Star Wars: The Force Awakens

Creato il 21 dicembre 2015 da Nehovistecose

(Star Wars: The Force Awakens)

Regia di J.J. Abrams

con Daisy Ridley (Rey), John Boyega (Finn), Harrison Ford (Han Solo), Carrie Fisher (Leia Organa), Adam Driver (Kylo Ren), Oscar Isaac (Poe Dameron), Mark Hamill (Luke Skywalker), Lupita Nyong’o (Maz Kanata), Andy Serkis (Leader Supremo), Peter Mayhew (Chewbecca), Anthony Daniels (C-3PO), Domnhall Gleeson (Generale Hux), Max von Sydow (Lor San Tekka).

PAESE: USA 2015
GENERE: Fantascienza
DURATA: 135’

Trent’anni dopo la sconfitta dell’Impero Galattico per mano di Luke Skywalker e compagni, un nuovo nemico, nato dalle ceneri di quello vecchio, insidia la pace dell’Universo. Con Luke irreperibile, tocca a Han Solo e a Leia, coadiuvati da coraggiose nuove leve, organizzare la resistenza contro il Primo Ordine, comandato dallo Jedi malvagio Kylo Ren…

A trentadue anni da Il ritorno dello Jedi, ultimo della trilogia “originale”, e a dieci anni da La vendetta dei Sith, ultimo della trilogia “prequel”, la Walt Disney Pictures – che nel 2012 ha acquistato la Lucasfilm ed è diventatata unica e sola detentrice del marchio Star Wars – inaugura la cosiddetta trilogia “sequel”, progetto da sempre nei piani di Lucas (qualcuno dice addirittura dal ’77, anno del primo film) che temporalmente va a collocarsi una trentina d’anni dopo la vittoria di Luke e compagni sul malvagio impero galattico guidato dall’accoppiata Vader/Palpatine. Il regista è Abrams, ideatore di Lost e di parecchie altre cose, forse unico vero erede di Spielberg e (ora) di Lucas, già apprezzato per aver rinnovato con successo un altro franchise di sci-fi storico, quello di Star Trek. Ciò che fa con Star Wars è tuttavia molto diverso: la saga ideata da Lucas, infatti, non ha alcun bisogno di essere rinnovata perché la sua formula funziona ancora a meraviglia. Più vicino alla trilogia originale che a quella prequel, e non solo perché la struttura narrativa ricorda pericolosamente quella di Una nuova speranza (qualcuno ha usato addirittura la parola “remake”), ma anche perchè si torna a quello spirito giocoso e divertito che aveva garantito un enorme – e immediato – successo alla saga originaria.

Abrams ricomincia dal punto in cui Lucas aveva finito, battendolo ai punti per quanto riguarda la perfezione delle scene d’azione e la capacità di non allentare MAI il ritmo (cosa di cui soffrivano, ad esempio, Il ritorno dello Jedi e L’attacco dei cloni). Tutto ciò senza spocchia, senza cercare chissà quali riferimenti “alti”, ribadendo anzi che, in fin dei conti, si tratta SOLO di un’infinita telenovela familiare ambientata nello spazio galattico. Film sul bene e sul male, film sul vecchio e il nuovo, intelligente e molto attuale anche nel gestire il passaggio di testimone da una generazione all’altra: il cowboy spaziale Solo, bianco e vecchio stile, molto eroe americano archetipico (una simpatica canaglia che potrebbe essere uscita da un film western con John Wayne o da un noir con Humphrey Bogart) lascia il posto di protagonista ad un nero e ad una giovane donna, scelte tutt’altro che casuali. I detrattori che hanno parlato di operazione nostalgia fine a se stessa non si sono accorti della vera forza del film, ovvero la perfetta armonia nell’omaggiare il (glorioso) passato traghettando la saga verso un inevitabile futuro.

Meno lieto di quello auspicato un tempo, perché tra il ’77 e il 2015 di acqua (torbida) sotto i ponti ne è passata parecchia: e allora l’impero galattico, pardon, il Primo Ordine, ricorda nei metodi i genocidi del terrorismo odierno, e molte sequenze di forte impatto melodrammatico (per non dire tragico) sono lì a dirci che il mondo non è affatto cambiato in meglio. La sceneggiatura, dello stesso Abrams e di Lawrence Kasdan (già autore degli script di L’impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi), è sia croce che delizia del film: non originalissima, non sempre felice negli sviluppi narrativi, ma capace di proporre nuovi personaggi per nulla scontati, di dare spessore a quelli storici (Chewbecca su tutti), di costruire belle atmosfere, di concepire dialoghi da antologia. In fin dei conti va bene così. È Star Wars, mica Odissea nello spazio. Se la formula funziona ancora, perché non continuare? Lodevole il fatto che Abrams abbia ridotto al minimo la computer grafica per ricorrere a modellini e spazi ricostruiti in studio. Azzeccati i nuovi attori e magnifici i “vecchi”, guidati da un Ford sornione e auto-ironico, divertito e affascinante, semplicemente strepitoso in un ruolo che, nonostante siano passati più di trent’anni, gli sta ancora addosso alla perfezione. Cameo “nascosto” di Daniel Craig nei panni della guardia imperiale che libera Rey. Nelle fila dei droidi, gradito ingresso del piccolo e sferico BB-8, erede del mitico C1-P8. Musiche – c’è davvero bisogno di scriverlo? – di John Williams. Film che accontenta tutti, fan e non fan della saga (ma i fan lo apprezzano di più). Da vedere.



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