UN ANNO PRIMA
Kimihiro Yamazaki posteggiò l’auto nel parcheggio sotterraneo del palazzo del Governo e prese il turboascensore per l’ultimo piano della torre ovest del monumentale complesso di edifici in vetro, acciaio e cemento nel cuore del Distretto Amministrativo di Genesis City.
A una prima occhiata, Yamazaki sarebbe potuto sembrare il tipico colletto bianco, un impiegatino di basso livello soddisfatto di sedere alla propria scrivania e di fare da schiavetto personale al capo. L’aspetto, il portamento, il modo di vestire, tutto in lui rifletteva quell’immagine. Un’immagine che Yamazaki stesso si era costruito, con cura e dovizia di particolari, ma che, nel suo caso, non avrebbe potuto essere più ingannevole. Quella dell’impiegatino gentile, sottomesso e non troppo intelligente, ma devoto al capo e votato al proprio lavoro, era infatti nulla più che una maschera. Una maschera che Yamazaki indossava per nascondere il suo reale incarico di agente operativo di livello dirigenziale dei servizi di intelligence delle Forze di Difesa Planetaria.
Come agente segreto, Yamazaki era il migliore. Abile, intelligente, spregiudicato. Tutto questo lo rendeva, suo malgrado, il preferito del capo, quello a cui la vecchia volpe tendeva ad affidare le missioni più importanti.
Yamazaki un’idea di ciò che il capo voleva dirgli già ce l’aveva ed era sicuro che ciò che il vecchio aveva da dire non gli sarebbe piaciuto. Da qualche tempo giravano voci di una missione sotto copertura che prevedeva l’infiltrazione di una spia nella neonata organizzazione separatista Sinn Féinn, della quale una cellula particolarmente forte ed ostinata operava proprio su Genesis. Era appunto il tipo di missione che il capo avrebbe affidato di preferenza a Yamazaki, ma lui stesso non poteva ricoprire il ruolo di infiltrato, ragion per cui era ora che gli venisse affibbiato un partner.
Yamazaki ci teneva alla propria indipendenza ed era un egocentrico narcisista; gli piaceva lavorare da solo e non aveva mai voluto far coppia con nessuno, anche perché non c’era nessuno, tra i suoi colleghi, che gli ispirasse fiducia — si stava recando dal capo per rifiutare l’offerta.
L’ascensore raggiunse il piano e le doppie porte si aprirono. Yamazaki scese e attraversò il corridoio fino all’ultima porta in fondo, dove si trovava l’ufficio del capo. Bussò ed entrò senza aspettare risposta.
Sousuke Kurosaki, sulla sessantina, ottanta chili di peso, capelli brizzolati e barbetta, sedeva alla scrivania, affiancato da due pile di scartoffie in equilibrio precario. A vederlo così, non si sarebbe detto che, fino a dieci anni prima, fosse considerato un vero squalo nel mondo dello spionaggio. Costretto dietro una scrivania da una ferita a una gamba che lo aveva reso zoppo, la vecchia spia non aveva perso il suo spirito combattivo, che aveva trovato tuttavia espressione in un caratteraccio burbero, arcigno ed ostinato.
“Siediti!” ruggì. “E non ti azzardare ad aprire bocca! Cosa credi? Lo so che sei venuto per mandarmi al diavolo. Ma che io sia maledetto, non te lo lascerò fare! Stavolta gli ordini arrivano dall’alto e non puoi rifiutare. Indovina un po’? Questa richiesta di missione arriva dritta dritta dalla Federazione. Cani bastardi, sempre a noi devono rifilarci il lavoro sporco.”
“La Federazione? E da quando siamo diventati i loro tirapiedi?”
“Sveglia, ragazzo. Stipulare un trattato d’alleanza vuol dire leccale il culo a chi sta più in alto di te - e ti punta una pistola alla testa. Questo, è il tipo di relazione che abbiamo con la Federazione.”
Kurosaki rovistò in mezzo a una pila di faldoni e gli gettò in malo modo un voluminoso dossier.
“L’OSF ultimamente sta facendo un discreto lavoro nel pestare i piedi alla Federazione, da queste parti. Per cui la Federazione ha tutto l’interesse nel levarsi la spina dal fianco. Ovviamente, quelli non sono tipi da lanciarsi alla cieca contro un nemico di cui non sanno nulla. Ragion per cui, prima di eliminare l’OSF dalla faccia della Galassia, hanno pensato bene di scaricarci quel bel barile che è il compito di raccogliere informazioni sui terroristi e ritrasmetterle sulla Terra. La richiesta è di infiltrare un agente nella cellula dell’OSF attiva in questo Sistema e fargli fare un po’ di spionaggio vecchia maniera. Il fatto è che non posso usare te come infiltrato, Yamazaki. Nell’ambiente sei fin troppo conosciuto, in più hai famiglia e figli, il che costituisce una debolezza. Sarai il supervisore dell’agente che infiltreremo.”
Yamazaki fece per protestare, ma il capo lo zittì con un’occhiataccia ancora prima che potesse formulare una sillaba.
“Lo so che sei un narcisista egocentrico e che non ti piace condividere la scena con nessuno. In ufficio tutti ti odiano per questo e lo sai. So anche che consideri i tuoi colleghi delle teste di cuoio e delle zucche vuote. Ragion per cui non cercherò di affibbiarti nessuno di loro.”
Kurosaki gli lanciò un altro dossier.
“Leggilo.”
Yamazaki si trovò costretto a leggere il dossier suo malgrado. Quando ebbe finito, sollevò sul capo un’occhiata che voleva essere insieme scettica, di sorpresa e di rimprovero.
“Non fare quella faccia!” ringhiò Kurosaki. “No, non è il risultato di un attacco incipiente di demenza senile, grazie tante. Sarò storpio ma non sono decrepito. Hai sei mesi per l’addestramento.”
“Capo, ma è una mocciosa!” protestò Yamazaki. “Non ha nemmeno finito il college!”
“Qual’è il problema? Non sei stato tu a sostenere che l’età non è un problema, se si possiedono le capacità per fare un lavoro? Quella ragazza di abilità ne ha da vendere.”
“La ragazza ha accettato di fare il lavoro?”
“Aoki e Tanabe la stanno andando a prendere in questo momento. Le faranno un’offerta che non potrà rifiutare.”
A Yamazaki non piaceva come suonava quell’affermazione.
“Che genere di offerta?”
“Se accetterà di lavorare per noi, questo ufficio la manterrà agli studi in una delle Università più prestigiose di questo Settore. I suoi genitori sono impiegati statali, non si potrebbero mai permettere di pagare la retta.”
Hikari si stava recando a lezione, quando due uomini in completo nero, con l’aria da poliziotti, le si fecero incontro. Con loro c’era Kaworu Taguchi del Consiglio Studentesco.
“Hikari! Questi signori sono gli agenti speciali Aoki Satoshi-san e Tanabe Hayato-san delle Forze di Difesa Planetaria. Vorrebbero parlarti.”
Hikari fece scorrere lo sguardo dal ragazzo ai due agenti e di nuovo su Taguchi.
“È successo qualcosa?”
“Non si preoccupi. Vorremmo farle una proposta.”
“Una proposta? Di che genere?”
“C’è un luogo tranquillo in cui potremmo parlare?”
“C’è l’aula che usiamo per le riunioni del Consiglio Studentesco. Vi accompagno.”
Hikari seguì Taguchi nell’aula del Consiglio Studentesco.
“Allora, di cosa volevate parlarmi?” chiese Hikari, sulle spine, quando Taguchi li lasciò soli.
“Sarebbe disposta a lavorare per noi?”
Bussarono alla porta.
“Avanti.”
Entrarono il capo e la ragazza che avrebbe dovuto diventare la sua partner.
Yamazaki aveva quasi sperato che rifiutasse e invece eccola lì, tutta timida ed impacciata, con quel vecchio marpione di Kurosaki al fianco.
“Yamazaki, ti presento Hikari Yamato. Da oggi sarà la tua allieva e la tua partner.”
Il vecchio le circondò le spalle con un braccio; lei ragazza non batté ciglio, ma Yamazaki intuì, dalla sua espressione, che era tutto tranne che lusingata da quel gesto.
“Piacere di conoscerla, Yamazaki-san” disse, chinando il capo in un cenno di saluto.
“Piacere mio” replicò Yamazaki, asciutto.
Kurosaki scoppiò in una grassa risata e li lasciò soli, chiudendosi la porta alle spalle.
“Guarda che quelle possono essere considerate molestie sessuali” disse Yamazaki, indicando la spalla destra di Hikari, dove fino a poco prima stava appoggiata la mano del capo. Ne studiò velocemente l’aspetto. Era di taglia media, snella, i lineamenti piacevoli ma non belli, anche se la si sarebbe potuta definire carina. Aveva i capelli neri, lunghi, raccolti in una coda di cavallo e gli occhi castano scuro, a mandorla; pelle olivastra. Tratti piuttosto comuni tra i discendenti di stirpe asiatica che popolavano il pianeta per più di un quarto. Si sarebbe potuta mimetizzare facilmente tra la folla, all’occorrenza. Aveva diciassette anni e ne dimostrava quindici, un corpo nervoso, agile, da atleta. Portamento e movenze da ballerina, dovute ai corsi di danza classica che aveva frequentato da bambina. La sua scheda diceva che possedeva un Q.I. superiore alla media ed eccelleva in tutte le materie. Molti club sportivi avrebbero voluto reclutarla, ma non aveva accettato alcuna proposta.
Suo malgrado, Yamazaki dovette ammettere che il capo ci aveva visto giusto. Avrebbe potuto fare un ottimo lavoro con quella ragazza e renderla un’agente persino superiore a se stesso.
Hikari sostenne il suo sguardo senza battere ciglio, senza compiere alcun gesto di difesa.
Yamazaki apprezzò il suo atteggiamento, quasi sprezzante, che denotava sicurezza, sangue freddo e fiducia nelle proprie capacità.
“Bene, Hikari, siediti. Parliamo delle condizioni del tuo addestramento.”
Yamazaki entrò in palestra e si soffermò a guardare Hikari che si allenava. La ragazza sembrava danzare tra i falsi bersagli, creando una coreografia al tempo stesso bella, letale e affascinante.
Yamazaki era fiero di Hikari. La ragazza si era dimostrata un’allieva tanto veloce nell’apprendere, quanto flessibile nell’applicare le conoscenze acquisite. Tra le nuove reclute, aveva stabilito un record, passando la fase standard d’addestramento in soli tre mesi e dedicando i mesi restanti a sviluppare le proprie capacità secondo le sue attitudini. Era dotata di una memoria prodigiosa e di una mente elastica e flessibile, qualità che si esprimevano al meglio nelle attività di raccolta, archiviazione e schedatura di dati.
“Hikari” chiamò Yamazaki, per attirare la sua attenzione.
Hikari ordinò al computer di terminare la simulazione e i falsi bersagli scomparvero.
Raggiunse Yamazaki, che le porse un asciugamano per asciugarsi il sudore.
“Sei pronta?”
“Sono pronta. Qual è la missione?”