Stabat lupus. Fedro e Sciascia (e lo spettro di Orwell)

Creato il 21 novembre 2015 da Dragoval

In un suo recente articolo pubblicato sul  Corriere della Sera, Paolo Giordano rifletteva sull’importanza dei simboli colpiti e sulla rapidità con cui se ne creano di nuovi.  Se è vero- come è vero- che la nostra mente pensa essenzialmente per simboli ed immagini, non c’è forse nessun altro simbolo che possa descrivere l’illogicità della violenza e della strage fine a sé stessa come la favola del lupo e dell’agnello, immortale apologo delle vessazioni atroci e gratuite del più forte sul più debole. Non intendo addentrarmi qui in complesse discettazioni sullo scenario geo-storico-politico (a sua volta intessuto di atrocità) in  cui l’orrore di questi giorni- di questi ultimi anni- è nato ed ipertroficamente cresciuto; ne parlo qui perché ne ho scoperto una sorta di rilettura radicale di un giovanissimo Sciascia, che  se mi ha fatto amaramente riflettere mi ha  fatto anche,ancor più amaramente, sorridere.


Le favole di Fedro, com’è noto, nascono sul modello esopeo nella Roma di Augusto, che conosce finalmente una tregua  nella successione orribile di cinquant’anni di guerre civili. Ma la pax augustea ,oltre il velo della propaganda, è una pace armata, tesa naturalmente alla conservazione e alla perpetuazione dinastica del potere e del controllo della res publica  (divenuta in buona parte  res privata anche sul piano propriamente giuridico, oltre che metaforico, essendo  le province  strategiche dell’impero  annesse al patrimonio privato del  princeps). Lo stesso Fedro, schiavo liberato, ex familiaris di Augusto, conosce bene i meccanismi immutabili dei rapporti di forza, e non è un caso che la favola del lupo e dell’agnello sia posta proprio come incipit della sua raccolta.

Lupus et agnus
Ad rivum eundem lupus et agnus venerant,
siti compulsi. Superior stabat lupus,
longeque inferior agnus. Tunc fauce improba
latro incitatus iurgii causam intulit;
‘Cur’ inquit ‘turbulentam fecisti mihi
aquam bibenti?’ Laniger contra timens
‘Qui possum, quaeso, facere quod quereris, lupe?
A te decurrit ad meos haustus liquor’.
Repulsus ille veritatis viribus
‘Ante hos sex menses male’ ait ‘dixisti mihi’.
Respondit agnus ‘Equidem natus non eram’.
‘Pater hercle tuus’ ille inquit ‘male dixit mihi’;
atque ita correptum lacerat iniusta nece.
Haec propter illos scripta est homines fabula
qui fictis causis innocentes opprimunt.

Un lupo ed un agnello si ritrovarono insieme presso un ruscello, spinti dalla sete.Il lupo era più in alto, l’agnello più in basso. Allora il brigante, aprendo le fauci spaventose, irato iniziò a litigare con l’agnello. “Perché”, disse,” intorbidi l’acqua a me che devo bere?”. E l’agnello, di contro, tremante:” Come potrei mai fare, lupo? L’acqua scorre da te a me”- Egli, respinto dall’evidenza, insiste:”Sei mesi fa hai parlato male di me”. L’agnello risponde:”Sei mesi fa non ero ancora nato”. “Allora è stato tuo padre”, dice il lupo,” a parlare male di me”. E così, abbrancatolo, ingiustamente lo sbrana . Questa favola è dedicata a tutti coloro che opprimono gli innocenti in virtù di pretesti assurdi.


Le Favole della dittatura  , datate 1950, costituiscono una sorta di apprendistato letterario di Sciascia, un insieme di prove tecniche espunte poi dallo stesso autore dal canone delle proprie opere. Qui Sciascia testimonia, innanzitutto, la devozione per i propri maestri francesi (Montaigne e La Rochefocauld  su tutti), ma recupera anche la recente lezione orwelliana di  quell’apologo distopico che è Animal Farm, (La fattoria degli animali) da cui non a caso è tratta la citazione in exergo  all’opera:

«Non c’era da chiedersi ora che cosa fosse successo al viso dei maiali. Le creature di fuori guardavano dal maiale all’uomo, dall’uomo al maiale e ancora dal maiale all’uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due».

La riscrittura di Sciascia  è nettamente più essenziale e graffiante, evidentemente memore del livello di perfidia  paranoica propria dei regimi totalitari. Per il lupo di Sciascia, infatti, lo psicoreato  di orwelliana memoria è già ragione più che sufficiente a scatenare la violenza  dei più forti (forti perché armati, naturalmente, di denti, di coltelli, di kalasnikov) contro gli agnelli inermi e indifesi. Non solo Animal Farm, dunque, ma anche  – direi soprattutto- 1984 (la prima edizione tradotta dell’opera, a firma di Gabriele Baldini, è dello stesso anno delle Favole)

So quel che pensi

Superior stabat lupus: e l’agnello lo vide nello specchio torbido dell’acqua. Lasciò di bere, e stette a fissare quella terribile immagine specchiata. “Questa volta non ho tempo da perdere”, disse il lupo: “Ed ho contro di te un argomento ben più valido dell’antico: so quel che pensi e non provarti a negarlo”. E d’un balzo gli fu sopra a lacerarlo.


RISORSE E NOTE A MARGINE

Il testo delle favole di Fedro ( con traduzione italiana);

Il sito  di Salvatore Lo Reggio da cui è stato tratto il testo della favola di Sciascia;

-Le Favole della dittatura edite da Adelphi – come del resto l’intera opera di Sciascia e il contributo di Domenico Scarpa

-La  favola immaginata da Mauro Biani – la sola risposta possibile alla dittatura dei lupi di qualsiasi specie e di qualsiasi tempo convinti che l’ignoranza sia forza.



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