«Stabilità», l’ultimo baluardo indifeso #autunnocaldo

Creato il 05 novembre 2014 da Propostalavoro @propostalavoro

L'autunno 2014, scaldato da relazioni sindacali e sociali ai ferri corti, potrebbe essere ricordato come il punto di non ritorno per il diritto del lavoro italiano.

I cambiamenti in atto sono più profondi di quanto un'analisi mediatica (ma anche tecnica) potrebbe far sembrare. A molti suonano le sirene del proverbiale "al lupo! al lupo!", mentre i tecnici dissezionano Jobs Act e legge di Stabilità per restituire una parvenza di ordine nel groviglio normativo dei disegni di legge. Si rischia di perdere il quadro generale.

Quando Renzi parla di tutelare il lavoro stabile, è una buona notizia? Giudicate voi cos'è "stabile" nel 2014. Se il contratto di lavoro a tutele crescenti sostituirà davvero (per i nuovi assunti) il contratto a tempo indeterminato standard o se venisse abolito l'articolo 18 (cosa che inizio ad augurarmi per motivi che leggerete poco più in basso), il contratto di lavoro più stabile nel nostro ordinamento sarà l'apprendistato o al più il contratto di lavoro a tempo indeterminato. Quello delle 5 proroghe in 36 mesi ed infiniti rinnovi.

Non è fantapolitica, è quanto emerge da Jobs Act, parte I e II, e legge di stabilità. A questo punto, veramente l'articolo 18 diventa l'ultimo dei problemi. Se il sindacato avesse accettato la sua scomparsa al tavolo delle trattative (e ne ha avuto la possibilità quando il berlusconiano Sacconi aveva introdotto il famigerato accordo di prossimità in deroga) allora avrebbe potuto avere una contropartita. Messo all'angolo dal brillante Renzi, che in pochi mesi regala 80€ in busta paga e il TFR a scelta, (nota: più di ogni aumento strappato dai sindacati agli imprenditori), la piazza è rimasto l'unico terreno su cui può ancora mostrare i muscoli.

E allora che li mostri fino in fondo: accetti la scomparsa dell'articolo 18, più mito che tutela ormai, e cerchi con la forza del dialogo e della trattativa di prendersi tutele nuove e genuine per tutti. La tutela "concessa" a chi perde il lavoro, ora, è di tipo economico. Bene, che sia però sostanzioso e, magari, non una tantum, ma che scarichi sull'azianda il costo sociale di aver messo una persona occupata sulla piazza di chi cerca. Che mandi funzionari ed ispettori ogni volta che odora il sospetto di un foglio di dimissioni in bianco, che contratti con le aziende i metodi per valutare l'effettività della formazione degli apprendisti o la genuinità dei contratti a progetto.

Che faccia dire, insomma, che la battaglia per l'articolo 18 è persa, ma che la partita del diritto dei lavoratori l'abbiamo vinta tutti noi.

Simone Caroli

@simonecaroli