- - laconcentrazione di biossido di carbonioin atmosfera ha raggiunto nel febbraio 2012 il livello di 393,65 ppm. Nel 1959, primo anno in cui essa venne calcolata, essa era di 315,98 ppm.
- - il 31 ottobre 2011 la Terra ha raggiunto i 7 miliardi di abitanti; il primo miliardo era stato raggiunto solo ad inizio Ottocento, il secondo ad inizio Novecento, il terzo miliardo nel 1959, il quarto nel 1974 … l’ottavo miliardo dovrebbe essere raggiunto nel 2025.
- - dagli anni ’70 i livelli di motorizzazionehanno conosciuto un’incessante crescita globale; nel 1990 erano in circolazione sulla Terra 500 milioni di auto; oggi se contano circa 800 milioni e l’AIE (Agenzia Internazionale per l’Energia) prevede che per il 2050 saliranno a 2-3 miliardi.
Il breve cartone animato, qui sotto visionabile e prodotto dalla The New Economics Foundation raffigura in maniera impeccabile l’assurdità della crescita infinita. Se un criceto non smettesse di crescere una volta raggiunta l’età adulta, arriverebbe a 9 milioni di tonnellate al suo primo anno di vita e in un solo giorno potrebbe mangiare il grano prodotto ogni anno in tutto il mondo. E avrebbe ancora fame. La voce narrante conclude: “C’è un motivo per cui in natura le cose crescono solo fino ad un certo punto, quindi perché gli economisti e i politici pensano che l’economia possa crescere all’infinito?”
Un capitolo di State of the World 2012 è dedicato alla pianificazione dello sviluppo urbano. Ormai la popolazione mondiale e la produzione economica si stanno spostando sempre più nelle aree urbane. Oltre il 70% degli abitanti del Nord America, America Latina ed Europa vivono già nelle grandi città. In quanto motori di crescita economica, le città stanno diventando sempre più importanti per la produzione economica e sul fronte occupazionale. Le Megalopoli – città con più di 10 milioni di abitanti – negli ultimi 20 anni sono più che raddoppiate ed oggi ospitano già il 7% della popolazione mondiale. In testa alla classifica delle città più abitate del pianeta troviamo Tokyo con i suoi 36,7 milioni di abitanti seguita da Delhi con 22,2 milioni (nel 1990 quest’ultima era ancora all’undicesimo posto). Secondo le previsioni entro il 2025 le megalopoli sul pianeta saranno già 27 (oggi sono 21). Eppure, se queste aree verranno pianificate in maniera strategica, esse potranno offrire importanti opportunità in termini di risparmio energetico, trasporti collettivi e produzione del cibo, facilmente immaginabili laddove si riscontra una notevole densità abitativa che, se sfruttata in modo intelligente, potrebbe portare ad un notevole abbassamento dei costi di gestione di questi insediamenti. Delhi - cita ancora State of the World a titolo di esempio - ha progettato un sistema per l’approvvigionamento idrico che raccoglie l’acqua piovana incrementando il livello delle falde; a Dhaka è stato costruito un impianto di compostaggio che può processare fino a 700 tonnellate di rifiuti organici al giorno.
Il problema dei trasporti è giudicato dal Worldwatch Institute come un altro settore strategico la cui pianificazione risulta fondamentale. Ad esempio, è statisticamente dimostrato come la costruzione di arterie ad alto scorrimento in città e la capacità dei parcheggi per le auto private non solo non decongestionano la rete dei trasporti ma inquinano anche l’aria urbana, accelerando il processo dei cambiamenti climatici e aumentano la dipendenza dalle importazioni di combustibile per quei paesi, come l’Italia che sono prive di materie prime. Inoltre contribuiscono all’aumento delle malattie respiratorie e delle morti per incidenti da traffico, oltre a causare spreco di tempo e denaro per gli spostamenti rallentati. Ma tutto questo si può evitare. Investimenti in sistemi di trasporto più sostenibili possono generare più posti di lavoro, tutelando allo stesso tempo l’ambiente. Un autobus con una capienza massima di 50-70 persone occupa approssimativamente lo stesso spazio di tre automobili che in media trasportano 6 passeggeri. (ndr: provate ad osservare i passeggeri a bordo delle auto che intasano un viale in una normale giornata lavorativa: scoprirete che la maggioranza è composta da una sola persona … !) Eppure le soluzioni ci sarebbero già: dal bike-sharing (Parigi, Shanghai, Barcellona, ma anche ormai molte città italiane) al car-sharing, agli autobus a trasporto rapido (Bogotà, Guangzhou), dalle normative che disincentivano l’uso dei veicoli privati a motore (Singapore, Londra, Stoccolma, Milano) al miglioramento dell’efficienza dei veicoli (Giappone, California, Unione europea).
Un altro tema particolarmente approfondito da questa edizione del Rapporto sullo stato del pianeta è quello della sovrappopolazione. L’umanità potrebbe passare realmente dagli attuali 7 miliardi ai 9 miliardi previsti entro la metà del secolo, per poi assestarsi attorno ai 10 miliardi nel corso del 22° secolo. Robert Engelman, Presidente del Worldwatch Institute, sostiene che questo deve essere impedito e che le possibilità per farlo già oggi ci sono, soprattutto intervenendo nel campo della contraccezione ed in quello dell’istruzione; le statistiche a riguardo sembrerebbero infatti dimostrare che più s’innalza il livello di istruzione di una popolazione (in particolare quello femminile) e più si abbassa il numero medio di figli per famiglia. In proposito però sono io a nutrire qualche scetticismo. Risulta evidente infatti che, similmente a quanto già oggi sta avvenendo nel nostro paese, seguendo questa strategia una sempre minore percentuale di popolazione lavorerebbe e verserebbe i contributi per la pensione e l’assistenza sanitaria di un numero invece sempre crescente di persone anziane che non lavorano più. Siamo proprio sicuri che questo compromesso sia accettabile in cambio di una vita più lunga ed in un mondo meno popoloso anche se meno inquinato?
Un tema sul quale invece torno in sintonia con gli autori del Rapporto è quello dedicato all’impatto ambientale causato dagli animali domestici. Oltre alla popolazione umana, c’è un’altra popolazione che cresce rapidamente nel mondo: quella dei cani e dei gatti domestici. Negli Stati Uniti – riporta sempre l’annuario - ci sono 61 milioni di cani e 76,5 milioni di gatti. In termini di alimentazione – citando State of the World – “un cane di taglia grande utilizza 0,36 ettari di risorse l’anno, un cane di taglia piccola 0,18 e un gatto 0,13 ettari. In confronto un’abitante del Bangladesh usa in media 0,6 ettari di risorse l’anno in totale, meno di due pastori tedeschi in un anno. (…) Dar da mangiare agli animali domestici americani ha un impatto ambientale pari alle popolazioni di Cuba e Haiti messe assieme.” Non parliamo poi di tutto il merchandising legato al mondo degli animali d’affezione: abbigliamento su misura, giocattoli, sofisticate cure veterinarie, servizi di dog-sitter, saloni di bellezza, e altro ancora. Ogni anno si spendono per il solo cibo per gli animali domestici qualcosa come 42 miliardi di dollari a livello globale. Se dobbiamo ridurre la popolazione umana credo sia altrettanto giusto ridurre anche quella degli animali domestici. E, se proprio vogliamo avere un animale in casa, adottiamo uno dei tanti che purtroppo vengono abbandonati e sono costretti a vivere in strutture di ricovero che oltretutto rappresentano un costo per le nostre comunità. Possedere un animale domestico oggi è un lusso che comporta un notevole costo anche in termini ecologici anche se, facendo tale affermazione, so già di attirarmi le ire di molti animalisti che la pensano in maniera totalmente diversa.
La critica più accanita State of the World 2012 la riserva alla filosofia consumistica ancora imperante nel mondo odierno. Citando proprio uno studio dei Friendsof the Earth Europe, si ricorda come oggi vengano prelevate in generale 60 miliardi di tonnellate di risorse naturali ogni anno: circa il 30% in più rispetto ad appena 30 anni fa. Nel 2000 ogni americano ha consumato 88 chili di risorse al giorno; ogni europeo 43; ogni abitante dell’America Latina 34. Il fatto più rilevante è che tali risorse non sono impiegate solo per soddisfare necessità primarie come cibo, protezione, vestiti e trasporti, ma anche per “collezionare” quei prodotti di consumo in gran parte superflui e comunque non indispensabili. Nel solo 2008 sono stati globalmente acquistati 68 milioni di veicoli, 85 milioni di frigoriferi, 297 milioni di computer, 1,2 miliardi di telefoni cellulari. Tutti questi numeri sono destinati inevitabilmente a crescere man mano che nuovi individui entreranno a far parte della classe dei consumatori. Eppure, secondo un numero sempre maggiore di studi, il benessere raramente è connesso alla crescita dei consumi.Raggiungere la sostenibilità e consumi sostenibili richiederà uno sforzo concertato da parte di tutti, dai governi ai singoli produttori, dalla società civile ai singoli consumatori. Cambiare le abitudini di consumo significa cambiare un aspetto molto importante nella cultura di qualunque società.
Sostiene Michael Renner, condirettore di State of the World 2012, “l’umanità si comporta come se le risorse fossero infinite, come se gli ecosistemi fossero irrilevanti per l’esistenza umana, come se ci fosse una Terra 2.0 di riserva nel caso in cui dovessimo riuscire a devastare questa.” Sappiamo bene che non è così. La strada per imparare a vivere nei limiti di un solo pianeta è certamente difficile, eppure anche affascinante e stimolante. Troveremo la forza di portarla avanti?
Michele Salvadori