Standard&Poor;’s? Un bidone di latta in finto oro.

Creato il 16 gennaio 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Non sono onniscienti, non sono onnipotenti ma onnipresenti si. In poche parole, nonostante la capillarità mondiale (in linea con le caserme dei carabinieri in Italia che sono dappertutto) non sono Dio. Dio, infatti, non avrebbe mantenuto la “A” fissa nella valutazione della Lehman Brothers fino al 15 settembre del 2008, giorno in cui fallì. Non avrebbe abbassato il rating americano da AAA a AA+ se avesse letto bene del carte del bilancio di Obama, e si fosse accorto che c’era un errore di calcolo di oltre 2mila miliardi di dollari. Se quelli di Standard&Poor’s fossero Dio, non avrebbero mantenuto fino al 9 novembre 2001 la tripla “B” (che significa “capacità di rimborso”) alla Enron che fallì miseramente meno di un mese dopo con un crack da 62 miliardi di dollari. Se fossero Dio, quelli di S&P avrebbero lanciato un allarme alto e forte sulla carta straccia (i cosiddetti “derivati finanziari tossici”), che le banche mondiali continuarono a immettere senza requie sul mercato fino al 2008, quando esplosero, i “derivati” e... le banche. E c’è da dire che, se la S&P fosse Dio, non avrebbe mantenuto la valutazione di molti stati europei come la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna e l’Italia molto sopra la valutazione reale quando gli interessi sui titoli di stato era suppergiù simile a quello della Colombia. Finanziata dagli stessi stati che vengono poi giudicati, la Standard&Poor’s non le ha azzeccate sempre tutte e la fregatura è che, quando non le azzecca, a rimetterci sono sempre i poveracci e i governi che da democraticamente eletti, diventano improvvisamente un peso inutile da sostituire con banchieri, derivati di banchieri, bilderberghiani, ambrosettiani e le migliaia di allievi di Rockfeller sparsi un po’ dovunque. Standard&Poor’s (ma anche Moody's e Fitch Ratings) esistono da quando la finanza ha preso il posto dell’economia da lavoro, da quando la carta ha preso il posto della mano d’opera e dell’ingegno, da quando con un semplice pc e un ticchettare di tasti si cambiano le sorti di un paese. Inizialmente favorevole all’eurozona, Standar&Poor’s ne è diventata una nemica subdola, strisciante, invasiva senza apparire troppo, fino a quando non emette giudizi inappellabili, e allora sono cazzi per tutti. Il declassamento dell’Italia da A a BBB+ è stato si “uno schiaffo”, come ha sintetizzato mirabilmente e senza troppi giri di parole il ministro Corrado Passera, ma anche la conseguenza di una “A” mantenuta per troppo tempo sotto il governo Berlusconi, una quotazione che non aveva ragione di esistere. Da un fastidio tremendo che i rockfelleriani si siano svegliati proprio ora, ma occorre prenderne atto e giocare con le regole valide per tutti fino a quando non sarà possibile modificarle. Prendiamo la Francia. Nell’anno delle elezioni, Sarkò si ritrova fra le mani un paese declassato. La Francia perde una A e non era mai successo, tanto che i francesi che non ci sono abituati come noi poveri cugini d’oltralpe, si incazzano e scendono in piazza. Chi mai punterebbe sulla riconferma di Sarkò all’Eliseo se non un pazzo visionario che se ne sbatte di S&P e pensa di trovarsi nelle mani migliori? Prendiamo la Spagna. Apparentemente nella merda con Zapatero, tanto che i titoli di Stato era buoni appena per incartarci i marroni, non appena il leader socialista ha annunciato che non si sarebbe ripresentato alle elezioni, la finanza gli ha ridato fiducia e quelli di S&P da AA- l’hanno portata a una “A” semplice che rappresenta ancora il segnale di una forte credibilità a livello internazionale. La Polonia (secondo S&P) sta molto meglio di noi, l‘Estonia, la Slovenia, la Repubblica Slovacca e Malta stanno benissimo, tanto che viene da chiedersi per quale cazzo di motivo le badanti continuino a venire in Italia quando dalle loro parti si sta da Dio che, chiaramente, non è lo stesso di S&P. Ma forse il motivo sta tutto nei dati che circolano in questi giorni e che provengono da “Serpico”, il mastodontico computer incaricato di incrociare i dati fiscali “sensibili” di tutti i cittadini italiani. Sono 10 milioni gli evasori made in Italy, uno su tre contribuenti se togliamo i bambini, i pensionati over novanta, i preti, le monache, i frati, gli studenti, i precari, i malati terminali e gli schizofrenici rinchiusi nei reparti lungodegenti degli ospedali psichiatrici. Dentro i 10 milioni c’è di tutto, piccole e medie aziende che fatturano dai centomila euro in su, microimprese familiari, bar, ristoranti e palestre camuffati da centri di aggregazione no-profit, liberi professionisti, commercianti, artigiani, coltivatori diretti, fittavoli, mezzadri e mezzani, sensali a tariffa fissa e a quella variabile, banche (soprattutto quelle che si affidano al sapiente Studio Tremonti&Co.) e un’altra miriade di cittadini che o fa ricorso alle finanziarie per acquistare il suv e la barca o che evade di brutto senza passare dal via. A fronte di 275 miliardi di “nero”, la contribuzione a favore dello Stato non è facilmente quantificabile, ma se anche fosse del 10 per cento, si arriverebbe comunque alla cifra di 27,5 miliardi che non sono tondelli per bulloni ma moneta sonante e soprattutto fresca. L’inefficacia esattoriale è una delle ragioni del declassamento di S&P, la non stabilità delle forze politiche che sostengono il governo Monti ne è un’altra, e magari alla fine, tanto per farci rendere conto ancora di più che siamo un popolo di cervelli instabili, nel declassamento è stata inserita anche la foto delle vacanze alle Maldive di Rutelli, Casini e Fini, abbronzati come non mai quando gli italiani si vergognano perfino di uscire alla luce del sole perché senza lavoro e inutili. Delle vacanze dei vip, e dei costi della politica non si può però parlare, perché c’è il rischio di beccarsi del “populista”. Certo che la cosa è buffa. Chi tuona contro la scarsa morigeratezza in tempi di crisi nera, come quella attuale, contro l’invidiabile parco macchine dei politici, degli alti funzionari dello Stato e degli altissimi gradi militari, contro uno stipendio super in cambio di un lavoro “ipo” viene considerato un populista, chi queste cose le fa o se ne avvantaggia, spesso si piglia pure una medaglia al merito della furbizia. Due ultime perle. L’ammiraglio Giampaolo di Paola, ministro della Difesa, ha detto che rivedrà l’acquisto dei 135 caccia bombardieri della Lockheed. Il Pdl, e l’ex ministro "Gnazio" La Russa in particolare, sono insorti. Chi cazzo devono bombardare lo sanno solo loro. O c’è sotto qualcosa? Bobo Maroni ha detto “Fra me e Bossi non c’è nessun problema”. Che ti venga un bene, Bobo Blues!

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