Di James Bond, fortunatamente o purtroppo, però "Spy" può vantare solo i titoli di testa, e un Jude Law un po' troppo divertito da quel ruolo che poteva essere, perché no, una sua aspirazione comprensibile e personale. Sia lui che Jason Statham (lui si, divertentissimo) tuttavia sono rilegati ad essere unicamente delle spalle, quelle a cui la McCarty deve aggrapparsi all'occorrenza per mettersi in mostra o per riprendere fiato.
Nella storia di una normalissima e comunissima analista dipendente della CIA, decisa a scendere sul campo per vendicare una missione andata in malora infatti c'è un tentativo, non esattamente riuscito, di sprigionare a più riprese il talento comico pesante ed esplosivo di un'attrice richiesta insistentemente in America, ma forse incapace di affermarsi con stessa decisione e consenso all'infuori. Se allora Statham funziona nel suo essere agente aggressivo, furioso e dannatamente imbranato e stesso discorso vale per l'elegante, bello e bramato Law, a poco servono i ripetuti cambi d'abito, battute e scene assurde con cui Feig intende far brillare la sua musa e dare quel tocco frizzante a una sceneggiatura che, contro ogni pronostico, fatica a generare sorrisi e non produce risate.
Di operazioni simili comunque ricordiamo con molto più piacere ed assenso "Agente Smart: Casino Totale" di Peter Segal, dove Steve Carell sapeva ovviare a uno scheletro piuttosto blando di scrittura con un carisma e un talento nel far ridere che sicuramente manca sia a "Spy" che a colei che doveva essere colonna portante.
Ed in quel caso il fattore esportazione era decisamente relativo.
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