M.2 è l'interfaccia che accompagna gli SSD di nuova generazione, nata per risolvere i problemi dello standard SATA, portando le prestazioni a livelli superiori e abbassando allo stesso tempo i consumi.
Daniele Vergara viene alla vita con un chip Intel 486 impiantato nel cervello, a mo' di coprocessore. E' più che entusiasta di tutto ciò che riguarda la tecnologia intera e i videogames, con un occhio di riguardo verso l'hardware PC e l'overclocking. Guarda abitualmente serie TV e d'inverno ama snowboardare, macinando km e km di piste. Lo trovate su Facebook, Twitter e Google+.
I componenti hardware per computer si fanno di generazione in generazione sempre più piccoli, al fine di assecondare le richieste di un settore in rapida evoluzione e che tende a mettere sul piatto dispositivi sempre più compatti e sottili - soprattutto in ambito mobile. Nel momento in cui sono apparsi i primi solid state drives i dispositivi di storage hanno subìto il primo taglio in quanto a dimensioni, poiché sostanzialmente si è passati da dischi da 3,5 pollici (i tradizionali hard disk) ad unità da 2,5 pollici. Questo però non ha cambiato l'interfaccia utilizzata, che è rimasta ancorata alla SATA 3. Tale standard limita però le prestazioni degli SSD, che sono bloccati ad un massimo di 6 Gbps in scrittura ed in lettura. L'introduzione dell'mSATA non ha cambiato le carte in tavola sotto questo punto di vista, poiché il suo scopo è stato solo quello di creare un profilo più sottile per permettere l'adozione degli SSD negli Ultrabook, laptop portatili in cui ogni millimetro è fondamentale.
M.2 è uno standard che risolve praticamente tutti gli intoppi dell'interfaccia SATA. Esso arriva infatti in un formato compatto e senza fungere da collo di bottiglia. Originariamente conosciuto come Next Generation Form Factor (NGFF), l'interfaccia M.2 è già ora disponibile nei prodotti più recenti e rispetta tutte le specifiche del nuova versione del SATA, la 3.2.
Generalità dello standard M.2
In sostanza, quello che M.2 fa è sfruttare le linee PCI-Express 3.0 per trasmettere dati alla velocità di 1 GB/s (in modo simile al SATA Express), anziché fare uso del SATA 3 e circoscrivere i dispositivi di storage ai suddetti 600 MB/s. L'interfaccia può fruire di massimo quattro linee PCIe 3.0, che combinate danno un bandwidth teorico di 4 GB/s. Si tratta di una larghezza di banda quasi sette volte superiore alla SATA 3, ed è chiaro il vantaggio in termini di pure performance.
Il progetto della nuova interfaccia è stato anche attento all'efficienza energetica, altro aspetto importante dei computer mobili. Essendo parte delle specifica SATA 3.2, M.2 è compatibile con uno stato chiamato DevSleep. Sappiamo che nel momento in cui un computer viene sospeso, la maggior parte dei componenti viene messa in sleep per limitare il consumo di batteria. Ad ogni modo una piccola tensione è sempre necessaria, poiché se assente porterebbe all'errato recupero dei dati una volta riattivato il PC. Lo stato DevSleep riduce proprio tale tensione richiesta, e dovrebbe quindi estendere la durata della batteria mentre il computer è sospeso.
Compattare è la parola d'ordine
Un altro degli scopi che il nuovo standard si pone è quello di rendere il più possibile compatti i prodotti che lo adottano. M.2 centra in pieno l'obiettivo, in quanto gli SSD PCIe sono larghi solo 2,2 centimetri, rispetto ai 3 centimetri degli SSD mSATA. Gli slot M.2 supportano anche chip di lunghezza più elevata, sino ad 11 centimetri; questo si può eventualmente tradurre in un maggiore spazio a disposizione per i produttori, e di conseguenza in un numero maggiore di chip saldati per raggiungere capacità più elevate. Per quanto riguarda lo spessore, invece, questo dipende essenzialmente dal tipo di SSD M.2 di cui stiamo parlando: ne esistono infatti di " single sided", cioè con i chip di memoria saldati solo su una faccia del PCB, e quelli " double sided", con entrambe le facce occupate. I primi sono di solito utilizzati negli Ultrabook, poiché sono dotati di un profilo sottilissimo che ne fa le unità ideali per dispositivi in cui lo spazio è di vitale importanza. I secondi vanno invece meglio per computer desktop o notebook più ingombranti perché sottraggono un volume maggiore, ma di contro possono garantire teoricamente il doppio della capacità. In realtà, spesso e volentieri gli Ultrabook possiedono un connettore M.2 che non può concretamente gestire SSD double sided, quindi dovreste fare attenzione nel caso voleste acquistarne uno. Sui desktop invece la questione è meno intricata, e basta che la propria scheda madre sia fornita di uno slot M.2: di solito questi accettano solid state drives sia single che double sided.
Su una scheda madre di livello desktop, però, le linee PCIe da dedicare ad una determinata unità M.2 potrebbero risultare un problema, in quanto queste devono necessariamente essere sottratte a quelle disponibili per i classici slot PCIe. Fortunatamente è un problema destinato ai produttori di motherboard, e non direttamente all'utente finale. E' bene però che chi acquista una scheda madre si informi su come l'azienda che l'ha progettata ha risolto la questione: alcune infatti lasciano che lo slot M.2 condivida le linee PCIe con le porte SATA (esso può "rubare" sino a quattro ingressi SATA), mentre altre preferiscono che alcuni canali PCIe siano in comune fra lo slot M.2 stesso e quelli PCIe; in tal caso, usare un SSD M.2 potrebbe disabilitare o rallentare alcuni slot PCIe.
AHCI vs NVMe
Per utilizzare un SSD SATA l'utente non ha bisogno di installare alcun driver. Basta infatti collegare il disco con l'apposito cavo alla motherboard ed all'alimentazione, accedere al sistema operativo ed è già tutto funzionante. Ciò avviene perché questi SSD dialogano col software tramite i driver AHCI (Advanced Host Controller Interface), che di solito sono già integrati nel sistema operativo - Windows 7, 8 e 10 li possiedono di default. L'intuitività e l'immediatezza di questa soluzione ha per contro il fatto che i driver AHCI accettano solo 32 comandi alla volta, che vengono messi in coda per poi essere eseguiti. 32 comandi da attuare sono esigui per i moderni SSD, i cui controller sono capaci di reggerne molti di più. Come intuibile, quindi, l'interfaccia SATA non è l'unica a rappresentare un blocco per le performance. E' emerso di conseguenza il bisogno di progettare un nuovo driver che sostituisse AHCI, ed è proprio qui che arriva NVMe. Esso è l'acronimo di Non-Volatile Memory Express, ed è il nuovo protocollo mediante il quale il sistema operativo comunica con i più moderni SSD. NVMe è anche la maggiore differenza fra M.2 e SATA Express.
Il nuovo standardmette a disposizione non una singola coda con lunghezza 32 comandi, ma addirittura instaura 65.536 code da 65.536 comandi. In pratica fa leva su un importante parallelismo, che rende possibile l'accettazione teorica di più di quattro miliardi di richieste di lettura/scrittua, laddove AHCI ne accoglie solo 32. Il lato negativo di NVMe è che, essendo un protocollo molto recente, i driver a suo supporto non sono così diffusi, e gli utenti sono forzati ad usare un sistema operativo di fattura recente (come Microsoft Windows 10) per sfruttarne appieno tutti gli aspetti. Per ovviare a tale problematica, però, M.2 supporta anche i driver AHCI. Se quindi l'OS non permette l'utilizzo di NVMe, l'SSD PCIe lo rileva e passa automaticamente alla AHCI mode; è lampante che utilizzare il vecchio driver porta un notevolissimo calo di prestazioni, e vi consigliamo caldamente di installare un sistema operativo recente per beneficiare al massimo di un SSD M.2.
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