Come si può facilmente intuire dal nome del blog, da queste parti Stanley Kubrick non è considerato un semplice regista, ma il più grande regista cinematografico che sia mai esistito, nonché uno dei geni assoluti della storia dell'umanità. Parole grosse, ma assolutamente giustificate nel momento in cui si guarda 2001: Odissea nello spazio, Barry Lyndon o Arancia Meccanica. In soli 12 film (più il primo e meno noto Fear and Desire) Stanley Kubrick ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema grazie alla sua regia perfetta, agli altissimi temi trattati, ad immagini che sono entrate nella coscienza collettiva e ad una sensibilità ed intelligenza fuori dal comune. Del regista Kubrick e dei suoi film si è detto e si sa praticamente tutto. La leggenda vuole Kubrick come un uomo intransigente e quasi tirannico, maniacale, perfezionista oltre ogni modo, che blindava i suoi set e costringeva gli attori a ripetere le scene anche 70 volte. Pettegolezzi, dicerie, mezze verità: il Kubrick che ne viene fuori sembra un uomo difficile, che incute soggezione e non ispira certo simpatia. Poco, quasi nulla, si sa invece di Stanley, l'uomo che si nasconde dietro al genio della macchina da presa. Ha avuto tre mogli, tre figlie, si è rifugiato in Inghilterra abbandonando l'America. Basta. Questo è quello che è trapelato negli anni. A colmare questa lacuna e a rendere un ritratto completo, appassionante e commovente dell'uomo, è un personaggio che ha avuto un peso enorme nell'esistenza di Stanley Kubrick: Emilio D'Alessandro, il suo assistente personale. La storia che ha legato questi due uomini ha dell'incredibile, tanto da assomigliare alla trama di un film. Questa storia è raccontata in un libro uscito da pochi giorni, dal titolo: Stanley Kubrick e me E' meglio mettere subito le cose in chiaro: qualsiasi appassionato di Kubrick non può fare a meno di leggere questo libro. Il racconto infatti non solo svela alcuni retroscena irresistibili della lavorazione dei film di Kubrick, ma tratteggia un'immagine inedita, privata e affascinante del Kubrick dietro la macchina da presa. Grazie al sentito ed emozionante racconto di D'Alessandro si intuisce infatti come Kubrick fosse una persona gentilissima, generosa, molto intelligente, sensibile e per questo spesso diffidente, sempre in fermento, dotata di grande energia ed ironia, vittima di alcune assurde manie come solo le grandi menti possono essere.
Nato a Cassino, fuggito a Londra per evitare il servizio militare, Emilio D'Alessandro nella sua vita ha fatto di tutto: giardiniere, assistente cuoco in un ospedale, meccanico, operaio in fabbrica e soprattutto pilota automobilistico, abilità che gli ha permesso di entrare in contatto con Kubrick. D'Alessandro in Inghilterra si è sposato, ha avuto due figli, e per mantenere la famiglia, dopo diversi impieghi, ha intrapreso la professione di autista per la Mac's Minicabs. Dal 1971 è diventato autista in esclusiva per la Hawk Films e una sera gli capitò di dover trasportare un passeggero molto particolare: il fallo in porcellana di Arancia Meccanica. D'Alessandro non lo sapeva ma quell'oggetto così singolare avrebbe cambiato la sua vita. Poco tempo dopo infatti Kubrick lo volle come suo autista personale. Il primo incontro tra i due ha del leggendario: sulla soglia di Abbots Mead, la residenza dell'epoca di casa Kubrick, D'Alessandro conobbe il genio, e la sua prima impressione fu, parole sue: "Mi sembrò Fidel Castro". Kubrick, dopo averlo salutato, gli fece vedere un articolo di giornale del 1968 in cui si parlava di D'Alessandro come pilota. Le sue prime parole furono: "Guida così anche in strada? Rispetta i limiti di velocità e la segnaletica stradale?". In quel momento nacque un sodalizio destinato a durare 30 anni. Entrato nell'"entourage kubrickiano", come lo definiva la costumista Milena Canonero, Emilio pian piano è diventato molto di più di un semplice autista: assistente, confidente, spalla sempre pronta a dare una mano, membro stretto della famiglia. Grazie al suo racconto pieno di affetto e onestà possiamo quindi essere spettatori del Kubrick più privato: veniamo infatti a conoscenza di tutte le sue manie, come l'amore quasi cieco e ossessivo per gli animali, la passione per tutto ciò che ha origine militare, la sua totale noncuranza dell'abbigliamento, di cui comprava decine di copie dello stesso capo, l'odio per gli avvocati e i sindacati, l'amore per le penne stilografiche, il caffé in grani e i supermercati.