama le locandine dei film e che offre una buona vetrina alla storia, anticipandone i temi. 
Ma è andando al contenuto delle avventure che si scoprono i maggiori elementi distintivi: le cacce al tesoro di Paperone con al seguito Paperino e Qui, Quo, Qua, di cui si è già parlato in questo speciale , piuttosto che le storie urbane di Paperino in cui sovente ottiene un riscatto dalle angherie della vita quotidiana, le sfide tra Paperino e Gastone, gli scontri tra Paperone e Amelia, le avventure esotiche di Topolino in compagnia di Minni…

Una costante sono anche le tipologie umane incontrate dai protagonisti: l’autoctono, il vecchio saggio, le popolazioni lontane dalla civiltà, gli studiosi barbuti e competenti in mille materie diverse, gli agenti delle tasse, i miliardari dell’omonimo club. 
Infine, anche la particolare sensibilità dell’autore si riverbera in ciò che scriveva: mi riferisco ovviamente alla romantica saga di Reginella, o al celebre ciclo dei Racconti attorno al fuoco in cui tramite il becco di Nonna Papera venivano tramandate storie positive di coraggio e di buona sorte verso persone che se la meritano. Ma senza arrivare a questi estremi, in moltissime storie dello sceneggiatore si possono riscontrare cenni di benevolenza verso lo sfruttato Paperino, o dei lieto fine per Paperone nel caso non abbia cercato di approfittare arbitrariamente delle situazioni.

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Da "Paperino e la fortuna sfortunata" una via di mezzo tra un autoctono e un vecchio saggio

Istintivamente, al lettore occasionale, questo quadro può far pensare ad un autore senza fantasia, uno scrittore che poche cose da dire che ha campato per anni riciclando sempre lo stesso cliché, utilizzando sempre lo stesso modus operandi nelle sue avventure, non osando mai e limitandosi molto, per pigrizia o mancanza di coraggio.
Niente di più sbagliato.

Il segreto di Cimino stava nella rara abilità del riuscire a raccontare il mondo intero senza sentirsi costretto a uscire da queste situazioni e dinamiche a lui così care.
Non aveva bisogno di smettere di scrivere di cacce al tesoro per poter esplorare nuovi tratti di Paperone: Cimino conosceva così bene il personaggio che ha saputo mostrarcelo in tutti i suoi risvolti, sempre nuovi e sorprendenti, facendolo recitare nei viaggi in posti sperduti del mondo o nelle battaglie contro Amelia e i Bassotti o all’interno della vita quotidiana nel suo Deposito. Senza dover cambiare schema a tutti i costi, l’autore ha saputo regalarci per anni una delle migliori caratterizzazioni di Paperon de’ Paperoni, sempre dinamico e con mille sfaccettature, e sempre rendendolo interessante.
La stessa cosa vale per il ricorrere a figure classiche come il vecchio saggio o il popolo strambo: dal momento che in ogni storia i particolari distintivi di questi comprimari variavano a seconda della trama e del messaggio che Cimino voleva trasmettere, si eliminava il problema della ripetitività e ciò consentiva all’autore di mettere a fuoco varie contraddizioni della società civile e moderna senza dover uscire dal proprio rodato modo di scrivere.

Riuscire a costruire un proprio corpus narrativo in questo modo è impresa delle più ardue, che negli autori moderni vedo infatti molto raramente, dal momento che può risultare più immediato cambiare totalmente genere e registro narrativo per parlare di temi diversi; allo stesso modo, è più facile sfruttare le stesse situazioni senza preoccuparsi di cambiare le carte in tavola per parlare di un certo argomento o per trasmettere determinate sensazioni. 

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Il classico esempio di vecchio saggio ciminiano da "Zio Paperone e la fiamma fredda"

Ma proprio perché il meccanismo è delicato, lo stesso Cimino a mio parere non sempre è riuscito negli intenti che ho cercato di descrivere. Nell’arco di una carriera lunga decenni è più che comprensibile, ovviamente, ma è giusto sottolineare che non mancano i casi in cui questi temi ricorrenti abbiano assunto l’aspetto dell’abusato cliché senza guizzi, oppure in cui situazioni e personaggi offrivano solo lo stereotipo già visto più volte senza dare l’impressione di aggiungere qualcosa rispetto al passato. E’ un difetto che ho riscontrato soprattutto nella produzione degli ultimi anni, il che può essere anche comprensibile, pensando come detto alla difficoltà nel gestire questo modo di raccontare storie.

Gli autori di “Topolino” hanno il grande compito di raccontare il mondo rimanendo all’interno della disneyanità: Rodolfo Cimino aveva scelto di costruirsi un sottoinsieme di questo universo fantastico e di muoversi quasi esclusivamente al suo interno, perpetrando comunque il proposito iniziale di parlare al pubblico di tutto quello che ci circonda, il più delle volte riuscendoci.
Tanto di cappello.

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