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Stop Consumo di suolo ok, ma non è un dogma: parla Roberto Ricci, Presidente dell’Ordine degli Architetti di Rimini

Creato il 22 gennaio 2015 da Ediltecnicoit @EdiltecnicoIT
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Stop al consumo di suolo, ma non solo. Di molte cose ho parlato con l’Architetto Roberto Ricci durante l’intervista presso la sede dell’Ordine degli Architetti di Rimini, Ordine di cui è Presidente. Lo Sblocca Italia, il Regolamento edilizio unico, la difficoltà tutta italiana di applicare le leggi così come sono state scritte, il Bonus mobili ma soprattutto il concetto di riuso e la necessità di certificare tutto il progetto e non solo una sua parte o alcune sue caratteristiche, nello specifico quelle legate al consumo energetico. Ma ecco tutta l’intervista.

Lo Sblocca Italia è stato convertito in Legge a fine 2014. Al suo interno ci sono molti interventi che riguardano direttamente il mondo dell’edilizia. Che ne pensa di quel testo? Che cosa le piace e che cosa la preoccupa?
Con il decreto Sblocca Italia penso siano state poste le prime basi per cambiare le regole e migliorare il contesto del nostro lavoro.

Pur mantenendo la considerazione che il decreto poteva avere ben altro impatto sul settore edilizio, sono stati ottenuti alcuni risultati importanti, anche oltre le aspettative e più di altre categorie. In prima battuta e in attesa di una disamina completa di un testo complicatissimo, ecco alcuni articoli da evidenziare.
Aver bloccato l’inserimento di un emendamento che liberalizzava l’accesso al mercato delle società di ingegneria senza che le stesse dovessero rispettare norme deontologiche e limiti al capitale o alle attività non professionali.

All’art. 17 l’inserimento dell’elaborato progettuale per le opere interne e il parziale recepimento dei principi di RI.U.SO.

L’inserimento dell’art. 17 bis con il quale viene introdotto il Regolamento edilizio unico, che dovrà essere messo a punto dal Governo, dalle Regioni e dalle autonomie locali in sede di Conferenza unificata, in modo da uniformare norme e adempimenti, fortemente voluto dal CNAPPC e di cui gli architetti italiani si possono prendere il merito.

Le prime norme di semplificazione nelle aree a vincolo paesaggistico.

L’aver inserito il RI.U.SO nell’art. 24.

L’unica cosa che mi preoccupa, come regola generale, è che quello che fa la mano destra non lo sa la sinistra. La grande paura che abbiamo, per lo meno nella realtà emiliano romagnola, è che, trattandosi di materia di edilizia e urbanistica, dunque materia concorrente a livello normativo, quando la legge arriva alla Regione, le posizioni legiferate vengono completamente stravolte. Rischiamo di vedere nascere bene una cosa che poi, quando viene calata nella realtà, non ha più lo stesso aspetto. Per esempio, il Comune di Rimini, per quanto riguarda la CIL, si è inventato che la documentazione non è obbligatoria, però se tu non la trasmetti non ti prendono la pratica. Speriamo che nel caso dello Sblocca Italia questo non succeda. Il tumore del nostro sistema è questo: l’economia reale non esiste, esiste un’economia fatta di carta, virtuale, che non porta all’aumento del lavoro ed è una cosa che nasce morta. Abbiamo al contrario bisogno di certezze. Per esempio: quando firmiamo un certificato ai sensi del 481 del Codice penale, non ci può essere spazio perché chiunque possa dire “procediamo in un altro modo” e di lì abbia inizio una questione che si protrae per dieci anni. Questo non vale solo per i professionisti, ma per tutti. Sul settore dell’edilizia e dell’urbanistica siamo disperati e speriamo che lo Sblocca Italia sia recepito per quello che è e deve essere.

Insomma, quello che c’è scritto è buono, bisogna vedere cosa succede dopo.
Nasce bene, bisogna vedere cosa succede quando viene declinato.

La soluzione del problema generale però è molto difficile…
La soluzione è una sola: la legge deve essere una e deve essere rispettata. Purtroppo ultimamente le norme le fanno gli avvocati, ascoltando poco i professionisti che operano nel settore in base a quelle stesse norme.

Manca quindi una struttura di professionisti che si occupano di realizzarle?
Di norme ce ne sono tantissime. Basta norme! Se pensiamo che in Italia la tutela dei bene artistici e paesaggistici è nata quando le norme non c’erano, questo ci dice tutto. Abbiamo bisogno di leggi chiare e valide per tutti. Sulla carta è così, ma in realtà no.

È il discorso dell’interpretazione della norma…
Esatto, l’interpretazione lascia ampia discrezionalità per svolgere la pratica.

Un secondo argomento importante che volevo affrontare con lei è quello dei bonus fiscali. Il Governo ha varato il testo della Legge di Stabilità e abbiamo la certezza che i bonus saranno prorogati per il prossimo anno. Poi sembrava che dovesse essere inserita l’IVA agevolata (al 4%) per le ristrutturazioni e interventi di efficientamento energetico ma è saltato tutto in aria. Come professionista, a quanto sono serviti gli incentivi e a quanto serviranno in un contesto di crisi economica persistente? Andrebbero resi strutturali? L’IVA al 4% era una buona idea?
Le parlo della realtà della Provincia di Rimini che è quella che conosco meglio. Sono servite, ma non posso dire che siano state le soluzione della crisi in cui ci troviamo. È chiaro che una percentuale di lavori edili hanno avuto inizio grazie alle detrazioni, nell’ordine del 10-15%. Però, la cosa veramente utile sarebbe – dal momento che l’IVA in edilizia è molto alta (al 10 per le ristrutturazioni, al 22 per tutto il resto) e che viviamo in un territorio (parlo sempre di Emilia-Romagna) ad altissima vulnerabilità sismica – la messa in sicurezza dei nostri edifici, che è fondamentale. La nostra storia c’insegna che qui ogni 100 anni arriva un terremoto che butta giù la città. Se è vero che vogliamo favorire la messa a norma degli edifici, l’efficientamento energetico mi interessa fino a un certo punto. È un argomento interessante, ma la qualità degli edifici non è costituita solo dall’efficienza energetica, bisogna considerare soprattutto la sicurezza delle case e delle scuole. Gli interventi di consolidamento e messa in sicurezza dei nostri edifici sono importanti per evitare dei costi sociali. In tutti questi anni non siamo stati in grado di fare una politica mirata a salvaguardare e rimettere in sesto il nostro patrimonio edilizio, ma chi fa interventi di messa in sicurezza non dovrebbe nemmeno pagarla l’IVA.

Ma perché sono stati fatti interventi normativi sulla riqualificazione energetica e non è stata data la stessa importanza alla messa in sicurezza?
Secondo lei?

Arriviamo sempre tardi…
In Italia siamo maestri ad accorgerci in ritardo delle cose. Ci accorgiamo di Genova dopo l’alluvione, di Modena dopo il terremoto, quando il disastro è successo. Sulle realtà che conosciamo ad alta vulnerabilità geologica, idrogeologica, sismica, l’IVA deve essere bassa, sulle altre cose può anche essere al 22, ma la messa in sicurezza delle vite è la cosa più importante e deve avere un regime di’IVA più che agevolato. Quello sì che sarebbe un volano per l’economia. Mettere in linea le priorità, prima cosa: vita.

Sembra facile da capire ma in Italia evidentemente non lo è.
Al concetto di “riuso” Bonaccini, appena eletto alla Regione Emilia-Romagna, nel suo discorso di apertura, ha fatto riferimento. Ma è un concetto su cui già qualche anno fa il Consiglio dell’Ordine di Rimini aveva insistito: rigenerazione urbana, riuso. È un seme che è andato avanti, è stato difficile ma è cresciuto.

Sembra che chi fa le leggi non riesca a capire quello che è necessario, più che altro non sai mai se le manovre sono limpide o meno.
Io questo non lo voglio mettere in dubbio. Parto sempre dalla buona fede di tutte le persone e capisco che, quando rivesti un incarico istituzionale e ti trovi in questi ambienti, veramente fai fatica a muoverti e a fare le cose. Da fuori non le percepisci, le capisci quando ci sei dentro, ma ci sono dinamiche che non rendono possibili le azioni, per motivi precisi. Per quanto riguarda la buona politica del territorio, semplificazione delle norme e messa in sicurezza degli edifici sono le cose più importanti. L’efficienza energetica e il risparmio energetico sono importanti per vivere meglio, non voglio essere frainteso… però anche gli spazi urbani, le belle architetture rendono migliore la vita della collettività…

Oltre a tutto questo, c’è un’altra detrazione da tenere in considerazione, il bonus mobili, sicuramente utile, però rientra nel discorso fatto per le altre detrazioni.
Il bonus mobili, si, è interessante per le aziende del settore, ma francamente nessuno dei miei clienti ne ha mai usufruito.

Si discute molto di svendita delle Certificazioni energetiche su Groupon, uno scandalo che l’Antitrust tenta di regolamentare. Occorrono molte certezze e “paletti” per essere sicuri che gli utenti non vengano ingannati, è in gioco un Certificato importante. È imprescindibile impedire la vendita online o si può prevedere una soluzione di mediazione?
Della vendita on line della certificazione energetica m’importa poco. Per quanto riguarda la certificazione energetica in sé, ben venga chi la fa in modo serio e puntuale, ma come architetto guardo di più alla certificazione del progetto, non di un solo suo componente. Tutto il progetto nel suo complesso è importante, e all’interno del progetto c’è la certificazione energetica, oltre alla buona progettazione degli spazi, la composizione architettonica, l’inserimento urbano, la sicurezza, i tetti verdi, il riciclo delle acque… di tanti aspetti. La certificazione energetica è un puntino nell’ambito di un buon progetto, importante,ma un puntino.

Di architetti che fanno certificazione energetica a prezzi bassissimi a Rimini non ce ne sono più: quelli che si sono azzardati a fare questa cosa, li ho chiamati all’ordine, ho chiesto le loro motivazioni. Gli ho chiesto come facessero, con 39 euro, ad andare a fare il sopralluogo, obbligatorio, per certificare il fabbricato, i paramenti murari, gli infissi, le caldaie, le eventuali pompe di calore, a compilare il modulo della Regione, da timbrare e consegnare. Innanzitutto il Codice Civile dice che la prestazione dev’essere parificata all’importanza dell’opera che va a fare. Detto questo, delle 39 euro, 18 rimangono a Groupon. Quindi, probabilmente, la certificazione energetica in quel caso non l’hai fatta come la dovevi fare, probabilmente non hai fatto il sopralluogo, non hai seguito la legge e soprattutto hai fatto concorrenza sottocosto, e quindi sleale, che non può esistere. Le risposte che abbiamo ricevuto dai colleghi chiamati non erano allineate con le dinamiche corrette, di conseguenza sono stati presi provvedimenti.

Lei andrebbe a farsi operare di appendicite da un dentista? Si farebbe fare un intervento delicato da uno che non è un medico o che non guarda neanche le sue analisi? Il concetto è esasperato, ma è questo.

È però anche una questione di cultura del cliente. Si tratta di una pratica scorretta da parte dei professionisti che la fanno, però Groupon ha venduto queste certificazioni. Allora significa che dall’altra parte c’è un cliente che si accontenta.
D’altra parte il cliente riceve il foglio, ha la sua certificazione energetica e ha risolto un problema. Ma facciamo un esempio. Chi fa la certificazione energetica non veritiera decide di mettere un edificio che avrebbe dovuto inserire in categoria B in categoria C, in modo che, dovesse succedere qualcosa, si sta dalla parte del sicuro. Ma sul mercato, un edificio in categoria C rispetto a uno in categoria B ha un valore diverso, inferiore. Concludo che, per risparmiare 200 euro, ho svalutato un’immobile magari di 40.000 euro. Il cliente dovrebbe essere consapevole di questo, se non lo è si tiene la certificazione energetica comprata a poco prezzo. Con un’intelligenza media, sono cose che si possono capire.

I nodi vengono al pettine, prima o poi.
Si, come vengono al pettine nel caso in cui venga fatta una verifica su un determinato edificio, certificato in una classe energetica, che poi si scopre non appartenere a quella classe. Conseguenza: l’acquirente chiama in causa il venditore e gli chiede i danni. I committenti, in questi casi, probabilmente non si rendono conto di quello che può succedere, ma i Tribunali sono pieni di queste cause. La stessa cosa vale per chi rilascia la certificazione acustica senza una vera rispondenza. La certificazione antisismica è invece già più cogente: in quel caso i controlli sono più severi, ci sono i collaudi, c’è la certificazione dell’impresa che ha eseguito i lavori. Sulla sicurezza non c’è questo tipo di svendita, siamo più puntali, non ha nulla a che vedere con quello che sta succedendo con la certificazione energetica.

L’Italia soffre di una malattia gravissima: non riesce a smettere di mangiare suolo. Ha come un verme solitario che attacca il territorio. Ultimamente qualcosa è cambiato, ma sembra non essere sufficiente, sembra che l’azione dei privati sia quasi svincolata dalla normativa che evidentemente non è sufficiente. Cosa bisogna fare in più?
Perché svincolata?

Mi spiego meglio: sembra che non ci sia la possibilità di fermare il consumo del suolo nuovo. Se ne parla molto, ma evidentemente ci vorrebbe una legislazione più forte. O sbaglio?
Premetto che io, Roberto Ricci Architetto, sono assolutamente contrario all’aumento del consumo di suolo. E sono contento che anche Bonaccini ne abbia parlato: stop consumo del suolo, e riuso. Abbiamo una serie di edifici da mettere in sicurezza e dobbiamo riutilizzare quello che abbiamo. Ciò non significa però che per raggiungere questi obiettivi non dobbiamo più costruire. Se ho la necessità di costruire un servizio in un spazio urbano vuoto (a Rimini ce ne sono moltissimi), quel servizio lo devo realizzare. Non posso ragionare così: in nome del consumo del suolo, basta, stop, non costruisco più niente. Se tu ti rendi conto che nei contenitori esistenti non puoi realizzare una situazione, nella visione generale di uno spazio urbano, di una città, puoi prevedere di costruire qualcosa. È chiaro che non può più esistere la politica espansiva per il residenziale. Anche perché, anche se ci sono le aree libere per costruire, un imprenditore non costruisce neanche se gli regali il terreno, perché non c’è mercato. Quindi è un problema, quello del consumo di suolo, che lascia il tempo che trova. Al contrario, un privato ha interesse a recuperare un edifico esistente.

Perciò è la crisi che ha bloccato secondo lei l’eccessivo consumo di suolo?
Non solo la crisi. Si tratta anche di un modo nuovo di concepire la città. Il Piano Strategico di Rimini è un esempio di come occorra trovare convergenza nelle programmazioni urbanistiche della città, un Piano preso a modello da diverse città che ce lo vengono a chiedere come modo di azione e indirizzo – anche politico – per la visione della città futura. Il Piano di Rimini è stato approvato all’unanimità dal Consiglio Comunale e Provinciale, una cosa che non è mai successa. Anche le azioni politiche attuali sono condizionate da quella visione: sulla linea del Piano Strategico il sindaco è riuscito a ottenere cose importantissime. Per esempio, la città ha ottenuto gratuitamente il lungomare dal demanio, e sul lungomare dovrà essere progettata una nuova Rimini, in base alla visione del progetto generale. In più, grazie a questa visione del futuro e a questo Piano strategico, sono arrivati molti finanziamenti. Insomma, secondo me le idee sono le cose vincenti e non c’è una regola tassativa, una regola che vale sempre. La regola generale è “basta consumo del suolo”, va bene. Ma aggiungo riuso, messa in sicurezza dell’esistente, recupero, il tutto ci dà una visione generale della direzione che dobbiamo prendere. Servono le idee, e le idee devono essere partecipate e condivise. In questo modo si arriva lontano. Ciò che ha messo in moto il sistema di operare sul Piano strategico di Rimini è proprio questo concetto.

Cambiamo tema, chiudiamo l’intervista su un argomento completamente diverso. Recentemente Matera ha vinto: è diventata Capitale europea della cultura. Una delle avversarie era la vicina Ravenna. Gli Architetti sono molto coinvolti quando si parla di cultura, in particolare quando si parla di urbanistica, riqualificazione dei centri storici ed eventi, e a proposito di questo ho anche intervistato De Finis, consigliere dell’Ordine di Matera. Ha seguito la “gara”? Secondo lei, dove ha sbagliato Ravenna?
Le rispondo in base a quello che ho sentito dire perché ammetto di aver seguito marginalmente la dinamica e l’evoluzione di tutto il processo. Conosco bene il Presidente dell’Ordine di Matera e so che sono entusiasti del riconoscimento ricevuto. Quello che sento dire in alcuni consessi è che Ravenna non è stata in grado di fare rete in modo opportuno, specialmente con i territori limitrofi. Rimini ha fatto parte di questo percorso, ha sposato la candidatura di Ravenna e ha fatto anche azioni in quella direzione, ma quello che ho sentito dire è che Ravenna non ce l’ha fatta perché nella nostra Regione non è stata in grado di fare rete. Poi cosa s’intende con “fare rete” non so…

Probabilmente si trattava prima di tutto di coinvolgere di più l’entroterra ravennate, prima della Regione, con iniziative culturali o simili.
Probabilmente si.


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