“Spinario: storia e fortuna”, dal 5 febbraio al 25 maggio 2014, Roma

Creato il 23 febbraio 2014 da Alessiamocci

La mostra intitolata “Spinario. Storia e Fortuna” che si tiene a Roma dal 5 febbraio al 25 maggio, mira ad un’osservazione approfondita dell’opera in bronzo esposta nella Sala dei Trionfi, giunta in Campidoglio nel 1471, tramite la donazione dei Bronzi lateranensi da parte di Sisto IV.

Non è solo un’opera di scultura, ma il simbolo della collezione civica custodita nei Musei Capitolini. Un capolavoro di arte antica, famosa e ammirata in tutto il mondo e attualmente ancora oggetto di studio e fonte d’ispirazione. La mostra è curata da Claudio Parini Presicce e intende essere un “viaggio” attorno a questa figura, considerata da sempre un mito.

Sono esposte 45 opere, fra disegni e rivisitazioni della statua, che ne documentano il successo ottenuto nel tempo. Il seducente fanciullo seduto su una roccia, opera in bronzo tra le più celebri e copiate dell’antichità, non è sfuggita ai predatori dell’armata francese.

Nel bottino di guerra che Napoleone ha portato con sé in Francia, al ritorno dalla campagna d’Italia del 1796, insieme a molti capolavori c’era anche “Lo Spinario”. Un’opera realizzata probabilmente intorno al 50 a.c., testimone di grazia, bellezza e naturalezza proprie dell’arte greca che costituisce una tappa fondamentale nell’evoluzione della scultura antica. L’opera è tornata nella città eterna dopo aver fatto parte anche della nascente istituzione del Louvre, nel 1815.

Con l’intervento di restauro del 2000, sono emersi elementi significativi per l’identificazione del soggetto, tanto da poterlo considerare il capostipite della gens Iulia. Secondo una rivoluzionaria interpretazione, il giovane che si toglie una spina dal piede, sino ad allora rimasto anonimo, potrebbe rappresentare non un semplice pastore, ma Ascanio Iulio, figlio di Enea, capostipite della gens Iulia, di cui fecero parte Giulio Cesare e Ottaviano Augusto.

La scultura riproduce un pastorello, appena dodicenne, seduto su una roccia, curvo in avanti nell’intento di togliersi una spina dal piede sinistro. Una rappresentazione che non parla di dèi o imprese mitologiche, bensì prende spunto da un evento contingente. All’azione di estrarre la spina è stato attribuito un significato simbolico: una metafora del dolore procurato dall’innamoramento. Il soggetto, insolito per quei tempi, è noto per le tante copie e varianti romane, e quella del Musei Capitolini ne è l’esempio più famoso e perfetto.

Mentre nel Medioevo il soggetto viene considerato “immorale idolo pagano”, a causa della sua nudità, nei secoli successivi questa posa si diffonde come modello iconografico. Dal primo Rinascimento in poi, “Lo Spinario” acquisisce una grande notorietà, anche se posto al centro di interpretazioni discordanti. Quel che più importa è che, da lì in poi, tale scultura dei Musei Capitolini, sarà ritenuta l’opera più famosa ed apprezzata.

Diversamente dalle altre celebri statue bronzee come la Lupa, Camillo, la testa colossale e la mano con globo di Costantino, lo “Spinario” è probabilmente l’unico bronzo lateranense collocato dai Conservatori fin dall’inizio all’interno del loro palazzo.

In questi tre mesi di esposizione, incontri di disegno dal vivo e laboratori didattici con studenti e docenti dell’Accademia delle Belle Arti di Roma permetteranno di analizzare lo studio di questa raffinata scultura. Dopo questi approfondimenti, lo Spinario non avrà più segreti. O quasi.

Written by Cristina Biolcati


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