Steven, Steven, no, no…ti prego, non farlo!

Creato il 06 ottobre 2011 da Postscriptum

Ci sono album che, pur avendo cambiato la storia del rock, restano in larga misura sconosciuti al grande pubblico. E tuttavia quella minoranza di credenti che li apprezza cerca comunque di evangelizzare e diffondere il Verbo (volevo elencarne alcuni ma ho paura di esser denunciato per diffamazione e costretto a rettificare entro 48 ore. Pazienza, immaginateveli da soli!).

Poi ci sono quegli album che non hanno cambiato la storia del rock, eppure sono comunque dei capolavori. Ebbene, per questi, vi assicuro che non si trovano molti apostoli pronti a farsi emissari caritatevoli. Uno di questi capolavori è Welcome To My Nightmare, anno 1975. Annus mirabilis per il rock, infatti escono lo stesso anno, tra i tanti: Physical Graffiti dei Ledz; Toys in The Attic degli americani Aerosmith; Sabotage dei Sabbath; A Night At The Opera della “Regina”.

Tornando ad Alice Cooper, questo è il nome di una strega bruciata a Salem nel diciassettesimo secolo, o almeno così narra la leggenda. Vincent Damon Furnier (meglio noto, per l’appunto, come Alice Cooper) invece dirà che è nome di fantasia, scelto perché suonava bene e perché gli faceva pensare ad una bella ragazza in minigonna che nasconde un’accetta dietro la schiena. Sciolto il dubbio sulle preferenze sessuali di Alice Cooper – cioè, pur avendo un nome femminile gli piacevano le ragazze in minigonna e con l’accetta – è necessario tuttavia chiarire che in realtà il nome in questione era in principio riferito all’intera band e non al solo Vincent. Visto il personaggio horrorifico e vagamente esoterico (Vincenzo era pure membro di un ordine neo-templare), farebbe colore poter dire che la vecchia strega si sia impossessata del corpo di Vincent Damon Furnier e che l’anima sia andata al signore delle tenebre. Ma così non è stato! A detta dello stesso Vincenzo quella del nome fu una delle sue migliori mosse commerciali e fu attuata allorché si sciolse la band dopo il deludente Muscle of Love. Così Bicienzu diviene Alice Cooper e – facendosi accompagnare dalla band di Lou Reed – dà alla luce il concept album Welcome To My Nightmare. Siamo ancora lontani dalle estreme stravaganze degli anni ’80 ed Alice non è ancora il fenomeno da baraccone di Poison (e l’album Trash è pure tra le cose migliori degli anni ’80), ma sono ormai lontane le influenze zappiane e surrealiste (Salvador Dalì è spesso fonte d’ispirazione per le scenografie dei concerti e non solo), Beatles ed inglesitudini varie sono solo echi e reminiscenze . Capiamoci, Alice Cooper non è mai stato precisamente “colto”, ma da Welcome To My Nightmare in poi comincia la degenerazione splatter ed heavy dell’artista.

Welcome To My Nightmare link (Muppet Show)

Siamo comunque ancora in tempo per gustarci questo autentico capolavoro del ’75, il sound è lugubre, molto sabbathiano, ma allo stesso tempo ricco di ulteriori elementi. L’Ozzy americano ha decisamente indirizzato il songwriting verso l’hard rock. Il concept album è la storia di un viaggio attraverso gli incubi di un tale  Steven, personaggio inventato e ricorrente anche in album successivi. Steven è un ragazzino di otto anni circa con la mente devastata almeno tanto quanto quella di Vincenzo/Alice Cooper, sempre più alcolizzato e contento. L’apertura con la title track (link) è musicalmente folgorante! Come spesso mi piace dire, da farti saltare sulla sedia! Il tema, introdotto prima con inquietante arpeggio e poi funkeggiato (sì, sì, proprio funky! Funkeggiavano tutti nel ’75. Erano gli anni della Disco), ricorda vagamente quello più veloce di Lord of The Thighs (link) degli Aerosmith (anno ’74). Ma non voglio fare illazioni, poiché la cosa è lieve e comunque piacevolmente accettabile. La voce di Vincenzo, intanto, introduce l’ascoltatore nella mente (link) del malato Steven. Il secondo brano (link) è estremamente a la Black Sabbath, Hard Rock granitico sin dall’introduzione, poi temperato da quell’american sound per cui divennero famosi i già pre-menzionati Aerosmith o i Kiss. Il giro del basso (dal minuto e mezzo) sembra quello di Heaven and Hell (link) dei Sabbath di Ronnie James Dio (anno 1980, questa volta le illazioni potrebbero essere al contrario. Ma sarebbero addirittura ancor più insussistenti). Steven intanto è intrappolato in una tela di ragno ed è cibo del diavolo. Più precisamente si tratta della tela della Vedova Nera (link)del terzo brano(link). Stretto un patto con la vedova nera, o con il diavolo, chissà…ecco che Steven, al quarto brano ci dice quale sarà il suo compito da adesso: in Some Folks (link), nascostamente ed in maniera ironicamente travisata (anche per mezzo dell’andamento swingato e lo schiocco delle dita), apprendiamo che il passatempo di Steven è uccidere donne e dopo di che avere rapporti sessuali con esse.

Steven aveva otto anni? Mah, probabilmente Steven è più grandetto ma ha la mente ancora ferma ad otto. Resta comunque devastato mentalmente…ed il tema dei testi di questo album comincia seriamente a fare un po’ schifo, malgrado le ottime sonorità. La successiva Only Women Bleed è un capolavoro, una ballata che vale una carriera. Roba da farti impallidire, mi creda il lettore. Tanto bella che anche un artista estremamente colto come il trombettista sardo Paolo Fresu ne faceva un caposaldo dei suoi concerti, fino a qualche tempo fa (per non parlare della raffinata Tori Amos [link]). Il pezzo è beatlesiano, o meglio più fortemente ispirato da McCartney, per essere precisi. Lo stupendo cede il posto allo schifoso del testo: Steven che abusa di sua moglie (Eh no, Steven non ha otto anni, evidentemente!). Alice Cooper, si capisce, è ironico nel trattare questi temi. E lo è anche quando in maniera forse eccessivamente ridondate ripete il concetto (Steven che adora i corpi morti! Un po’ come le igieniste dentali che vanno a bere sanbitter a casa di Mr. B.???) nei brani numero sei e sette. Rispettivamente, la energica e divertente Department Of Youth [link] (cui parecchio devono elenchi infiniti di american rock bands) e la blues-rock Cold Ethyl (link), altro brano (link audio migliore) rappresentativo dell’album, che riporta il pensiero nuovamente ai Kiss e ai Van Halen dei primi giorni. Quest’ultima, un vero inno all’etilismo, cui tanto era devoto Vincenzo Cooper.

La drammatica Years Ago, è il nocciolo dell’album: Steven ci sta raccontando di come è diventato un killer seriale psicopatico. Probabilmente dopo aver vinto regolare concorso pubblico. Dunque è Steven che si racconta a se stesso, da adulto. I ricordi nella mente del folle si confondo. L’intro con il piano di Steven [link] (nono brano, link audio migliore) è veramente da film d’orrore anni ‘70. Il protagonista di questa storia ci spiega come da una condizione di innocenza è passato a quella di pazzo furioso. Tutto ciò mentre ammazza sua madre. Eh già, i seventies rockers dovevano avere qualche problema coi loro genitori. Basti pensare a, che so, Tie Your Mother Down dei Queen o alla fantastica Custard Pie dei Led Zeppelin, ove Mr. Roberto Pianta addirittura avanza ipotesi lussuriose. Ma molto più probabilmente, lì, Mama, è solo un vezzeggiativo rivolto ad una signora che poteva essergli anche genitrice in base all’età, ma che si manteneva comunque piacente. Resta di fatto – per quanto riguarda Custard Pie – il problema edipico ed il conseguente suo complesso. Ma sono solo le prime cose che mi vengono in mente. Siamo pieni di pezzi rock contenenti invettive antigenitoriali. Sulle urla della madre che implora Steven di fermarsi sfuma il brano e si passa alla recitata The Awakening (link), che è il risveglio dall’incubo da parte di Steven. Tutto un sogno… peccato che mentre viveva l’incubo Steven abbia ucciso la moglie e le urla che imploravano “Steven” provenivano dunque non dalla madre ma proprio dalla gentil consorte. Quando Steven si rende conto di tutto ciò e che quindi non è stato solo un brutto sogno, non resta che cercare la fuga …nell’alcool! Anche qui è valido il solito discorso: Escape (link) è un gran bel pezzo, per quanto riguarda il testo… pazienza. Non siamo mica gli americani che loro possono sparare agli indiani, no? Se non interessa, lasciate il testo (fate finta di non capire l’inglese) e ascoltatevi l’album, che è ben suonato e davvero divertente. I suoni sono perfetti ed il lavoro di postproduzione altrettanto. Un capolavoro! Alla prossima, e non ammazzate vostra madre, né tanto meno vostra moglie.

Babar Da Celestropoli


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