Chi l’ha detto che le storie hanno tutte il lieto fine? Ci sono romanzi che dicono le cose come stanno e non vogliono rassicurare nessuno. Anzi, ti sbattono violentemente in faccia la realtà, il marciume sociale dell’“evoluto” Occidente, e ti salutano senza prometterti salvezza, negandoti la speranza di una moderna redenzione. Stalin + Bianca di Iacopo Barison è uno di quei romanzi. E piace, eccome se piace, perché è schietto, sincero: il mondo è nero e nero lo racconta. Vittime di questa realtà sono i ragazzi della Generazione Y, nati intorno agli anni ’90 e cresciuti a pane, computer e anaffettività; giovani coi sogni e senza futuro.
Moderni “sconfitti” di verghiana memoria, Stalin e Bianca, poco più che adolescenti, sono entrambi ai margini della società per motivi diversi: lui è incapace di dominare i suoi attacchi d’ira – così si spiega il riferimento al dittatore russo, insieme ai folti baffi –, lei è non vedente. Ma costituiscono un unicum che solo i reietti possono comporre, un nucleo contrapposto al mondo intero – un posto senza arcobaleni, concentrato di storture e grigiore. Dopo l’ennesima aggressione di Stalin, i due si mettono in fuga, lasciandosi alle spalle il vuoto affettivo e il dolore provocato dalla sua rabbia incontenibile. I ragazzi, in fondo, sono solo due anime molto sensibili e quella di Stalin è un’incontrollata reazione alla cattiveria della realtà. Bianca compone poesie, Stalin vuole girare film, e entrambi mettono il loro moderno viaggio on the road – svuotato però della carica ribelle della beat generation – al servizio dell’arte. Decine i frame catturati dall’occhio della cinepresa: il carosello di vite che incontrano e i posti che attraversano serviranno a comporre un docufilm. Ma in un mondo in frantumi persino l’arte risulta insensata e svuotata della sua funzione salvifica. Unica certezza l’incertezza, la precarietà delle cose, l’annullamento di ogni traccia del proprio passaggio (emblematica la scritta “Stalin+Bianca” sulla corteccia di un albero in procinto di essere abbattuto). Stalin e Bianca sono i protagonisti di un romanzo di formazione mancato, ché i due non evolvono, ma constatano l’impossibilità della maturazione individuale, determinata proprio dal marcio della realtà.
Mi ci è voluto un po’ per scrivere questa recensione. Il tempo necessario a digerire il messaggio amaro che Stalin + Bianca lancia e a tentare di assimilare a fondo il romanzo. Che è una bomba, un elogio in negativo del vuoto odierno: in altre parole, un capolavoro. La scrittura nervosa e coniugata al presente di Iacopo Barison è specchio della transitorietà dell’esistenza moderna, tutta in divenire e non già successa, come accadeva nella più rassicurante letteratura classica. Ma ormai è passato il tempo delle rassicurazioni, la realtà ha invaso tutto (letteratura compresa) e i lettori sono stanchi delle favole, perché in un mondo alla deriva i sogni hanno lo stesso effetto di pugni nello stomaco. Iacopo Barison, giovanissimo, ha il talento e l’onestà intellettuale del vero scrittore e fortunatamente sentiremo ancora parlare di lui.
Iacopo Barison, Stalin + Bianca, Tunué, 2014