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Pubblicato daLa Stampa
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Genere:Attualitá / Reportage
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La trama:
Il metodo Stamina è l’ennesima truffa perpetrata ai danni di persone malate e pronte a credere a tutto pur di ottenere un barlume di speranza. Un’altra triste vicenda nell’Italia dell’ignoranza scientifica, dove i vigilanti non vigilano, gli informatori non informano e gli imbonitori hanno la strada spianata.
Il problema della distinzione tra scienza e pseudoscienza ha origini antiche. Seppur declinato in modi differenti, infatti, il problema la relazione che intercorre tra il vero sapere (la verità, l’aletheia) e la semplice opinione (la credenza, la doxa) è stato sempre oggetto di attenzione e di discussione. Ciò su cui ci si arrovella è facilmente descrivibile: come separare le credenze davvero scientifiche, che portano cioè alla verità, da quelle che scientifiche non sono? In chiave moderna potremmo dire: cos’è che distingue la meccanica quantistica e la biologia molecolare dall’astrologia o dalla frenologia? Come si può ben intuire, le conseguenze di questo dilemma sono tutt’altro che astratte, dato che ciò che una società considera come “dato di fatto” scientifico fa da sfondo alle sue pratiche sociali e ne determina gli esiti. Sebbene la questione sia ancora aperta, un principio sembra ormai condiviso in modo unanime: è una questione di metodo. Ovvero, possiamo considerare scienza tutto ciò che possiede le caratteristiche formali di chiarezza, trasparenza e riproducibilità, proprietà che ne permettono la validazione (o la falsificazione) da parte della comunità scientifica. Certo, la scelta delle persone riguardo a cosa credere raramente segue questi principi normativi di razionalità. Guidati dal sentimento e non dall’intelletto, siamo spesso attratti da chi promette miracoli, dalla soluzione facile, dalla rivelazione esoterica, dalla cura miracolosa del santone di turno. Il recente caso Stamina è il perfetto esempio di come la credulità popolare, soprattutto quella di coloro che vivendo condizioni di estrema sofferenza non hanno altro a cui aggrapparsi, sia più tenace della razionalità. E l’Italia, a causa anche della farraginosità della sua burocrazia e del diffuso analfabetismo scientifico, è un terreno di coltura molto fertile per coloro che millantano il possesso dell’elisir segreto dalle prodigiose virtù taumaturgiche.
L’affaire Stamina inizia quando Davide Vannoni, vittima di una paralisi facciale, si reca in Ucraina per sottoporsi ad una terapia sperimentale a base di cellule staminali. Il risultato non è dei più incoraggianti ma, nonostante questo, decide di richiamare in Italia gli scienziati ucraini che si sono occupati di lui e di dare il via alla Stamina Foundation, ente che di facciata afferma di occuparsi di ricerca ma che in realtà promette cure miracolose per malattie apparentemente incurabili (ovviamente dietro lauto compenso). Da qui in poi, la vicenda prosegue con un infinito guazzabuglio di responsabilità declinate, controlli mancati e indagini giudiziarie; il tutto condito, come si conviene in Italia, dall’incapace -e a tratti criminale- ruolo svolto dai media (ad esempio, dalla trasmissione “Le Iene”), sempre più alla ricerca dello scoop sensazionalistico piuttosto che dell’informazione critica. Il metodo viene prima adottato e poi rifiutato dagli Spedali Civici di Brescia e Vannoni viene indagato per truffa mentre i malati, insieme ai loro famigliari, protestano dinnanzi al parlamento affinché venga concesso il via libera per la sperimentazione. Un grande pasticcio, insomma, ingenerato da un presunto metodo di cura ripetutamente screditato dalla comunità scientifica, anche internazionale (persino la prestigiosa rivista Nature si è espressa in modo fortemente critico sul caso). Evidentemente, la speranza è più forte della verità. Ma che cos’è, infine, questo metodo Stamina? Ecco, è proprio questo il punto. A detta dei suoi ideatori, esso consisterebbe nel coltivare cellule staminali, trasformarle in cellule neuronali e immetterle successivamente nell’organismo. Purtroppo, di questo “metodo” non è possibile rintracciare alcuna spiegazione approfondita; non esiste nessun documento o nessuna pubblicazione che ne descriva le procedure e ne evidenzi i risultati. In sostanza: non è un metodo scientifico.
Stamina, il grande inganno affronta il caso della cura di Vannoni facendo luce sulle vicende avvenute dal 2007, anno dell’apertura dell’inchiesta da parte del PM di Torino, fino ad oggi. Si tratta praticamente di una rassegna stampa, una raccolta di articoli a nome di autori diversi apparsi in questi anni sulla Stampa, il quotidiano che più di tutti si è occupato della questione. I contributi sono abbastanza eterogenei: si va dalla pura cronaca giudiziaria ad approfondimenti riguardo la storia e la persona di Vannoni. Vi sono, inoltre, articoli e lettere aperte scritti da luminari della ricerca, come la neo senatrice a vita Elena Cattaneo, dove vengono espresse pubblicamente le riflessioni e le perplessità del mondo accademico riguardo al metodo, ai suoi effettivi risultati e alla liceità dell’applicazione dello stesso all’interno di strutture statali. Trattandosi di una raccolta di articoli pubblicati sul quotidiano in date diverse, dove gli autori per entrare nel merito della notizia si trovano costretti a ripercorrere i punti cardine della vicenda, si ha talvolta la sensazione di ripetitività. La genesi della vicenda, ad esempio, viene ribadita più e più volte. Nonostante ciò, l’architettura generale del libro dimostra una certa coerenza ed è possibile rintracciarvi un percorso argomentativo lineare e ben definito.
Per chi ha seguito la vicenda, dunque, questo libro non rappresenta nulla di più che un utile breviario su di essa. Chi invece voglia approfondire i dettagli di questa triste avventura, che purtroppo continua a far parlare di sé anche in questi giorni, potrà comunque contare su un discreto numero di articoli di approfondimento che vanno al di là della pura cronaca giudiziaria. In ogni caso, al di là della novità e dell’originalità di ciò che viene scritto sulla questione, la meritorietà di una pubblicazione collettanea su uno specifico argomento non deve essere sottovalutata. Spesso, infatti, vicende come questa rischiano di venire presto dimenticate, una volta smaltita la carica di indignazione iniziale. Non a caso, per una sorta di eterno ritorno tutto italiano, la vicenda Stamina ricorda da vicino quanto già avvenuto pochi anni addietro in relazione alla cura “Di Bella”. In barba a chi sostiene che sbagliando s’impara.
Carlo Monti