Ho sempre creduto che attraverso il dialogo, il mettersi d'accordo, la mediazione, il raccontarsi anche gli aspetti spiacevoli e soprattutto la partecipazione, si potesse raggiungere un discreto livello di corresponsabilità. Oggi a distanza di anni so di essermi un po' sbagliata e un po' no. E mi sono sbagliata un po' più di un po' a dire il vero.
Si comincia da quando sono molto piccoli alla scuola Infanzia: una parte dei genitori dice "Voglio che ti comporti in un certo modo", mentre un'altra parte dice "Guarda che se ti comporti così la maestra ti sgrida".
Si continua alla Primaria "Cerca di stare attento il più possibile" mentre qualcun altro dice "Stai attento altrimenti la maestra ti mette un brutto voto".
Si continua similmente alle superiori, e credo si sia capito, da una parte si fa appello alla responsabilità personale o a ciò che la famiglia chiede al proprio figlio e dall'altra si dice che dall'esterno arriverà una punizione, che poi si manifesti attraverso il voto o il rimprovero dell'insegnante poco importa, o ancora peggio si attribuisce sempre e comunque la colpa ad altri di ciò che non funziona.
Ma un'idea ben chiara del concetto di corresponsabilità o della mancanza di esso di una parte delle famiglie me la sono fatta negli anni attraverso la partecipazione, proprio partecipazione fisica, dei genitori ai progetti, partecipazione si badi bene a "grande richiesta". Anche qui le adesioni sono all'insegna del "Partecipo assumendomi la mia parte responsabilità e collaborando" e "Partecipo da soggetto esterno, da ospite, tutto ciò che non funziona è colpa della scuola comunque".
E sembra di intravedere un meccanismo assai mediatico, tipico di questi ultimi decenni in cui la scuola è vista come vetrina, sia che si tratti di una recita, sia che si tratti di un viaggio d'istruzione o di un qualsiasi evento.
Dove la partecipazione, per troppi a dire il vero, non è di adesione al progetto ma di semplici comparse. In cui l'unico ruolo che si diventa capaci a ritagliarsi è quello della valutazione esterna: captare esclusivamente i punti di debolezza dell'attività. E così si ha la sensazione, un po' frustrante a dire il vero per chi si fa in quattro a organizzare, di avere al seguito "spettatori partecipanti".
Nonostante mi dispiaccia per quella parte delle famiglie che, ovunque nella scuola italiana, condivide le responsabilità delle scelte educative assumendosene anche il peso e collaborando alla riuscita delle "imprese" scolastiche, compreso l'insegnamento, ecco io a questo tipo di condivisione e di illusoria corresponsabilità, ho finito col non crederci più.
In definitiva ho preso atto che è molto più facile con i bambini, e credo che molti colleghi lo possono confermare, che partecipano anche per divertirsi e con tanto spirito di adattamento, mentre, e parlo sempre per quella parte di genitori non tutti eh, che non solo non hanno un'età che non permette più loro di adattarsi, ma a volte, e dispiace dirlo, partecipano solo con spirito critico. E più che un fatto premeditato mi rendo conto che è proprio un costume, un modo di fare usuale, di cui in tanti siamo inconsapevoli diffusori.
E come sempre e so di dire una cosa politicamente poco corretta, mi pare il solito modo tutto italiano di partecipare, molto molto simile a ciò che accade in tutti questi anni, dove tutti si chiamano fuori dalle cose e la parola corresponsabilità è ormai una specie di giocattolino usato, mezzo rotto e dimenticato in un angolo buio.
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