In questo articolo vogliamo sottolineare che, come espresso dalla ricerca del centro studi di Unimpresa, che la spending review annunciata da gli ultimi governi si sta rivelando un flop colossale. La spesa pubblica dei primi 5 mesi del 2014 è aumentata di 25 miliardi rispetto ai primi 5 mesi del 2013, esattamente come aumentò di 38,5 miliardi nel 2013 rispetto al 2012.
Ma anche di fronte a questi continui aumenti la classe politica nazionale sembra riluttante a voler tagliare seriamente le spese, ne sono un esempio le resistenze di questi giorni nella riforma del Senato per tagliare i costi del personale di Palazzo Madama.
Non si riuscirà mai a rilanciare l’economia se prima non si taglieranno gli sprechi della spesa pubblica, in modo da poter abbassare le tasse. Con le parole del Presidente di Unimpresa: “Le scelte del Governo stanno massacrando le ormai poche speranze di ripresa dell’economia”
In un precedente articolo, di fronte all’ennesimo record del debito pubblico, ci siamo posti una domanda molto semplice: Che fine ha fatto la Spending Review? Una ricerca del centro studi di Unimpresa ci fornisce una risposta che sospettavamo: è un flop.
25 miliardi di spesa pubblica in più
Non solo i tagli alla spesa dello Stato sono stati minimi ed inefficaci, ma nei primi 5 mesi del 2014 la spesa pubblica è addirittura aumentata di 25 miliardi rispetto i primi 5 mesi del 2013, con una crescita in termini percentuali pari al 13,63%. Questo nonostante gli aumenti delle tasse abbiano portato nello stesso arco temporale a maggiori entrate nel bilancio dello Stato, circa 248 milioni (+0,1% rispetto ai primi 5 mesi del 2013). Tra il 2012 e il 2013 le uscite dello Stato sono aumentate di 38,5 miliardi (+7,56%) nonostante le entrate siano salite di 11,8 miliardi (+2,61%).
Secondo la ricerca di Unimpresa, basata su dati Banca d’Italia, tra gennaio e maggio di quest’anno, i pagamenti dello Stato – vale a dire spese correnti e spese in conto capitale, voci in cui non sono ricomprese le uscite degli enti territoriali (comuni, province, regioni) né gli interessi del debito pubblico: “hanno toccato quota 206,7 miliardi di euro; nei primi 5 mesi del 2013 l’asticella si era fermata a 181,9 miliardi. Di qui l’aumento di 24,7 miliardi di euro (+13,63%).”
Questo non sembra essere un caso isolato, la stessa Unimpresa sottolinea come un analogo aumento si sia registrato l’anno scorso, quando le uscite complessive dalle casse dello Stato sono state pari a 548,6 miliardi di euro, ben 38,5 miliardi in più (+7,56%) rispetto ai 510,09 miliardi totali del 2012.
Il Governo massacra le poche speranze di ripresa, bisogna abbassare le tasse
Le dichiarazioni del Presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, lasciano poco spazio all’interpretazione: “Questi dati confermano che la politica del rigore attuata negli ultimi anni si rivela insufficiente non solo per la salute dei conti statali, ma anche sulle prospettive. Le scelte del Governo stanno massacrando le ormai poche speranze di ripresa dell’economia”. La soluzione per rilanciare l’economia italiana e le piccole e medie imprese per Longobardi è chiara: “per salvare le micro, piccole e medie imprese deve essere abbattuta la pressione fiscale con interventi seri e rigorosi”. Il giudizio conclusivo del presidente di Unimpresa sul lavoro del commissario Cottarelli è lapidario, “il mandato di Carlo Cottarelli chiamato a guidare la commissione spending review del ministero dell’Economia è un bluff: non ha portato a risultati concreti”
Stipendi Portaborse e dipendenti delle Camere
Un piccolo indizio della difficoltà ad attuare una seria spending review e ridimensionamento della spesa pubblica lo abbiamo sotto gli occhi in questi giorni.
A fronte di un bilancio del Senato che vede una spesa di 541,5 milioni di euro, la riforma che si sta dibattendo in questi giorni sicuramente andrà a tagliare gli stipendi dei senatori, che verranno sostituiti da un’Aula composta da 95 tra sindaci e consiglieri regionali che non prenderanno alcuna indennità aggiuntiva. Fino a questo punto tutto bene, si calcola un risparmio di 80 milioni, ma è nel sottobosco degli assistenti che si annidano gli ennesimi sprechi pubblici di una classe politica irresponsabile. I sindaci e i consiglieri regionali infatti, non potendo essere sempre presenti ai lavori del Senato, dato il doppio incarico, stanno arruolando un vero e proprio esercito di assistenti.
Nel 2013 le spese previste per i porta-borse ammontavano ad un totale di 12,1 milioni di euro per gli stipendi, più le consulenze (2,2 mln) e le attività dei gruppi parlamentari, 21 milioni e 350 mila euro. Oltre a questi si aggiungano le spese per i dipendenti del Senato, 829 persone tra assistenti, stenografi, coadiutori e segretari, che nel 2013 sono costati 130,8 milioni di euro. Proprio ieri gli Uffici di presidenza di Montecitorio e Palazzo Madama, riuniti in contemporanea, hanno fissato lo stipendio massimo, relativo ai consiglieri parlamentari, a 240mila euro all’anno al netto della contribuzione previdenziale (l’8,8% della retribuzione), decisione che ha scatenato un’accesa polemica tra i dipendenti del Senato che hanno accolto il verdetto con applausi di scherno e cori come “Bravi! Bis!”.
Sappiamo naturalmente che rispetto al bilancio dello Stato queste sono gocce nel mare, ma sono segnali abbastanza chiari della mancanza di voler affrontare realmente un taglio della spesa pubblica. In tutto questo mare magnum naturalmente saranno confermati i vitalizi concessi agli ex-senatori. 82 milioni di euro.