Spirito di Vendetta - Capitolo 7

Da Sofiastella84 @Sw3etValent1na

La Orion uscì dal TransGate nel Sistema Genesis e iniziò l’avvicinamento alla stazione orbitale remota del terzo pianeta, dove si trovava il porto spaziale. Raggiunto il porto spaziale, procedendo a impulso minimo e servendosi della spinta degli stabilizzatori laterali, adeguò il suo momentum a quello dei moli e si agganciò alle guide laser del corridoio di attracco. Scivolando dolcemente lungo le guide, entrò all’interno del molo, dove venne abbracciata dai blocchi magnetici. Un tunnel pressurizzato venne connesso al portello sulla fiancata sinistra e i passeggeri scesero.
Miharu seguì gli altri passeggeri nell’area di raccolta, dove recuperò il proprio bagaglio, prima di procedere per l’ascensore orbitale, dove si imbarcò sul treno lineare per la superficie.
“Benvenuto a bordo,” lo accolse una hostess. “Posso portarle qualcosa?”
“No, grazie, sono a posto” replicò Miharu, congedandola.
“La traversata durerà un’ora e tre quarti. Le auguro una piacevole permanenza a bordo.”
“Grazie.”
Mentre il treno scendeva in superficie, Miharu rivedeva i dati di missione sul Pad.
Imprecando, Yamazaki ringhiò “Pronto!” per far smettere il telefono di squillare. Era sua moglie.
“Kimihiro, tesoro, puoi andare a prendere Kaori in piscina? Io sono rimasta bloccata in ospedale e non ce la faccio proprio a sganciarmi. Oh! E dovresti anche passare dal supermercato a comprare del miso. L’ho finito stamattina e mi serve per la cena.”
“Mi spiace Kaede. Ho un impegno inderogabile. Devo vedermi con il manager di un’azienda e fargli firmare un grosso contratto. Il capo mi licenzia, se perdo questo cliente. Dovrai telefonare a tua madre.”
“Ho capito. Telefono a mia madre, allora.”
“Mi spiace, tesoro. Saprò farmi perdonare.”
“No, non importa. Però dovresti davvero lasciare che dica due paroline al tuo capo. Ti tratta come uno schiavo. Non è giusto!”
“No, Kaede, tesoro. Ti supplico! Finiresti per farmi licenziare. Sul serio!”
“D’accordo, d’accordo.”
“Ti amo.”
Yamazaki chiuse la conversazione e si strappò l’auricolare dall’orecchio. Kaede!
La donna non aveva colpa, se s’era ritrovata intrappolata in un matrimonio celebrato solo per convenienza, in modo che Yamazaki disponesse di un certo status sociale. In un certo senso, era deplorevole continuare a mentirle in quel modo, giorno, dopo giorno, dopo giorno. E per Yamazaki si era rivelato particolarmente scomodo. Restava il fatto che nella sua vita ‘normale’ era un uomo sposato e un padre di famiglia, con certi obblighi e certi doveri, anche se certamente rimpiangeva i bei vecchi tempi.
Yamazaki aveva provato a immedesimarsi nel ruolo di ‘marito’ e ‘padre’, ma quei ruoli proprio non gli si addicevano. Non aveva provato nessuna gioia nello sposare Kaede e nel veder nascere la figlia, alla quale non si era affezionato. Per lui, erano più che altro un peso non voluto che doveva trascinarsi dietro solo per salvare le apparenze.
Se solo Kaede avesse cercato di capire e avesse smesso di telefonargli continuamente per mandarlo a fare delle commissioni inutili! Ma Kaede non poteva capire e lui non poteva spiegarsi, perché faceva un lavoro per il quale la segretezza era tutto.
Yamazaki guardò l’orologio sul cruscotto dell’auto. Merda! Era in ritardo.
Pestò il pedale dell’acceleratore. Il treno lineare ci avrebbe messo ancora una buona mezz’ora ad arrivare. Se andava a manetta, ce l’avrebbe fatta ad arrivare in tempo.
Miharu osservava il panorama che scorreva a lato dell'auto, mentre il veicolo percorreva l’autostrada, condotto con sicurezza e familiarità da Yamazaki. Torri in vetro, acciaio e cemento. Tipica architettura coloniale della seconda metà del XXI secolo. Era il tramonto e il sole morente accendeva ogni cosa di rosso, dando l’illusione che i palazzi fossero in fiamme.
“Signor Kojima.” Yamazaki ruppe il silenzio, “Posso chiederle com’è finito a lavorare per l’intelligence militare della Federazione?”
Miharu aveva memorizzato il background contenuto nel profilo del suo alias e snocciolò a Yamazaki la storia inventata per lui dai tirapiedi di Delacrix senza errori e senza esitazioni.
“Se ha letto il mio dossier, saprà che mi sono laureato al MIT a quindici anni e che a diciotto possedevo già due dottorati, in fisica nucleare e meccanica quantistica. Immagino che i capoccioni della Federazione abbiano pensato che non era il caso di lasciarsi scappare un cervello come il mio e mi hanno offerto un incarico con uno stipendio favoloso. Erano un sacco di soldi e il lavoro mi sembrava interessante, così ho accettato.”
“Capisco.”
Yamazaki svoltò a uno svincolo e prese una strada secondaria, che li condusse a un quartiere residenziale di villette a schiera molto signorile e ordinato. Attraversò il viale per tutta la sua lunghezza e infilò la macchina nel vialetto di una delle ultime case della fila, con un acero giapponese in giardino.
“Questo sarà il suo alloggio per la durata della missione. Coerentemente con il suo profilo, l’abbiamo iscritta al college universitario industriale.”
Yamazaki frugò in una tasca della giacca e gli porse un flashchip.
“Qui ci sono i dati relativi al nostro uomo all’interno dell’Organizzazione Sinn Féin ed è descritta la procedura di contatto. Per raggiungere il centro-città può servirsi della linea tredici/nord, la cui fermata è infondo alla strada, oppure l’autobus, che si ferma proprio davanti a casa, dall’altro lato della strada. Se ha bisogno di parlare con me o di qualsiasi altro tipo di backup, può contattarmi come illustrato nella procedura.”
Miharu scese e recuperò il proprio bagaglio sul sedile posteriore dell’auto.
Yamazaki abbassò il finestrino.
“Nel file troverà anche le informazioni relative al college che frequenterà, completo di documentazione e piano delle lezioni e quelle che abbiamo raccolto sulle attività dell’OSF. Ci sono anche gli del complesso che usano come base operativa, anche se non sono accurati. Tornerò a prenderla domani per introdurla al nostro infiltrato, dopodiché, gli incontri si svolgeranno esclusivamente secondo la procedura.”
Yamazaki gli allungò la scheda magnetica della villetta, Miharu ringraziò e prese congedo.
Udì la macchina di Yamazaki fare inversione di marcia e percorrere il viale a ritroso, dopo essersi chiuso la porta alle spalle.

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