Stipendi da fame e servizi pubblici da terzo mondo!

Creato il 12 dicembre 2014 da Freeskipper
80 euro di bonus, ma non per tutti, non sono sufficienti a colmare il gap tra busta paga e costo reale della vita. Allo stipendio di un lavoratore dipendente mancano all’appello circa un migliaio di euro, tondi tondi! E a pagare il conto di una crisi economica senza precedenti sono soprattutto i travet dello Stato: stipendi da fame, blocco del turn over, e in pensione chissà come, quando e con quanti soldi!? Insomma, è terra bruciata per i colletti bianchi. Ma, a parte un discorso di dignità ed equità sociale, e a fronte dei super stipendi della dirigenza, se si vogliono servizi pubblici efficienti occorre che i lavoratori dello Stato (ministeriali, forze dell’ordine, insegnanti, medici, infermieri, ecc, ecc) siano pagati in maniera adeguata: non si possono fare le nozze coi fichi secchi!
Secondo recenti stime in soli tre anni gli Statali avrebbero perso circa ottocento euro al mese in busta paga, tra rinnovi contrattuali bloccati, inflazione, caro vita e soprattutto conversione degli stipendi dalla Lira all’Euro. Un impiegato che ieri percepiva una busta paga di due milioni e mezzo di vecchie lire, oggi arriva a mala pena a portare a casa uno stipendio da 1.400 euro!!! Impiegati dello Stato demotivati sono, pertanto, sinonimo di servizi pubblici carenti e inadeguati alle esigenze dei cittadini. I tagli alla spesa pubblica, sono gli effetti devastanti della crisi, di politiche economiche anti-crisi sbagliate, ma soprattutto della corruzione, dell’evasione fiscale e della cattiva gestione della cosa pubblica che ha dirottato le centinaia di miliardi di euro incassati dal fisco verso altri lidi che non sono certo quelli dell’efficacia e dell’efficienza della cosa pubblica. Per la Cgil la perdita reale in busta paga arriva a 4.000 euro all’anno. La forbice ipotizzata dalla Cisl va, invece, da 3.000 a 5.000 euro. Ma, numeri a parte, il guaio più serio per i dipendenti dello Stato è che nei prossimi anni la situazione peggiorerà, perché nel Dpef licenziato dal governo Renzi non sono state stanziate risorse per il rinnovo dei contratti statali, le cui buste paga rimarranno congelate fino a tutto il 2018.