Magazine Società

Stefano Fassina: «Matteo irride il dissenso. Ora ricostruirò la sinistra»

Creato il 08 gennaio 2014 da Tafanus
Intervista a Stefano Fassina, viceministro dimissionario dell'Economia: «Spero che la mia scelta aiuti a sciogliere l’ambiguità nel rapporto tra Pd e governo» (di Andrea Carugati)

Fassina-stefano1Con le dimissioni dal governo la guerra di Stefano Fassina a Matteo Renzi non è affatto finita. Anzi, per certi versi è appena cominciata. Già, perché l’ex responsabile economico del Pd non ha alcuna intenzione di lasciare il partito. Ma di lavorare dall’interno, come alfiere dell’opposizione interna, dopo che Cuperlo ha accettato il ruolo di garanzia di presidente del Pd. «Andarmene? Ma non scherziamo», spiega a l’Unità nel day after delle dimissioni. «Lavorerò come deputato e dentro il partito. La sinistra ha bisogno di un lavoro profondo di ricostruzione culturale e politica. Su questo voglio dare il mio contributo, c’è un lavoro enorme da fare».
Quanto a Renzi, e a quell’ormai famoso «Fassina chi?», la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, l’interessato non crede minimamente alle ricostruzioni di chi parla di un equivoco, o di un travisamento da parte dei giornalisti. «Ma quale equivoco, i commenti a caldo dei renziani e anche la successiva risposta del segretario non lasciano alcun dubbio», spiega. «È stata una battuta con un chiaro messaggio politico di non rispetto delle posizioni diverse dalle proprie».
Muro contro muro, dunque. «Spero che la mia scelta possa contribuire a sciogliere l’ambiguità nel rapporto tra Pd e governo, che è il nocciolo della questione politica che ho posto. Nei giorni precedenti avevo chiesto di affrontare due problemi, il rapporto tra il partito e il governo e la democraticità dei processi decisionali interni al Pd, a partire da un tema delicatissimo come il lavoro. E mi pare siano arrivate due risposte molto chiare su entrambi i temi: nessuna considerazione, anzi irrisione».
Fassina non si sente isolato nella sinistra interna. «In queste ore ho ricevuto una valanga di messaggi e telefonate di sostegno. E comunque quando in ballo c’è la dignità personale e politica non si sta lì a fare il conto col bilancino dei messaggi pro e contro...». L’ormai ex viceministro dell’Economia ieri non ha risentito il premier Enrico Letta, che lo aveva pregato di tornare sui suoi passi e si riprometteva di insistere.

«Nessuna telefonata, del resto ho spiegato a Enrico che la mia decisione è irrevocabile, è una questione di dignità e non un fatto personale». Il problema per Fassina è integro, tutto politico, e resta sul tavolo.
NODI IRRISOLTI - «Insisto, c’è una logica padronale di gestione del partito. Se uno chiede di discutere in direzione dei temi del lavoro prima che la segreteria annunci ufficialmente le proposte, e viene trattato in questo modo, vuol dire che non si accettano idee diverse dalle proprie. E questo è un problema di rispetto molto serio per un partito che si chiama democratico». Così come resta intatto, a suo parere, anche il problema tra Pd e governo. «Una strategia di Renzi contro Letta? Mi limito a sottolineare che io avevo chiesto di affrontare le troppe ambiguità che ci sono e sono stato irriso. È evidente che questi nodi non si vogliono sciogliere...».
Certo, nel Pd e non solo (Civati l’ha detto in modo esplicito) molti pensano che Fassina stesse da tempo aspettando l’occasione buona per mollare un governo dove non si era mai sentito davvero a suo agio. Fin dalla genesi, da quella formula delle larghe intese di cui lui era stato un fiero oppositore durante i due lunghi mesi dopo il voto di febbraio. Troppe, a suo avviso, le somiglianze con la formula e le ricette rigoriste di Monti, che lui aveva cannoneggiato per mesi, fino a prendersi i rimbrotti del Professore a fine 2012 (che aveva chiesto di «silenziare» la parte conservatice del Pd rappresentata dall’«onorevole Fassina»).
A ottobre scorso la prima minaccia di dimissioni, quando aveva protestato con Letta per lo scarso coinvolgimento nella legge di Stabilità. Quella volta il premier era riuscito a far rientrare la protesta dell’irrequieto viceministro. Il 2 a gvennaio, sull’Unità, aveva invitato Renzi a mettere mano alla squadra di governo con uomini a lui vicini. «Noi rappresentiamo un Pd archiviato dalle primarie, io per primo». Due giorni dopo è arrivato l’incidente. E Fassina ha potuto dare seguito al suo ragionamento e sollevarsi dall’incarico. Libero dai vincoli, ora può tornare al ruolo assai più congeniale di battitore libero. E anche di uomo di sinistra che, a 48 anni non ancora compiuti, vede davanti a sé uno spazio di manovra non irrilevante a sinistra. In quel «lavoro di ricostruzione» in cui da tempo molti si cimentano, senza ottenere grandi risultati.
Dopo le rovinose primarie, la sinistra Pd si ritrova al minimo storico, divisa e priva di una di leadership da combattimento. Eccolo il ruolo che Fassina sta pensando di ritagliare per se stesso. Quello di controcanto sulle ricette economiche, ma anche di sentinella contro le «derive padronali». Non sarà semplice ritrovare la sintonia perduta con i Giovani turchi, e fare sintesi tra questi e le altre anime di una sinistra che fino a pochi mesi fa governava il partito. Ma questa è la sua sfida dei prossimi mesi.

Andrea Carugati


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :