Stefano Fassina, il PD ad un bivio tra tentazioni centriste ed anima progressista

Creato il 30 novembre 2011 da Candidonews @Candidonews

Nei giorni scorsi vi sono state polemiche accese nel PD sul ruolo di Stefano Fassina, responsabile del settore ‘Lavoro’ del partito, fortemente criticato dall’ala ‘destra’ dei liberal per le sue posizioni sulla riforma del welfare.

A questo proposito pubblico l’estratto di un articolo di Giovanni Robertini, con cui mi trovo totalmente d’accordo:

Sento spesso parlare di “sano pluralismo”, ma credo che in questo momento di casino totale il pluralismo nel Pd sia più che altro “tossico”, almeno per la base più allargata. Parlo degli elettori che “simpatizzano” con i democratici e che leggendo sul Corriere del 23 ottobre il titolo “Pd, diciassette correnti in un partito solo” hanno avuto un moto d’animo paragonabile all’indignazione. E senza essere “indignados”. Perché sappiamo tutti che il Pd è un partito, non un movimento di protesta.
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Nel partito un leader c’è e si chiama Pierluigi Bersani, e sarebbe utile sentire una sola voce. Esiste pure un programma e una linea politica da seguire. Fassina ricorda che “il governo Monti non è il governo del Pd. Ci convivono forze politiche con idee e culture contrapposte, su cui il governo è chiamato a trovare un bilanciamento. Tenere chiaro il profilo del Pd è la migliore assicurazione per la durata di Monti

Sulle polemiche che hanno accompagnato gli ultimi giorni si è espresso anche Giuseppe Civati:

Troppo sarcasmo contro Stefano Fassina: siamo passati dal metodo Boffo al metodo buffo, per cui molti se la prendono con lui, ma non con il segretario, di cui Fassina per altro è da sempre uno dei più stretti collaboratori, e a cui spetta il compito della sintesi politica. Ci vuole coraggio, non maldicenza, sono cose diverse. Molto.

I nostri elettori, fin dall’età della pietra, pensano una cosa e una soltanto: ma se non riusciamo a fare sintesi tra di noi, come possiamo immaginare di governare il Paese? Perché la forza di governo del futuro dovrebbe essere il Pd, vero?

La verità è semplice e sotto gli occhi di tutti (quelli che non sono dirigenti del Pd): la crisi e l’indignazione avevano dato spazio ad argomenti più di sinistra, il governo Monti sembra dare fiato alle voci più liberali del centrosinistra. Una forza politica dovrebbe dimostrare, in entrambi i casi, maggiore equilibrio. Anche perché la palestra Monti è molto più impegnativa della fase di opposizione a sportellate a cui siamo stati abituati da molti anni a questa parte. E non si può d’altra parte pensare che il Pd si limiti a ratificare le decisioni del governo attualmente in carica, senza aprire una dialettica in termini tecnici e politici, come conviene al primo partito del Paese. E al futuro suo e del Paese, appunto.

In realtà credo che la presenza di Stefano Fassina al settore Lavoro sia una delle poche assicurazioni che la politica del PD in ambito welfare possa in qualche modo definirsi ‘di sinistra’. Per questo i ‘liberal’ vogliono farlo fuori. La partecipazione al Governo dà manforte all’ala destra del partito. Non sò davvero quanto Fassina potrà resistere alle convergenze centriste.


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