Qualche mese fa, durante un intensa seduta di ricerca di tracce dal suono commestibile (la solita musica sintetizzata), mi trovai di nuovo a lottare con il motore di ricerca da me maggiormente utilizzato:
Youtube, si perchè da tempo immemore ormai, la musica ascoltata dai banali mp3 usciti fuori da chissà dove, risultava parecchio sconveniente in termini di ricerca “temporale e qualitativa”.
Fra tracce dall’elevato bitrate inesistenti, ed altre che il bitrate non sapevano neppure cosa fosse, il tempo che volava via rimaneva senza note, e quindi l’unico metodo migliore restava quello di ascoltare musica da una fonte video, con spot stalker che apparivano ogni 15 minuti (specie da piattaforme mobile).
Il male minore senza dubbio, se paragonato al fastidio di non poter ascoltare una traccia con un minimo di multitasking, si perchè la famosa app youtube è, per “ovvi motivi” (ma quali motivi!), bloccata dall’operare nel suddetto modo, come se i video musicali fossero un illusione.
Tze!…
Ma vuoi per semplice fortuna, vuoi per il passaggio ad iOS, la versione web dava il meglio di se con il connubio Safari/Mercury, è pero un mistero il come ciò non sia possibile su dispositivi Android.
Insomma perchè la fondatrice di un servizio dovrebbe fornirne un accesso limitato sui propri dispositivi, rispetto a chi invece non ne ha minimamente a che fare?
Boh…fate voi le considerazioni…
Però qui manca qualcosa, chessò un breve riassunto di come generalmente ci si approccia al mondo sonoro in mobilità.
Vabbè vi accontento…
Correva l’anno 2013, ed il quasi giovane Nexus 7 con Tegrapacco al cubo e cuffie in-ear Nokia era più moddato che mai.
Reduce da una brutta delusione con Spotify free, mi apprestavo a migrare su altri lidi, sperando nel miracolo di una piattaforma streaming user friendly, ma soprattutto ben fornita, si perchè per chi non lo sapesse, all’epoca gli accrocchi playstoriani erano all’ordine del giorno (sperando che le nuove direttive abbiano portato una ventata d’aria fresca).
Fatto sta che mi imbattei in uSound, un app dall’aspetto più curato di tutto ciò che riuscii ad incontrare fino ad allora.
Certo un po buggata, dato che bastava una traccia rimossa per mandarla in crash.
Ma animo animo, la musica c’era, e nonostante tutto era anche più semplice da ricercare finalmente.
Ma da li a poco (2 mesi) quell’ombra di stabilità mutò in decadenza, e traccia dopo traccia, di quegli allora quattro server di ricerca, uno, ovvero il più importante, sparì.
E quindi punto e accapo, con odissee per accaparrarsi l’agognato file, e nel peggiore dei casi vere e proprie cronache di ricerca di nuovi sound, dopotutto la ripetitività è sinonimo di noia.
Ma come un fulmine a ciel sereno, nel bel mezzo del nulla arrivarono i:
Radio Show
Ovvero programmi dedicati a specifici generi musicali, con puntate settimanali di un ora.
Da li la situazione migliorò vistosamente, anche perchè avevo risolto uno dei miei principali problemi, ovvero cosa cercare.
Perchè nel pre-ascolto tre sono i principali accorgimenti di cui tener conto:
- Una fonte di tracce audio.
- Un mezzo di riconoscimento per le suddette.
- Una piattaforma di ascolto versatile, strettamente collegata alla precedente.
A e B si può dire che erano già stati risolti, il primo nel sopracitato modo, il secondo con SoundHound e Shazam.
Ma il terzo rimaneva ancora un incognita, data la politica antiquata e persistente di Spotify.
Il tempo passò ed arrivò il 2014, Il Nexus smammò, e prese il suo posto un Mini Retina, da li in poi i Radio show presero il sopravvento, e grazie all’app Podcast fu abbastanza semplice ascoltarli quando erano presenti, si perchè c’erano al massimo un centinaio di puntate (le nuove sempre comprese), ma erano di un ora quindi sticazzi.
Poi le raccolte Youtube fecero anch’esse il loro lavoro, e si ritornò cosi ad un clima di relax.
Però nella tempesta più avversa, alla fine arriva sempre l’agognato premio.
Difatti nonostante la scoperta avvenuta 5 mesi dopo, venni a sapere che Spotify aveva rimosso il suo limite di ascolto sull’abbonamento free, da Gennaio, previa riproduzione di un paio di spot ogni 4/5 tracce ascoltate.
Velocità di buffering a dir poco grandiosa (nonostante la tipologia di abbonamento) e libreria sempre fornita, mi spinsero a fermarmi pianta stabile su tale piattaforma, e con il reindirizzamento di Shazam la figaggine divenne estrema.
Tuttavia una sola domanda rimane dopo tutta questa strada percorsa:
Perchè tutto questo tempo per un cambio di politiche cosi banale?
Oramai già dallo scorso anno, Vevo faceva manbassa di visualizzazioni con video di nuove uscite.
E di lamentele nemmeno l’ombra, segno che gli introiti non mancavano.
Possibile dunque che sia tutto un problema di vecchia mentalità, portata avanti da gente che non riesce a guardare più in la del proprio naso?
Come sempre a voi la parola.