Stanley Kubrick, gli Oggetti Impossibili e le Città Doppie

Da Luca.sempre @lucasempre_

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Ok. Questo articolo è più lungo del solito, quindi se ami le cose veloci, i pensieri facili facili, o il genere di post che si condividono su Facebook, lascia perdere.

Dar da mangiare al tuo cane, fare sesso con il tuo amato/amata, guardarti una partita del mondiale o scattarti un #selfie mentre sei in bagno a leggere Vanity Fair ti renderà certamente una persona migliore (o almeno: ti darà l’illusione di esserlo).

Se invece qualche volta ti piace far fare stretching alla tua mente, se sei uno di quelli che ogni tanto ama mandare il suo cervello in palestra, giusto per mantenerlo in forma… beh, forse quest’articolo fa davvero al caso tuo.

Qui dentro infatti troverai:

    • Uno scrittore che ha immaginato due città sovrapposte, separate e unite allo stesso tempo.
    • Un matematico che ha ipotizzato l’esistenza di oggetti impossibili.
    • Una fiction che non è mai stata girata ma che avrebbe fatto la felicità di Stanley Kubrick.
    • Una città che ogni notte, a mezzanotte in punto, si addormenta e poi si risveglia. 
    • Simona Ventura.
    • Due sfacciate proposte ai produttori di Hollywood per farmi diventare subito ricco.

L’articolo è po’ lunghetto, esattamente il contrario di ciò che consigliano alcuni blog guru della rete (te ne avevo già parlato in quest’articolo, ricordi?).

Ma io ho qualcosa da dirti. E per farlo bene ho bisogno di [spazio]. Che poi è coerente con il tema di tutta la serie che sto portando avanti da qualche settimana a questa parte.

Perciò mettiti comodo, ok?

E iniziamo con lo s-t-r-e-t-c-h-i-n-g mentale.

Ready to go?

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# Dove eravamo rimasti

Nel precedente articolo ti ho parlato di alcune opere appartenenti a un certo filone post-apocalittico della fantascienza, tanto nel cinema quanto nella letteratura, filone in cui un nuovo concetto di [spazio] – limitato e limitante – è l’assoluto protagonista della storia.

Ti ho spiegato come sia possibile immaginare un futuro, più o meno prossimo, in cui l’umanità è costretta a sopravvivere all’interno di un silo sotterraneo o un treno in moto perpetuo a seguito di un’improvvisa catastrofe. 

In questo articolo voglio invece parlarti di altre due opere (rispettivamente un libro e un film) in cui il vero protagonista della storia è sempre una certa idea di [spazio] [confinato], solo che stavolta non viaggeremo più all’interno di strutture artificiali come container o mezzi di locomozione ma dentro vere e proprie città-mondo.

Con alcuni punti fermi:

    • Non ci è dato sapere da chi (e perchè) queste città siano state edificate.
    • Non ci è dato sapere cosa esisteva prima.
    • A differenza di ciò che accade nel [mondo] [silo] descritto in Wool e nel [mondo] [treno] raccontato in Snowpiercer – così come ne ho parlato nel precedente articolo – qui non esiste alcun riferimento, diretto o indiretto, a un qualche evento apocalittico responsabile dell’attuale conformazione di queste nuove città-mondo.

Ora saliamo sulla sempreNavicella e iniziamo il viaggio. 

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# È possibile sovrapporre due città?

Strano quesito, non trovi?

In realtà la domanda se l’è posta per prima China Mievillescrittore inglese di culto dall’aspetto non proprio rassicurante (vedi foto sotto, quello con molti orecchini per lobo) ma già autore di acclamate opere legate al genere fantastico (“Perdido Street Station” su tutte; ne ha parlato anche Daniele Imperi su Penna Blu nell’articolo in cui ti spiega cosa vuol dire scrivere un fantastico originale).

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China Mieville

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Nel suo romanzo La Città & La Città - portato in Italia da Fanucci nel 2011 dopo aver fatto incetta di premi un po’ in ogni angolo del globo – China Mieville parte proprio da questo assunto: in un punto indefinito dell’Europa Orientale esiste una città [doppia].

Una città doppia?

Esatto. Hai capito bene.

Una città che in realtà è la sovrapposizione geometrica di due città, separate e unite allo stesso tempo.

Due agglomerati urbani che – per uno strano scherzo ottico, un crudele gioco prospettico fatto di sovrapposizioni e incastri, un’anomalia spazio-temporale, o una misteriosa scissione – si ritrovano ad avere gli stessi confini, le stesse strade, gli stessi palazzi.

Due città [sovrapposte] che condividono lo stesso [spazio], ognuna però con i suoi abitanti e la propria identità.

Due città unite come gemelli siamesi, l’una dentro l’altra e sopra l’altra, caratterizzate a loro volta da un grado tecnologico differente.

    • Immagina una città che esiste contemporaneamente sotto due versioni: una digitale (tecnologicamente avanzata) e un’altra un po’ più analogica.
    • Immagina una Mosca degli Anni Duemila sovrapposta a una Mosca Anni Settanta. Stessa città, diverso stadio evolutivo.
    • Immagina un solo punto in cui è consentito il passaggio dall’una all’altra città.

E a questo punto immagina una regola ferrea, un divieto e al tempo stesso una legge suprema: se vivi in una Città, non sei autorizzato a vedere gli abitanti dell’altra. E viceversa.

In altre parole, sei costretto a distogliere continuamente lo sguardo da coloro che ti camminano fianco a fianco ma che non appartengono alla tua stessa città. Se non lo fai, la punizione a cui vai incontro sarà certa e irreversibile.

Ricordi quando nell’articolo precedente ti parlavo delle restrizioni assurde a cui erano condannati rispettivamente gli abitanti del silo in Wool e i passeggeri del treno in moto perpetuo in Snowpiercer?

Bene. Ora ti faccio una domanda: riesci a immaginare cosa vuol dire evitare costantemente lo sguardo di persone che ogni giorno condividono le tue stesse strade e il tuo stesso [spazio]?

Immagina un appartamento che esiste contemporaneamente in due versioni sovrapposte. Immagina di vivere a stretto contatto, ogni maledetto giorno che dio ha fatto, con inquilini dell’altra “versione” senza poter mai [inquadrare] le loro fattezze e [incrociare] i loro sguardi, pena la morte.

Riesci a immaginare il grado di paranoia e massima frustrazione a cui saresti condannato per il resto della tua vita?

Ecco. Ci siamo. Se hai compreso questo, se ti senti un nodo alla gola al solo immaginare una condizione umana così limitata e limitante, allora vuol dire che sei già dentro (con tutte le scarpe) nell’atmosfera paranoica e inquietante che pervade ogni pagina del romanzo di China Mieville.

Tutto ha inizio con un misterioso omicidio commesso in una delle due Città le cui indagini conducono all’altra e forse ancora oltre… in una [terza] città di cui nessuno sembra conoscere l’esistenza e che forse trascende entrambe.

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A te scoprire il resto.

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# Fai fare palestra al tuo cervello

Il romanzo di Mieville – straordinario ibrido letterario tra Fantasy, Noir, Poliziesco, e Fantascienza – è per sua natura un’opera complessa, di non facile lettura, ma al tempo stesso incredibilmente ipnotica e immaginifica, accostata da alcuni critici per potenza visionaria al capolavoro indiscusso di George Orwell, 1984.

Perciò ti dò un consiglio: metti in conto di leggerla quando sai di poterle dedicare tempo. Magari quest’estate sotto l’ombrellone.

La visione che Mieville ci regala in questo libro-mondo è quanto di più affascinante ti capiterà di leggere da molto tempo a questa parte, ma dovrai farlo con la testa giusta. E la necessaria attenzione.

E sai perchè?

Perchè Mieville inventa – di sana pianta – una vera e propria lingua.

Termini come disvelare e intersecare entreranno a far parte di un vocabolario immaginifico costruito con incredibile maestria, indispensabile per trasferire al lettore la [misteriosa geometria] e la [complessa visione architettonica] che fanno di questo romanzo un capolavoro assoluto.

Insomma… non è uno di quei libri che puoi completare la sera a letto, tra un impegno di lavoro e l’altro.

Ci siamo capiti, no?

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# Gli Oggetti Impossibili

Leggendo La Città & La Città non ho potuto fare a meno di pensare alle illusioni geometriche create ad arte dal matematico e cosmologo inglese Roger Penrose - inventore, insieme a suo figlio Lionel, dei celebri [oggetti impossibili], ossia oggetti che non possono esistere nella nostra realtà (dunque nel mondo tridimensionale) ma di cui tuttavia è possibile tracciarne una rappresentazione bidimensionale su carta.

Di seguito due dei più celebri oggetti impossibili di Penrose:

E se magari è la prima volta che te li trovi di fronte, potrai divertirti a individuare il paradosso geometrico che rende possibile su [carta] un oggetto che nella [realtà] non potrà mai esistere.

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Le immagini che ti ho mostrato le trovi anche nella Bacheca “Different Art” che ho appena creato su Pinterest.

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# Il romanzo che Stanley Kubrick avrebbe trasformato in una fiction televisiva da milioni di dollari

Bene. A questo punto ti starai chiedendo con insistenza che diavolo c’entra Stanley Kubrick con il romanzo di Mieville.

Ora te lo spiego.

Stanley Kubrick, da sempre, è riconosciuto come il sommo profeta di paranoie e ossessioni umane trasposte sul grande schermo, oltrechè geniale [anticipatore/precursore] di certe dinamiche sociali in cui il conflitto fra la persona e le rigide convenzioni imposte dalla realtà circostante la fa spesso da padrone.

Qualche esempio, se ti va.

    • Arancia Meccanica anticipava la [deriva sociale] del bullismo così come oggi lo conosciamo nei video di YouTube, nonchè la violenza giovanile fra gang nelle grandi periferie urbane e globalizzate.
    • Full Metal Jacket anticipava la [deriva psicologica] nei campi di addestramento (e di battaglia) delle guerre del terzo millennio.
    • Eyes Wide Shut anticipava la [deriva voyeristica] e auto-contemplativa della moderna sessualità, deriva che sancisce la supremazia del pensiero, del desiderio e della contemplazione sull’atto sessuale stesso, tra autoscatti #selfie in cerca di costante legittimazione e ri-condivisione e video targati #youporn in continuo e costante aggiornamento.
    • 2001 Odissea nello Spazio anticipava il [conflitto uomo-macchina] nell’era digitale.
    • Intelligenza Artificiale – se solo avesse avuto il tempo di girarlo, se non fosse stato Steven Spieberg a prendersi l’onere e la responsabilità di portarlo sul grande schermo con risultati più che discutibili – avrebbe anticipato [l'ossessione] (assolutamente attuale) di ri-creare umanoidi con la stessa capacità di pensiero e calcolo dell’essere umano.

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La Città & La Città avrebbe quindi rappresentato, per Kubrick, la possibilità di affrontare il tema della [deriva globalizzata] da un punto di vista nuovo e – come nel suo stile – fortemente visionario.

Globalizzazione intesa come:

    • Paura del diverso.
    • Difficoltà di integrazione all’interno di una stessa città-mondo.
    • Necessità di stabilire precise regole condivise che garantiscano una convivenza pacifica fra etnie spesso incompatibili per usi, costumi e religione.

Ecco perchè sono sicuro che se Stanley Kubrick avesse letto questo romanzo, se ne sarebbe perdutamente innamorato.

Ma non ne avrebbe fatto un film. Certo che no. Come spiegavo nel titolo, avrebbe tirato fuori una fiction televisiva.

Hai presente:

    • Gomorra?
    • Romanzo Criminale?
    • Il Trono di Spade?
    • House Of Cards?
    • Lost?
    • Boardwalk Empire?
    • E tutte quelle serie che negli ultimi anni hanno rappresentato lo stato dell’arte di una certa cinematografia, arrivando spesso a superare – per ritmo, tensione, e personaggi – gli omonimi film passati sul grande schermo?

Ecco. È di questo che stiamo parlando. La Città e La Città sarebbe stata la prima fiction televisiva firmata Stanley Kubrick.

La complessità dell’opera di Mieville avrebbe permesso al buon Stanley di tirarci fuori ben più di un semplice (si fa per dire) lungometraggio. Ne sono convinto.

Riesci a immaginare che tipo di clamore si sarebbe scatenato intorno a un’operazione di questo tipo?

Già me li vedo i titoloni sui giornali.

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Stanley Kubrick passa dal grande al piccolo schermo.

La fiction del terzo millennio è tra noi!

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Io me lo sono chiesto, sai?

Più m’immergevo nella lettura del libro di Mieville, più mi chiedevo cosa avrebbe tirato fuori il genio di Kubrick da un romanzo di questo tipo.

Immaginavo le due Città. Immaginavo l’atmosfera paranoica e la tensione irrisolta che si respira guardando pellicole come Full Metal Jacket, 2001 Odissea nello Spazio, Shining e le trovavo assolutamente perfette se trasferite in una fiction basata sull’opera di Mieville.

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Una celebre scena di Shining

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Perciò, cari produttori di Hollywood che siete all’ascolto, aprite bene le orecchie: se per caso la mia idea vi ha stuzzicato e avete bisogno di uno sceneggiatore… ecco, io sono qui.

E se uno sceneggiatore ce l’avete già… beh, almeno siate riconoscenti col sottoscritto per avervi suggerito l’idea. Un bonifico di qualche centinaia di migliaia di euro potrebbe andar bene per calmierare questa mia sete di trasposizione televisiva.

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# La città che non vede mai il sole

A proposito di città-mondo, non posso non segnalare uno splendido film che ebbi la fortuna di gustarmi al cinema, in mezzo a poche altre decine di temerari, nel lontano 1998.

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Il film s’intitola Dark City, e anche in questo caso la [città-mondo] è l’assoluta protagonista della storia.

    • Prendi una metropoli da sempre immersa nell’oscurità i cui cittadini – a mezzanotte in punto, ogni giorno che dio ha fatto – cadono in uno stato di trance prolungato per poi risvegliarsi come se nulla fosse successo.
    • Prendi un [uomo] [eroe] [eletto] (anticipatore del celebre Neo di Matrix) dotato di particolari poteri psicocinetici che lo rendono il bersaglio principale di misteriosi uomini calvi (conosciuti come Gli Stranieri) vestiti sempre di nero e con una carnagione più bianca di quella del detersivo dash, che al confronto i Cure sembrano un gruppo dark messo su da Cristina D’Avena per le feste parrocchiali.

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Una scena di Dark City – Gli Stranieri

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Fatto? Bene.

Ora metti questo.

    • Metti che l’oscura metropoli in cui si muove l’uomo-eroe-eletto era in realtà – tempo prima – un piccolo paese costiero denominato Shell Beach, e metti che nessuno sappia che fine abbia fatto “quella” Shell Beach.
    • Metti un’atmosfera dark a metà fra il Batman di Nolan e il Blade Runner di Ridley Scott.
    • Metti l’idea di base che verrà poi ripresa dalla trilogia dei Fratelli Wachowski in Matrix e che può essere ben sintetizzata nell’assunto: ciò che vediamo potrebbe non essere reale.

Risultato? Un piccolo gioiello di visionaria tensione e cupa paranoia, a metà fra noir e fantasy-horror, e con un piccola strizzatina all’estetica [espressionista] codificata dal regista e architetto Fritz Lang nel celeberrimo Metropolis del 1929.

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Una scena da Metropolis

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D’accordo. Stavolta non posso chiamare in causa Stanley Kubrick per un adattamento cinematografico perchè il film l’hanno già girato e – come avrai capito – è venuto pure bene.

Però magari posso fare altre due cosette.

    • Cosetta Numero Uno: ringraziare Ivano Landi per avermi riportato alla mente Dark City commentando il precedente articolo (altrimenti non si chiamerebbe sovraccarico informativo, no? Avere così tante cose da ricordare che alla fine non le ricorderai mai tutte).
    • Cosetta Numero Due: dare un altro piccolo suggerimento alle Major di Hollywood che sicuramente saranno sintonizzate sulle pagine di questo blog.

[apro suggerimento]

Se il geniale Christopher Nolan (a mio modo di vedere il Kubrick di oggi, oltre ogni ragionevole dubbio) fosse per caso in astinenza creativa, ditegli pure di chiamarmi o mandarmi una mail.

Perchè?

Semplice. Se è riuscito a riscrivere l’intero immaginario del “primo” Batman partorendo una seconda trilogia da urlo, certamente riuscirà a tirare fuori qualcosa di altrettanto affascinante riscrivendo l’universo alla base di Dark City. Ammesso che non l’abbia già visto e che non ci stia già pensando (ipotesi non del tutto campata in aria, credo).

Male che va, gli consiglierò di leggere il romanzo di Mieville. Sono sicuro che alla fine mi ringrazierà. 

“Crederci sempre, arrendersi mai.” – come il titolo del libro scritto da Simona Ventura.

Siamo tutti scrittori in questo paese, no?

[chiudo suggerimento]

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# E tu?

Se ti è piaciuto quest’articolo puoi fare quattro cose (tu pensa!), meglio se contemporaneamente:

    • Condividerlo (non si sa mai che qualche produttore di Hollywood sia sul serio all’ascolto; sappi che nel caso in cui dovessero contattarmi per una qualsiasi proposta commerciale mi ricorderò di te; e non sto parlando di pacche sulle spalle o inutili ringraziamenti di circostanza… ci siamo capiti, no?)
    • Commentarlo.
    • Consigliarlo ai tuoi amici, soprattutto se i tuoi amici non leggono Harmony e non vanno al cinema a vedere Se scappi ti sposo e poi ti cancello e poi ti risposo e poi ti ricancello.
    • Esultare con le braccia al cielo e invocare Nostro Signore Iddio – tipo i brasiliani quando segnano un goal al Mondiale – per il semplice fatto che anche tu fai parte della [Bribe] di questo mer(d)aviglioso blog.

E resta sintonizzato su queste frequenze, mi raccomando.

Il prossimo articolo chiude la serie e ti spiegherà – finalmente – cosa diavolo c’entra Michelangelo con tutta questa fantascienza paranoica e claustrofobica fatta di [spazi] ristretti e [limiti] da rispettare.

Tag:China Mieville, Dark City, Fantastico, Fanucci, Fiction Televisiva, Fritz Lang, La Città & La Città, Metropolis, Oggetti Impossibili, Roger Penrose, selfie, Stanley Kubrick, Triangolo Impossibile


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