E’ stato pubblicato ieri il rapporto “State of the Media 2011”, edizione annuale di analisi dell’universo mediatico realizzato dal Pew Research Center’s Project for Excellence in Journalism statunitense.
L’analisi è trasversale a ciascun mezzo, dai quotidiani alla stampa etnica passando per online e televisione, ricca di dati ed informazioni di assoluto interesse richiede una lettura approfondita.
Sia per sintesi che per opportunità ed interesse ho concentrato la mia attenzione sulla parte dell’indagine relativa all’Europa, Italia inclusa, ed al confronto con la realtà statunitense per quanto riguarda i quotidiani.
Si conferma come la quota di ricavi pubblicitari derivanti dall’online non sia assolutamente in grado di sopperire, neppure in prospettiva, al crollo degli investimenti sui formati tradizionali su carta.
Emerge con assoluta chiarezza come la crisi dei quotidiani sia legata prevalentemente a questo fattore più che al declino delle vendite dei giornali ai lettori. Questo aspetto è ancor più determinante negli USA dove le revenues della pubblicità incidono per oltre il 70% del totale contrariamente alla situazione in Europa dove esiste un maggior bilanciamento con il 50-60% dei ricavi che mediamente deriva dai lettori che acquistano i giornali.
Elemento confermato dalla crisi che attraversa tutto il comparto della free press, il cui modello di buiness si basa esclusivamente sulla raccolta pubblicitaria.
Non a caso mentre il dato ADS sulle diffusioni, con tutti i limiti di questi dati, vede ormai da tempo cali significativi praticamente per tutti i quotidiani nazionali, così non è per i dati AUDIPRESS che registrano incrementi, o tenuta, del numero complessivo di lettori.
Si tratta di una elite minoritaria del nostro paese che molto probabilmente coincide nella lettura nel formato tradizionale e in quello online.
A mio avviso si tratta dell’ennesimo richiamo ad abbandonare le sirene della “tabletmania” per concentrare gli sforzi sul processo di convergenza editoriale tra le diverse piattaforme disponibili.
Se da questa crisi è auspicabile che si debba trarre insegnamento, sono certo che debba essere di una maggior concentrazione sulla relazione con i clienti, siano essi lettori o rivenditori. Per dirla in una battuta, è necessario insomma che gli editori [ri]tornino a fare il loro mestiere: gli editori, appunto.