Stage o strage degli innocenti?

Creato il 11 ottobre 2011 da Ciro_pastore


Lo stage? Piuttosto è meglio il lavoro nero. Spesso il tirocinio, messa da parte la funzione di prima esperienza offerta ai giovani per entrare nel mercato del lavoro, si trasforma in una più subdolamodalità di sfruttamento del lavoro, con la copertura di un progetto formativo spesso carente, talora inesistente. Per datori di lavoro senza scrupoli, lo stage è perfino più conveniente del lavoro nero. Basta assolvere al pagamento dell’assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro ed il gioco è fatto. Spesso, addirittura, la quota assicurativa è coperta dalle università stesse. Si dirà ma almeno il lavoratore è coperto contro gli infortuni sul lavoro. Magra consolazione, soprattutto se consideriamo che i lavori per cui è di solito proposto lo stage, sono quelli di ufficio, in cui il rischio di infortunio è davvero bassissimo. Molto più frequenti, invece, sono eventi come malattie e gravidanze che, però, nessuno stage tutela. Insomma, a confronto di uno stagista il lavoratore in nero è un “signore”: almeno lui percepisce uno stipendio.
Le aziende, per formare una nuova risorsa, dovrebbero usare il contratto di apprendistato che invece usano poco, specialmente per le persone con titoli di studio alti: l’apprendistato di alta formazione stenta a decollare. Peraltro, il nostro ordinamento non prevede una sanzione specifica, infatti, nel momento in cui si acquisiscono elementi probatori tali da far ritenere che un determinato rapporto, formalmente inquadrato come stage, sia in realtà un rapporto di lavoro subordinato – ravvisando l’eterodirezione, il vincolo di subordinazione, la soggezione al potere direttivo e disciplinare – se lo stage è ancora in corso, gli ispettori del lavoro possono diffidare il datore di lavoro a procedere con l’assunzione. Se lo stage è terminato non resta altro da fare che intentare una causa di lavoro per addivenire alla regolarizzazione della posizione del lavoratore/stagista. Semplificando: o si tratta di uno stage vero, entro i limiti consentiti e coi controlli necessari, oppure è lavoro dipendente.
Talvolta, capita, invece, che si inneschi un sistema perverso, anche se favorevole allo stagista, in questo caso. Accade che aziende, soprattutto nel settore pubblico, impossibilitate a fare nuove assunzioni per vincoli giuridici o economici esterni, siano “costrette” ad individuare forme anomale per assumere forze giovani, con alta preparazione universitaria, da inserire nei propri ranghi. Così frotte di neolaureati – soprattutto in ingegneria e/o materie economiche-giuridiche – vengono inserite inizialmente come stagisti per poi, con il tempo, essere dolcemente accompagnati verso l’agognata assunzione a tempo indeterminato, magari usufruendo di transazioni molto benevole. Quanti TOC (tentativo obbligatorio di conciliazione) abbiamo visto in questi anni e chissà quanti ne vedremo…
Si creano, così, due percorsi in netta contrapposizione. Da una parte, l’esercito dei “senza padre” che vengono sfruttati e poi abbandonati. Dall’altra, la solita pattuglia di “figli di” che, senza colpo ferire, si ritrovano con un bel contratto a tempo indeterminato, con il solo fastidio di dover ringraziare chi, inavvertitamente, ha creato i presupposti per un futuro stabile. Tutto questo, peraltro, nell’epoca del precariato diffuso. Il tutto con buona pace di qualche sindacalista che avalla questo tipo di operazioni, con l’alibi morale che “almeno così qualcuno lo sistemiamo”.
Che fare allora? Semplice, aboliamo gli stage. Parlo solo di quelli extracurriculari, ovviamente. Mentre possono continuare ad essere utili quelli previsti dalle scuole o all’interno dei percorsi universitari, anche se gratuiti, perchè consentono un’esperienza importante senza dividere nettamente tra studio e lavoro. Dopo uno stage curriculare un ragazzo non è al top per entrare nel mondo del lavoro, naturalmente, ma dev’essere inserito, pagato, per acquisire ciò che gli manca con contratti a tempo determinato, finalizzati ad un progetto specifico da realizzare.
E’ vero, ci sono addirittura aziende, studi professionali, associazioni e altre organizzazioni che hanno permanentemente qualche stagista. Qualche mese di inserimento, anche a titolo gratuito, in uno studio professionale può essere vantaggioso per un giovane totalmente inesperto: impedirlo avrebbe l’effetto, in molti casi, di rendere ancor più difficile l’accesso. Occorre però mettere un limite temporale a questa fase di accesso. E prevedere delle forme di controllo efficace contro gli abusi. Accadono entrambe le cose. Il problema, come sempre, è imparare a distinguere, per non gettare via il bambino con l’acqua sporca.
Ciro Pastore -  Il Signore degli Agnelli