In un panorama, in cui spesso gli artisti ripiegano i propri istinti di fronte al denaro, ci sono ancora persone che non smettono di scrivere musica degna di esser chiamata tale, senza chiudersi a riccio, ma anzi creando consensi agli amanti del genere.
Stiamo parlando degli Alter Bridge, gruppo nato nel 2004; forse è più giusto dire evoluzione dei “Creed”. Mark Tremonti (chitarrista), Scott Phillips (batterista), Brian Marshall (bassista), orfani di Scott Stapp, desideroso di una carriera da solista, hanno deciso all’unanime di uscire fuori da uno stile un po’ troppo soft, per dedicarsi ad un lavoro che risalti al meglio le loro qualità ed il loro essere.
Passato tutto il 2003 alla ricerca di un cantante, la scelta finale è ricaduta su un certo Myles Kennedy, allora frontman dei Mayfield Four. La ricerca di un Metal alternativo ha spinto Tremonti a cercare una voce dinamica, intensa, e che puntasse nella stessa direzione del gruppo. Gli Alter Bridge nascono ad Orlando, in uno studio di prova, e fin dalle prime battute nasce un’empatia tra gli ex Creed ed il nuovo arrivato Kennedy; gli stili si coniugano alla perfezione, le idee anche, e tutto in una sola seduta di prova.
La scelta del nome è stata abbastanza immediata: deriva da un ponte di Detroit vicino casa di Tremonti, e veniva visto come un confine oltre al quale c’era un mondo sconosciuto, ignoto. Il nome non è casuale, proprio perché l’idea dei quatto è non porsi limiti e lasciare che ogni singola idea musicale li porti ovunque, anche a superare “quel” limite. I lavori per il primo Cd iniziarono praticamente subito, e nonostante One Day Remains, abbia ancora qualcosa di “Creed” si intravede fin da subito l’ampiezza del lavoro, che ricopre vari generi: rock moderno, soul, fino al Metal, melodico ma aggressivo.
Di fatto le caratteristiche degli artisti si prestano ad un ampia gamma di scelte: la voce di Kennedy lirica e tonante, permette di entrare in contesti particolari; Tremonti riesce di fatto ad impreziosire ogni canzone con riff che restano nella mente, anche se di fatto almeno nel primo cd, si limita a quello (se non per l’assolo degno di nota in Open Your Eyes). La ricchezza dell’album e tanta e si percepisce fin da subito; si passa da un brano a tinte Metal quale “Find the Real”, al Rock vigoroso di “Broken Wings”, fino alla dolce melodia di “In Loving Memory” (canzone scritta da Tremonti, dedicata alla madre scomparsa).
Il primo Album ebbe un buon successo, ma nonostante tutto la casa Wind-Up spingeva per una Reunion dei Creed, vedendo gli Alter Bridge come un progetto incerto e troppo “esteso” e quindi poco sicuro dal punto di vista degli incassi. Le scelte per gli ex Creed erano due: Superare “il ponte”, o tornare indietro e inginocchiarsi al Dio denaro.
Il cambio fu forte e radicale: I ragazzi recisero il contratto con la Wind-Up Records e produssero, nel 2007, a proprie spese, il nuovo album, il passo per superare il ponte. Sottoscrissero un contratto con la One-Repubblic, trovando così l’etichetta disposta a finanziare la pubblicazione, e così nacque il secondo album, definito da Tremonti stesso: “il miglior lavoro mai fatto”: Blackbird.
Dall’album furono estratti i singoli Rise Today , Ties That Bind, classificatosi 3º miglior singolo nella UK Rock Chart, Watch Over You e Before Tomorrow Comes.
E finalmente Tremonti da il meglio di se! Esce fuori il vero Mark, chitarrista di livello eccelso e dagli assoli vibranti, e non a caso, quello nella canzone “Blackbird” sarà eletto come miglior assolo di chitarra di sempre dalla rivista Guitarist. Il successo degli Alter Bridge venne fuori come la lava di un vulcano.
Kennedy fu contattato per una collaborazione con i Led Zeppelin, che declinò gentilmente per dedicarsi al lavoro ed ai Tour (che riscossero grande successo) con la propria Band. Gli Alter Bridge diventano un fenomeno ed una band affermata nel campo musicale. Sei anni sono passati dall’esordio e questa volta il compito dei Bridge non è semplice come sembra. Confermare tutto ciò che di positivo c’è stato, senza però cadere nel ripetitivo, nella noia non è affatto un compito semplice, soprattutto dopo un album come Blackbird. Nonostante tutto però, con dispiacere per gli scettici, la Band tira fuori un lavoro addirittura superiore a Blackbird, da ogni punto di vista. Myles Kennedy ormai è il frontman e prende in mano le sorti della Band, anche se ciò non esclude il lavoro sempre eccelso di Tremonti come di Phillips e Marshall, più che semplici tappabuchi.
L’Album, AB III ha tutto: il di Phillips, sempre più completo alla batteria, la pulizia del suono di Marshall, la chitarra sempre perfetta di Tremonti, e le tonalità sempre più alte di Kennedy. Di fatto AB III perde un po’ nelle melodie, ma diventa un album introspettivo. Kennedy lo definirà come il dialogo di due persone: un uomo distrutto che vede sparire e frantumarsi tutto ciò in cui credeva, ed un altro che prova a rassicurarlo con la sua presenza.
Si passa da un cupo “Slip To the Void” ad Isolation (singolo dell’album), pezzo veloce cattivo e pieno di tecnica musicale. L’album conquista tutti e fa il tutto esaurito a Wembley (non roba da poco), dimostrando che il lavoro e la voglia di fare paga sempre. Si sono messi in gioco, rischiando, ma ne è valsa la pena. Il loro lavoro continua (un nuovo disco è già in cantiere) e siamo sicuri che questa Band ha ancora tanto da dire nel panorama musicale. Certo, far meglio di così è anche difficile, ma questo si diceva anche prima dell’uscita di AB III, quando tutti non pensavano si potesse far meglio di Blackbird…
a cura di Ernesto D’Ambrosio
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