Sul lavoro, sono responsabile dell'inserimento dei dati in un database. Da quello che ho capito, i dati più urgenti da inserire sono i regolamenti (ovvero l'impianto di tutto il corso di laurea) e la programmazione (ovvero i corsi attivi per il primo e il secondo anno), il tutto per 3 corsi di laurea. Da quello che so, i regolamenti e le programmazioni saranno identici a quelli dell'anno scorso, tranne alcune variabili trascurabili. Da quello che ho capito, il software dovrebbe permettere automaticamente di replicare regolamenti e programmazioni da un anno all'altro. Da quello che mi hanno detto, non è importante che io metta subito le coperture, ovvero chi fa cosa. E allora mi chiedo come potrebbe essere che questo software mi richieda più di una settimana di lavoro. Mi chiedo perché, se il software verrà aperto al 15 giugno, io non dovrei farcela a inserire tutto entro il 30 giugno e andarmene in congedo parentale a luglio e agosto.
Oltretutto, che io intendessi prendere l'estate di congedo parentale era noto dal 15 ottobre dello scorso anno: il mio preside era d'accordo, le mie colleghe pure. Oltretutto, il programma ha subito enormi ritardi nella chiusura dello scorso anno accademico (dal 15 febbraio al 15 maggio e ora slitterà forse alla fine di maggio) e quindi sono abbastanza certa che fino a fine settembre i giochi non si chiuderanno. Oltretutto, ho dato la mia disponibilità a lavorare da casa, durante il mio congedo parentale, senza essere retribuita perché l'università non lo prevede.
Mi chiedo che cosa dovrei fare di più, per non costituire un problema.
Poi, su FB, mi trovo infognata in una discussione lanciata da Vere Mamme sul tema del congedo condiviso. Molte donne sembrano pensare che poter dividere i 5 mesi di maternità col proprio marito sia una mina per l'attuale legge sulla maternità. A me, posto che i 5 mesi siano davvero obbligatori, non sembra affatto. Anzi, mi sembra che ciò possa aiutare le persone che lavorano in proprio o in nero, che non hanno diritto a niente e il cui compagno adesso non può prendere la maternità obbligatoria per aiutarle. Oltretutto, visto l'andazzo, non penso che saranno tante le donne che vorrebbero tornare al lavoro in favore del marito che sta a casa, e le aziende continuerebbero a dare per scontato che la donna tende a stare a casa con i figli piccoli. Anche perché non nascondiamoci dietro un dito: nella maggior parte dei casi, siamo ben contente di stare a casa a fare le chiocce coi nostri neonati a stipendio pieno (o all'80% in caso di co.pro.). Culturalmente, pochissimi uomini si sentirebbero realizzati a stare a casa a badare alla prole, anche solo per qualche mese, mentre per una donna spesso la maternità viene avvertita come l'apoteosi della femminilità.
Però alcuni uomini lo farebbero, anche solo per aiutare le proprie donne a tornare al lavoro (cosa che dovrebbero fare ugualmente, se no addio clienti e addio lavoro) senza dover lasciare il proprio neonato a tate prezzolate, per quanto premurose.
Non lo so, forse seguire lo spannolinamento di Ettore ha leso i miei neuroni. Forse nell'acqua della cascina mettono sostanze psicotrope. Forse gli altri sanno cose che io non so. Ma allora ditele, così non sto a fare figure.
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