Spese condominiali, chi deve contribuire?

Creato il 20 gennaio 2016 da Ediltecnicoit @EdiltecnicoIT

Le voci delle spese condominiali comunemente presenti nei bilanci dei condomini si suddividono in due categorie, quelle necessarie alla conservazione del bene e quelle occorrenti per il godimento del bene stesso. In ragione del genere di spesa sorge l’onere di contribuzione a carico di tutti o solo di alcuni condòmini.

Pertanto, quando le spese condominiali è necessaria alla conservazione del bene comune, vale a dire quella che garantisce l’esistenza in vita del bene, l’onere del relativo pagamento rimane in capo a tutti i partecipanti al condominio. Quando, al contrario, la spesa è connessa al godimento del bene, onerati del relativo pagamento sono solo quei condòmini che dall’uso del bene traggono una personale utilità.

Il principio in merito alla ripartizione delle spese è stato di recente ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità.

Un condomino impugnava la delibera condominiale con la quale l’assemblea aveva deliberato la ripartizione delle spese condominiali per il rifacimento della facciata esterna del condominio, con annessi alcuni balconi, tra tutti i partecipanti al condominio, in ragione delle rispettive quote di proprietà.

Rigettata la domanda sia in primo grado che in appello, il condomino proponeva ricorso per cassazione, adducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 1123, comma 3 c.c., per non avere il giudice di merito tenuto conto che gli effettivi interessati alla ristrutturazione della facciata dell’edificio erano solo i proprietari dei balconi insistenti sulla stessa e che, pertanto, la relativa spesa doveva essere ripartita solo tra i condòmini che dal rifacimento della facciata traevano esclusiva utilità.

Nel caso concreto, la sentenza impugnata ha evidenziato la natura dei costi di rifacimento/manutenzione della facciata condominiale, giudicandoli spese di conservazione, per le quali la ripartizione prescinde dall’effettivo utilizzo.

La Corte, a tal proposito, ricorda che in alcuni suoi precedenti “in tema di spese condominiali, ha distinto tra spese occorrenti per la conservazione dell’immobile e spese funzionali al godimento dello stesso, avendo ciascuna di esse una diversa funzione ed esigenza (Cass. 19 giugno 2000 n. 8292). Ha poi chiarito che i contributi per la conservazione del bene condominiale sono dovuti in ragione dell’appartenenza e si dividono in proporzione alle quote, indipendentemente dal vantaggio soggettivo connesso alla destinazione della parte comune alle esigenze di singoli piani o porzioni di essi, in quanto necessarie a custodire e preservare il bene comune in modo che perduri nel tempo senza deteriorarsi. Diversamente le spese d’uso traggono origine dal godimento soggettivo e personale, ripartendosi in proporzione alla concreta misura di esso, indipendentemente dalla misura proporzionale dell’appartenenza, riguardando l’utilità che la cosa comune offre in concreto (Cass. 1 agosto 2003 n. 11747)(Cass. civ., ordinanza 16/10/2015, n. 21028).

Né può soccorrere il disposto dell’art. 1117 c.c. considerato che, stabilire se determinate parti di un edificio condominiale, non specificamente ricomprese nell’elencazione fornita dal predetto articolo, possano essere considerate parti comuni o beni di esclusivo godimento di alcuni condòmini, non può essere generalizzata, “ma va fatta in relazione alle singole fattispecie mediante l’individuazione della precipua funzione oggettivamente svolta dalle singole parti in rapporto alla proprietà esclusiva ed alla struttura e caratteristiche dell’intero edificio sulla base delle risultanze processuali (Cass. 29 gennaio 2007 n. 1784).

A proposito di spese condominiali, la Corte di Cassazione, evidenzia altresì che “le spese occorrenti per la conservazione dell’immobile e le spese funzionali al godimento dello stesso, hanno una diversa funzione ed esigenza”, conseguentemente, “i contributi per la conservazione del bene condominiale sono dovuti in ragione dell’appartenenza e si dividono in proporzione alle quote, a prescindere dal vantaggio soggettivo connesso alla destinazione della parte comune alle esigenze di singoli piani o porzioni di essi, in quanto necessarie a custodire e preservare il bene comune in modo che perduri nel tempo senza deteriorarsi”, pertanto, la contribuzione alle spese grava su tutti i partecipanti al condominio, mentre quelle che attengono all’utilizzo siccome connesso all’uso dello stesso “traggono origine dal godimento soggettivo e personale, ripartendosi in proporzione alla concreta misura di esso, indipendentemente dalla misura proporzionale dell’appartenenza, riguardando l’utilità che la res comune offre in concreto”, con la conseguenza che le relative spese incombono soltanto sui condòmini che dalla stessa ricavano utilità (In tal senso: Cass. civ. Sez. VI, Ordinanza, 16/10/2015, n. 21028).

Tanto è vero che: “In tema di condominio negli edifici, le parti dell’edificio – muri e tetti – ( art. 1117, n. 1 cod. civ.) ovvero le opere ed i manufatti – fognature, canali di scarico e simili (art. 1117 n. 3, cod. civ.) – deputati a preservare l’edificio condominiale da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d’acqua, piovana o sotterranea, rientrano, per la loro funzione, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell’art. 1123 cod. civ., non rientrando, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’art. 1123, secondo e terzo comma cod. civ.” (Cass. civ. Sez. II, 03/01/2013, n. 64. Si vedano anche: Cass. civ. Sez. II, 22/12/2014, n. 27154 e Cass. civ. Sez. II Sent., 13/02/2008, n. 3470).

articolo di  Paolo Accoti, Avvocato, articolista giuridico, esperto in diritto condominiale

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