La maggior parte degli scrittori, buttato giù il primo paragrafo del romanzo, avrebbe rinunciato. A che scopo continuare? In quelle prime righe trapela l’intera vita di William Stoner, una vita che sembra essere assai piatta e desolata.
La narrazione di Stoner si presenta come un lungo prologo, leggendolo ho avuto la sensazione che lo scrittore si volesse quasi scusare della voce calma e intonata di sottofondo, qui protagonista del romanzo; come a voler sottolineare, tramite parole colme di dettagli, una storia forse banale, ma pur sempre una storia.
Un prologo lungo una vita. Eppure Stoner è un capolavoro.
Ammetto che per una volta mi sono fatta influenzare dai convinti twitteri, ogni giorno diversi tweet ribadivano e sottolineavano la perfezione di questo romanzo, bello e indimenticabile, pur raccontando una vita normale, tristemente banale. Ebbene, ringrazio Twitter e il bot di @FaziEditore per la piacevole scoperta, e soprattutto ringrazio chi, a distanza di anni, ha deciso di riportare alla stampa Stoner.
Probabilmente due le principali ragioni di tanta bellezza, uno, è scritto in maniera sublime; puoi affrontare eroi e eroine, o puoi soffermarti su lunghe descrizioni naturalistiche, ma se alla base manca l’arte del saper scrivere il risultato sarà comunque deludente. Due, pur scorrendo senza colpi di scena la vita di Stoner è vera, disperata a tratti serena, meschina, odiosa, vinta e afflitta. Ogni rapporto umano descritto si intreccia con i conflitti reali che spesso accompagnano ognuno di noi, certo non siamo tutti gobbi e imbranati, ma sicuramente abbiamo problemi sul lavoro, ambizioni riposte diligentemente dentro a un cassetto, amori finiti e qualche rimpianto. Ogni lettore si può tranquillamente rispecchiare in uno o più aspetto della vita di Stoner, lo ammira per cultura, indubbia, e passione, lo disprezza quando non interviene per aiutare la figlia, piange assieme a lui quando deve affrontare la morte.
Stoner scopre la passione per lo studio quasi per sbaglio, passa dalla facoltà di Agraria al dottorato in Filosofia perché travolto dalle sue stesse passioni che ignorava avere; non dimentica mai le sue origini contadine, e osservando le mani scure con disagio trova riparo all’interno delle mure universitarie, dedicando allo studio e all’insegnamento una vita intera. Si concede la passione per l’amore tre volte nella vita, una la moglie, una passione che dura pochi giorni e si sviluppa con vendette e attacchi misti a rabbia e delusione, il secondo l’amante, rinchiusa nel proibito, forse l’unica presenza femminile che Stoner si concede di amare anche con il corpo fisico, e il terzo la figlia, lontana, astratta, tiranneggiata dalla madre e abbandonata, con affetto, dal padre.
Come dev’essere una vita degna, una vita che vale la pena vivere? Quali sono i confini di fallimento e successo? Non ho una risposta, certo Stoner ha vissuto una vita, forse non eroica, intrigante e passionale, ma normale, talmente normale che riuscire a descriverla è un’arte.
Stoner non aveva mai pensato a come potesse apparire agli occhi di un estraneo, o del mondo. Per un momento s’immaginò dal di fuori: quel che vide in parte corrispondeva alle parole di Edith. Scorse una figura in volo tra i pettegolezzi di una sala fumatori e le pagine di un romanzo d’appendice, un patetico individuo prossimo alla mezza età, incompreso dalla moglie, che nella speranza di ritrovare l’energia di un tempo frequentava una ragazza più fresca di lui, scimmiottando goffamente la giovinezza che non poteva più avere. Un fatuo, chiassoso pagliaccio di cui il mondo rideva con imbarazzo, pietà e disgusto.
Titolo: Stoner
Autore: John Williams
Editore: Fazi Editore
Anno: 1965
Prezzo: 17,50