Steve Jobs

Creato il 02 febbraio 2016 da Jeanjacques

Il mio rapporto con la tecnologia è sempre stato abbastanza altalenante. Le cose tecnologiche mi hanno sempre affascinato, però da qui a impararne l'effettivo uso pratico ne è sempre passata di acqua sotto i ponti. Persino per questo blog ho necessitato della mano di un amico smanettone (non nel senso che pensate voi... spero) in grado di giostrarlo al meglio, sennò dubito che avrebbe mai visto la luce - e della cosa forse in molti sarebbero stati contenti, ma tant'è. Altra cosa, non ho mai avuto la smania per la Apple. La casa della mela bacata non mi è mai stata né simpatica, né antipatica. Indifferente, più che altro. So che fa le sue cose e mi dicono le faccia anche bene, ma non sono mai state una mia priorità. Avendo studiato come grafico mi sono dovuto approcciare più volte coi suoi prodotti, ma oltre a questo e a qualche occasione lavorativa, sono sempre stato su modelli molto più rudimentali e ordinari. E lo dico senza voglia di apparire alternativo o altro, senza spocchia e senza criticare i vari Apple addicted. Del resto, parla uno a cui piacciono i film di Snyder. Quindi, in virtù di tutto questo, non mi sono nemmeno mai interessato alla figura del suo fondatore, Steve Jobs, che ho vagamente imparato a conoscere meglio solo al momento della sua morte, quando in tv non si parlava d'altro. I motivi che potevano spingermi a vedere questo film erano davvero pochini, ma alla fine a furia di leggere recensioni entusiastiche sul web da parte dei miei colleghi blogger, ho cambiato idea e devo ammettere che ne sono rimasto davvero sorpreso.

Più che della vita di Steve Jobs, si parla dei momenti che precedono la presentazione dei suoi lavori più importanti, dove dialoghi e scambi di battute spiegano molto sul personaggio e su coloro che gli stanno intorno.

Il tutto è tratto dalla biografia autorizzata del giornalista Walter Isaacson, alla quale attinge lo sceneggiatore Aaron Sorkin (per favore, nessuno faccia battute volgari sull'assonanza del suo nome) per costruire un film verbosissimo, statico ma nonostante tutto pieno di ritmo e che non lascia riposo, pur prendendosi i suoi tempi. Non aspettatevi grandi spostamenti, tutto si svolge dietro le quinte delle presentazioni che Jobs deve fare e proprio lì, nascosto al suo pubblico e ai suoi futuri acquirenti, avviene tutto. Sorkin è uno che coi biopic ci sa fare e qualche anno fa ci avere regalato il bellissimo The social network, sempre in tema tecnologico, che come in questo caso si giostrava in gran parte su uno scambio di battute fulminanti ed esplosive che da sole reggevano benissimo il tutto - poi c'era la regia di Fincher, che non è proprio il primo scemo che passa, per quanto non mi faccia impazzire nonostante l'innegabile bravura. Qui avviene più o meno la stessa cosa, anche se dietro la macchina da presa c'è Danny Boyle, uno che ogni tanto fa qualche bel film e alle volte meh, ci prova ma sembra che ne venga fuori unicamente una roba per fighetti. Sì, uno che non mi sta simpaticissimo, questo era un altro dei motivi per cui il film non mi interessava, nonostante la presenza di Michael Fassbender e Kate Winslet, due dei miei interpreti preferiti - che qui non si smentiscono affatto e bucano lo schermo ogni volta. Boyle però a questo giro lascia da parte i suoi virtuosismi epilettici, non si inventa cose apparentemente sperimentali e fa un lavoro pulito, curando in maniera maniacale montaggio e fotografia ma usando una regia in grado di regalare solo un ritmo in grado di accompagnare degnamente i brillanti dialoghi scritti da Sorkin. La cosa funziona egregiamente e, per quanto io straveda per le regie manieriste e ai limiti del patinato, a questo giro mi è venuto da tifare per questo regista che, nel farsi leggermente da parte, ha trovato la sua forma migliore, oltre che riuscire a farsi odiare un poco di meno dal sottoscritto. Il film così fa una strana operazione, non vuole mostrare una visione dettagliata della vita dell'uomo che ha dato lustro alla Apple, ma vuole isolare l'uomo dal contesto. Le sue creazioni, il marchio della famosa industria e tutto il resto appaiono in secondo piano, ci sono ma, se ci fate caso, in pochissime scene hanno la piena padronanza dello schermo. Boyle e Sorkin provano a mostrare un individuo atipico, complesso, con manie di controllo e contraddittorio, pur nella sua genialità, e nonostante il suo innegabile talento mettono in scena una sua totale incapacità di relazionarsi con le persone e di capire i sentimenti. Qui metto subito le mani avanti e, come già detto, ribadisco che so poco o nulla della vita privata di Jobs, quindi il mio commento è da riservarsi solo sulle qualità artistiche dell'operato. E in questo ho trovato molto efficace l'accostare tutte queste problematiche al mondo dei computer, fatto di codici, ordine, algoritmi e precisione, tutto il contrario di quello che in realtà sono i sentimenti. Quelli disorientano, sono difficili da gestire e fanno agire in maniera immotivata, il più delle volte. C'è anche un peso più grande, che è quello di saper tenere sulle spalle il peso del proprio passato e come questo spesso arrivi a condizionarci l'intera esistenza. Tutte cose che il film tratta, pur riservandosi qualche stucchevolezza sul finale e sul tema della paternità, vero collante di tutti gli atti messi in scena (seriamente, io ho qualche problema nel vedere la famiglia come un valore assoluto, e sottolineo che ho un magnifico rapporto coi miei genitori) ma che comunque lascia trasparire gran parte della complessità, vera o presunta, che si celava dietro a questo personaggio. Alla fine, probabilmente, le cose che contano non sono quelle che creiamo, computer o altro che siano. Ciò che conta è come siamo riusciti a creare noi stessi al nostro meglio.

Davvero bello e intelligente, anche se non riesce nei propri intenti sempre come vorrebbe. Ma film di un'intelligenza simili sono rari. Soprattutto da parte di Boyle.Voto: ★ ½


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