Domenico di Teramo mi fa tenerezza. Lo vedo così, indifeso, in preda allo spread, espressione di una generazione emigrata senza scorte per l’inverno, ancora illusa di qualcosa. Vaga per Berlino con il computer cercando una connessione. Rimbalza da cafè a cafè con una bicicletta senza documenti e bevendo bibitoni improbabili. Una volta al mese la famiglia gli manda un pacco. Il pacco. Il famoso pacco con l’olio e il parmigiano, come se qui non ci fossero alimenti per vivere.
Mi ricorda chi resta dove sta (lamentandosi), che sia l’Italia, il Paraguay o un matrimonio, per poi spostarsi e invocare la presenza familiare degli abbracci o dei pan di stelle. Che noia.
Tuttavia questo suo totale scollamento con la realtà suscita in me malinconie delicate come la voce di Ivan Graziani quando cantava Firenze. Penso agli anni passati al villaggio. Quando eravamo giovani e deficienti.
E poi Roma. Roma a luglio, con i saldi e gli stupri non denunciati.
Il 107 da Marconi a Testaccio e il 105 sulla Prenestina. Un mondo dietro il mondo.
In ogni caso siamo stati l’ultima generazione a passare più pomeriggi tra le fratte come River Phoenix e compagni in Stand by me. Ma grazie a Scienze della Comunicazione non abbiamo fatto la stessa fine!
Di nascosto ascolto le telefonate tra Domenico di Teramo e i suoi fratelli.
Chiedi come è Berlino. Bella. Fa freddo adesso? Come il nostro Marzo.
Il tempo è strano. Venite quando volete.
Sto cercando una scuola di tedesco.
La madre, poi afferra le cuffie di skype, asportando mezzo orecchio al figlio.
Ma mangi, dove fai la spesa?
Si, sempre mamma. Vado al discount. Ma è un discount di qualità. Ogni tanto mangio bratwurst e anche un po’ di cibo asiatico, perché qui ci sono cucine da tutto il mondo, in un chiosco che si chiama China Box.
Non lo so quando torno.
Qui ho tanti stimoli creativi
Gli autobus sono puntuali
C’è tanto verde non asfaltato
Parli un po’ di inglese? Come ti trovi a Berlino est?
Si un po’ di inglese. Non ho mai vissuto ad est. Ma ormai queste distinzioni non ci sono quasi più. Non so nemmeno bene dove stava il Muro e certe volte mi perdo.
E poi ora sono qui ma tra un anno potrei essere a Hong Kong.
Non so se è più spettacolosa questa frase o la faccia della madre che purtroppo non posso vedere.
Ma Domenico che dici? Quale Hong Kong?
Guarda come siamo ridotti: deformi, piaghe umane a disseminare sulle piazze i super sconti. E tu parli di Hong Kong.
Ti sei fatto degli amici? A parte quella Marion che non mi è mai piaciuta troppo.
Tranquilla signora: è assolutamente reciproco.
Ma sì, tanti italiani giovani
stufi, un po’ artisti. In fondo è una città giovane e moderna.
Ma nessuno vuole vivere in una città vecchia e antica?
Immagino Domenico che si imbarca per la Cina su un cargo battente bandiera liberiana. Oppure semplicemente prende un treno da Roma Termini per Ventimiglia. L’espresso notturno delle 23:00 che ormai hanno debellato.
Anche la mamma di Domenico di Teramo è emigrata dalla Basilicata. Ma non con l’easy jet e neppure bramando parchi giochi per adulti. Non ha rubato nessuna bicicletta e non ne ha comprata nessuna rubata dai turchi. Non ha visto nessuna installazione di Otto Muhl e non potrà mai sapere cos’è il Bar 25 o il Lido. Per lei il “Lido” è quello di Sibari, dove andava in vacanza e le mettevano sempre le mani sul culo.
Che stai facendo in questi giorni Domenico?
Mah sto scrivendo un articolo sull’adolescenza dannata al cinema.
Lo intitolerò “Il tempo delle pere”.
Dall’altra parte di skype nessuno risponde. Silenzio.
Vivi ancora con Antonio, il ragazzo di Pescara?
No, si è trasferito dalla fidanzata tedesca.
Ora vivo con una ucraina un po’ sorda, che mi delega il gatto e mi racconta quando è ubriaca la storia della rivoluzione russa.
Oggi però è vacanza e vado al parco con Marion. Lavoro per l’Italia e in Italia oggi è vacanza. È il 25 aprile.
La mia vicina di casa, la Frau Raff, mi chiede che festa è.
Il giorno della Liberazione Frau Raff.
Da chi, mi fa lei.
Da voi, Frau Raff.
Natasha “Eva Kent” Ceci