Splendore

Creato il 03 gennaio 2014 da Manuelapeace


Amo la sua scrittura, spigolosa, proprio come è lei, sofferta, pulita, ammaliante. Tanto da non permetterti di chiudere il libro, uno qualsiasi dei suoi, ancora una pagina e poi spengo la luce, ancora una, ecco solo questa, finisco il capitolo e…
Margaret Mazzantini ha una scrittura magica ed evocativa, è l’unica che mi fa vedere i personaggi, i luoghi, i sentimenti attraverso i quali si dipanano le sue storie in cui il protagonista è sempre l’Amore. Ma senza zuccherosi scivoloni del melenso o nel romanzo rosa, no, i suoi sono amori sofferti, drammatici, inopportuni, osteggiati, clandestini, inusuali, amori che ad un certo punto ti sorprendono con un cazzotto alla bocca dello stomaco, con quella virata improvvisa che non ti aspettavi e che ti fa salire la rabbia, le lacrime agli occhi, un senso di impotenza. Come in questo ultimo, Splendore, in cui la rossa romana irlandese ci affida un romanzo ipnotico, dotato di una luce che ti fucila alle spalle, che avanza con l’urgenza folle e anticonformista di un narratore che rivendica il diritto di trasformare la vergogna in bellezza. E’ la storia di vita e d’amore di Guido e Costantino, diversi per indole, per posizione sociale, per fisicità, due ragazzini che crescono insieme e insieme scoprono l’amore, in una Roma degli anni settanta, con i suoi tramonti sul biondo Tevere e dietro al Cuppolone, con la sua marmaglia di ragazzini vocianti, con il mare di Capocotta.
Ma ci sono anche scenari meno luminosi, quelli di una Londra algida e piovosa, in una disperata e comune ricerca di se stessi, srotolando la vita, rincorrendo il sogno di una felicità immaginata.
Di Margaret mi piace tutto, quello stile asciutto, senza sbavature, raffinato e crudo, quelle storie comuni ma così uniche, quei personaggi sofferenti e gaudenti, contorti e solari, esseri umani mai banali che si arrovellano alla ricerca della loro verità interiore, che vanno contro tutti, sopraffatti e sovrastanti, che cadono e si rialzano e ci riprovano, in cui brucia dentro quel fuoco che li rende indimenticabili eroi comuni.
Splendore l’ho iniziato e finito nel giro di tre mezze sere, qualcuna scivolata nella notte e come accade sempre con i libri di Margaret, me lo sono portato dentro per giorni, per settimane, tentavo di togliermi di dosso quella cattiveria, quel senso di tempo perduto, mi restava appiccicato addosso il sapore di quel sogno spezzato, come la puzza di fritto che ti si appiccica ai vestiti in certi ristoranti cinesi e ancora adesso, ogni tanto, vorrei prendere Costantino e urlargli…Cazzo, vivi! Goditi lo splendore di questo amore, sii egoista!
Non avevo afferrato immediatamente il senso del titolo, ma poi ho capito che l’unico solo Splendore è la nostra diversità. Anche se, nella mia lista dei desideri che vorrei vedere esauditi, c’è ai primissimi posti il riuscire a scrivere come lei, la rossa irlandese romana e, ascoltando una sua intervista, ho scoperto con piacere che ha lo stesso mio metodo-non-metodo di inventare le storie: bisogno estremo di location isolata e abbastanza “vergine”, nessuna scaletta, nessuna idea precisa di dove andare a parare, anche lei come me parte da un’idea suggerita magari da qualcosa accaduto davvero vicino a noi, ma che poi lievita, cambia e vive di vita propria.
Margaret rinchiuditi ancora nella tua bolla silenziosa, non farti distrarre dai tuoi quattro figli e dal talentuoso marito, e sbrigati, fammi leggere ancora un’altra delle tue storie.


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