Storia del colore

Creato il 22 settembre 2010 da Theanonymato

Il colore, sin dall’alba della civiltà, è sempre stato lo strumento espressivo più conosciuto e diffuso fra tutte le popolazioni della terra.

Vi sono testimonianze dell’utilizzo di pigmenti da parte dell’uomo già 15.000 anni fa, nelle pitture rupestri, ritrovate nelle grotte di Altanira in Spagna e di Lascaux in Francia, in cui popolazioni primitive esprimevano i loro rituali artistici, magici e religiosi.
L’utilizzo di questi pigmenti avveniva riducendo le materie prime (minerali gialli, rossi, bruni, neri e bianchi) in polvere, con rudimentali pestelli d’ossa o ardesia, impastando poi il tutto con acqua e grassi animali, e applicando il colore con le dita o con pennelli fatti con strisce di pelle animale. Nelle botteghe dei pittori egiziani sono stati trovati colori bianchi, azzurri, rossi, gialli, già impastati con un collante resistente che gli studiosi pensano trattarsi di colla di bue. Gli Egiziani avevano grandi cognizioni di chimica e preparavano colori utilizzando il rame (per il verde), ocre gialle, rosse, brune, miscelandole al miele e a gomme per rendere i colori più brillanti e duraturi. I Greci e i Romani si approvvigionavano di colori vegetali dagli indiani. La civiltà ellenica, con tutto il suo sapere, sviluppò al massimo l’arte del dipingere. Gli alchimisti dell’epoca riuscivano a preparare il cinabro (solfuro di mercurio), la biacca (solfuro di piombo), il minio, le ocre.

Nel corso del tempo, il senso del colore si è sviluppato con l’evolversi delle civiltà, ampliando le conoscenze su diversi leganti e terre, attraverso i numerosi viaggi di esploratori e missionari, che riportavano interessanti notizie sull’arte di verniciare dei popoli più lontani. Secoli di esperienze hanno dotato l’uomo di una tecnica di tinteggiatura consolidata da una pratica continua.

Nel primo cinquantennio del ‘900 le terre coloranti sono state i pigmenti più utilizzati nella coloritura murale, per il loro facile reperimento, per la loro facilità di dispersione, per la stabilità, la loro innocuità e il loro relativo buon prezzo.
La gamma delle tinte che si trovavano era vastissima ed esistevano tante realtà locali, anche piccolo-artigianali, che estraevano e producevano terre coloranti che poi proponevano al mercato locale. Le case di una determinata zona erano colorate con le terre che si trovavano in loco, le città si caratterizzavano di propri colori (la terra gialla di Verona, il rosso di Venezia, la terra di Siena…).
Solo nel veronese, zona da sempre ricca di terre coloranti di varie tonalità, si contavano una ventina di ditte che producevano terre coloranti.
La coloritura delle facciate era semi-coprente e richiedeva una certa esperienza nell’applicazione. Il colore faceva tutt’uno con la malta, diventando resistente alle intemperie. L’effetto della luce del sole si rifletteva sulle facciate dando luminosità alla stesse.

Tutto questo, attorno agli anni ‘50, subì una brusca contrazione. L’introduzione delle pitture sintetiche rivoluzionò il mondo della decorazione murale: criteri di formulazione utilizzati per secoli furono abbandonati o profondamente innovati.
I vantaggi che gli applicatori trovarono erano molteplici: la copertura permetteva a chiunque di raggiungere discreti risultati, e la resa cromatica giustificava il maggiore costo del prodotto. Le nuove pitture sintetiche mostrarono però ben presto i loro lati negativi: il’elevata capacità di copertura, che da un lato facilita l’applicazione, dall’altro crea criticati effetti di “sordità” e “piattezza” di tinta, facendo assomigliare le finiture a quinte scenografiche senza profondità.
I nuovi prodotti a base di resine polimeriche pellicolanti sostituirono completamente le pitture a calce, stravolgendo così l’equilibrio coloristico e l’identità di molte città italiane. L’utilizzo delle terre, infatti, preservava il qualche modo la storia di una determinata località.
Le ditte produttrici di terre coloranti si trovarono in difficoltà: cercarono di combattere questa spietata concorrenza abbassando i prezzi delle terre e deprezzando il prodotto nella qualità. La situazione del mercato e questa politica di vendita costrinsero quasi tutte le aziende a chiudere l’attività.

Le fotografie inserite nell’articolo sono state scattate presso la bellissima sede della ditta Dolci a Verona (www.dolcicolor.it)

Per saperne di più sull’attività e sullo spazio di questa ditta vi consigliamo di leggere l’articolo THE COLOR FACTORY: IL LABORATORIO DOLCI A VERONA.

Le fotografie sono state scattate da Giovanni Gallio (www.giovannigallio.it)


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