PaginaUno ha tradotto in Italia per la prima volta questo romanzo di John Wainwright, che aveva già ispirato il film francese Guarde à vue (1981) e quello americano Under Suspicion (2000). Wainwright ci introduce nell’angusto mondo dell’interrogatorio attraverso la minuta di descrizione della stanza dove si svolge lo stesso, descrivendone le misure, la forma cuboidale, le sedie spartane e il tavolino centrale. Due uomini si fronteggiano in uno scontro alla ricerca della verità. Sin dall’inizio, l’Ispettore Lyle, e con lui il corpo di polizia, sono sicuri di aver trovato l’assassino e stupratore della piccola Roberts, terza di altri omicidi di bambine nelle contea, e il gioco sembra essere solo quello di far sputare l’immonda confessione a Barker, che millanta reticente di passeggiate notturne e uscite col cane.
Tre omicidi, uno copia carbone dell’altro. Se acciuffi l’esecutore di uno, ce li hai nel sacco tutt’e tre. Questa la filosofia di Lyle, convinto di poter incastrare il rispettabile sig. Barker, l’uomo che porta i vestiti in lavanderia puntualmente ogni due venerdì, vicino conosciuto nel quartiere, il burocrate puntiglioso senza scheletri nell’armadio. O forse, sì.
La storia si produce per deduzioni, negazioni, variazioni sul tema, approfondimenti, richieste di spiegazioni incoerenti. Wainwright si diverte a elencare il decalogo del perfetto interrogatorio, che Lyle conduce con altrettanto perfetta sapienza: pacatezza e calma nel porre le domande, un tono freddo ma dolce nella richiesta di motivazioni realistiche, una dose di cinismo, e soprattutto la costruzione di una relazione. La vetta si raggiunge a piccoli passi, una risposta alla volta; deve nascere una sorta di complicità tra interrogato e interrogante, poco alla volta deve diventare assolutamente impossibile lasciar spazio alla preda, costretto a dire la verità, restando senza via di fuga davanti al fatto, sentendosi quasi sollevato a porre fine alla tortura – esclusivamente psicologica.
Una partita a scacchi, la potremmo definire, in cui gli avversari fanno lente mosse calcolate, talvolta ripetitive, dove ogni mezza verità conquistata diventa terreno mancante sotto ai piedi dell’avversario. E così, pezzo dopo pezzo, Barker si annichilisce. La stanza diventa asfissiante, i nomi, le date e i luoghi non coincindono tra dichiarazioni e fatti, e il ‘brainwash’ prosegue lento e inesorabile. Questo, Braiwash, il titolo originale – che a mio parere sarebbe stato meglio tradurre in senso letterale (lavaggio del cervello), per ragioni chiare soltanto alla fine della storia. Il balletto dell’indagine prosegue secondo la volontà dell’Ispettore, che nelle brevi pause scopre qualcosa in più sull’accusato: Edwina Barker rivelerà qualche segreto famigliare, con l’immenso disprezzo di una moglie in un matrimonio fallito. Wainwright tergiversa con astuzia prima dell’arrivo al gran finale, spingendo verso un angolo anche il lettore, che ormai ribolle al pensiero della domanda definitiva, del crollo utlimo; e quando il traguardo viene tagliato si tocca con mano quanto la volontà di un uomo sia più potente di ogni altra forza.
Azzurra Scattarella
John Wainwright, Stato di fermo, PaginaUno, 2011, € 17