La trama (con parole mie): gli Strange Fruit, un gruppo all'apice del successo sul finire degli anni settanta, sono sciolti e allo sbando ormai da un ventennio buono quando Tony Costello, tastierista del gruppo, incontra per caso il figlio di un organizzatore di eventi che intende mettere in piedi un Festival in cui le vecchie glorie possano farla da padroni, Strange Fruit compresi.E' l'occasione di tornare al rock e alle sue follie, senza contare la possibilità di veder girare nelle proprie tasche soldi che mancano da troppo tempo: aiutato dalla vecchia amica e manager mai ufficialmente "investita" Karen, Costello cercherà in tutti i modi di radunare e far convivere i suoi vecchi compagni in un tour attraverso l'Europa che dovrebbe culminare proprio con il grande concerto che ha messo in moto l'intera operazione.Ma l'impresa più ardua sarà, per gli Strange Fruit, fare i conti con i fantasmi del loro passato.
Questo free drink è per Vincent.
In più di un'occasione, in passato, mi è capitato di pensare di essere nato nel periodo sbagliato, tanto avrei voluto vivere la grande stagione del rock che rivoluzionò il genere e la società - o almeno ci provò - tra la fine degli anni sessanta e i settanta: anche ora, in pace con me stesso e la mia collocazione temporale, rimango comunque sensibile ai racconti legati ai mitici seventies, specie se i loro protagonisti finiscono per essere scombinati rockers dalla caotica esistenza.Da Quasi famosi a The Commitments - che, lo so, con il suddetto mitico decennio c'entra poco, ma con la musica assai -, ogni esperienza cinematografica di questo tipo tende a toccarmi nel profondo, neanche fossi anche io un residuato ed attempato musicista di una certa età sempre percorso da una certa nostalgia per gli anni d'oro della sua carriera: in questo senso, Still crazy pare proprio cucito addosso a questa sensazione, oltre ad inserirsi alla perfezione in quel gruppo di titoli pane e salame in grado di conquistarmi a suon di risate, riff a profusione e qualche lacrima, giusto per ricordare al sottoscritto che nessuno, neanche i più tosti tra i dominatori del palcoscenico, è invincibile, e per tutti, prima o poi, viene il momento di fare i conti con la vita, il concerto più tosto che si possa affrontare.Come una sorta di I love Radio Rock - che non apprezzai così tanto, comunque - ante litteram, Still crazy trova subito una sua dimensione a metà strada tra il road movie ed i film di formazione, giocando le sue carte migliori con un cast perfetto - un gruppaccio di caratteristi made in Uk che adoro dal primo all'ultimo, su tutti il mitico Bill Nighy - ed uno script onesto e scorrevole, in grado di comunicare sia agli spettatori un pò più pretenziosi - magari riuscendo a scioglierli un pò - che a quelli tendenzialmente rock e di poche pretese, orientato sulla commedia - a tratti mi è parso una versione incentrata sulla musica di The van di Stephen Frears, altro cult britannico di casa Ford - ma sempre attento a non dimenticare i sentimenti dei suoi protagonisti: certo, non sarà approfondito nell'indagine interiore dei personaggi, e alcuni passaggi potranno apparire decisamente facili, eppure tutto pare funzionare, ed i momenti cult con perle a ripetizione non mancano di certo.In realtà, la riflessione più importante dietro i lustrini, gli attacchi di batteria e gli assoli di chitarra, le notti sul bus della band e la ricerca della gloria passata è legata al tempo che passa, e finisce per portare con lui eredità che chi si sente invincibile e quasi "divino" all'apice del successo pensa che non dovrà mai affrontare: al contrario la malattia, gli anni, l'amore che si perde o non arriva mai, gli errori di valutazione e le scelte forzate bussano alla porta anche dei miti - palcoscenico o no, nascosti in manieri enormi o in ospedali psichiatrici -, e ricordano che prima di diventare quello che si finisce per diventare, siamo tutti uomini e donne a cavallo delle stesse onde, legati a chi abbiamo scelto di avere - con tutti i pro e i contro - accanto nel corso del tour dei tour, proprio come una band.In questo senso ottima la scelta di narrare con grande onestà la storia/non storia tra Karen e Tony, il conflitto tra Ray e Les e le aspettative del giovane Luke, sfruttando gli spunti senza eccedere o creando situazioni che avrebbero reso la visione decisamente più forzata - e si torna all'esempio del già citato I love Radio Rock e del suo discutibile finale -.La cosa migliore, comunque, di questo film da e di outsiders, è data dal fatto di aver fotografato al meglio la filosofia del rock anche grazie ad un pezzo splendido - The flame still burns - che riassume la voglia di non mollare e continuare a darci dentro che questi combattenti si portano e porteranno nel cuore anche quando si ritroveranno schiacciati dai loro fantasmi, dalle tensioni, dalla morte e, non ultima, dalla vita stessa: la fiamma che brucia ancora è la stessa che permette ad ogni componente degli Strange Fruit di fare pace con i suoi demoni e tornare a macinare note, sudore e fatica per il proprio pubblico ma anche - e soprattutto - per se stesso, scoprendo che, in realtà, la musica non finisce mai davvero.Certo, la scaletta potrà cambiare, qualche ritorno causare un corto circuito, i postumi della sbronza essere troppo pesanti, il cuore spezzato, gli amici perduti: eppure si potrà sempre imbracciare la propria "arma" e continuare la lotta, sentendo crescere il fuoco che nessuno, ma proprio nessuno, potrà spegnere.Perchè è il fuoco del rock.E la fiamma non brucia ancora.La fiamma brucia sempre.
MrFord
"And the flame still burns
it's there in my soul for that unfinished goal
and the flame still burns
from a glimmer back then
it lights up again in my life
in my life, yeah."Strange fruit - "The flame still burns" -