Storia della narcoguerra in Messico 2005-2011

Creato il 27 dicembre 2011 da Vfabris @FabrizioLorusso

di Eder Gallegos

[Ho tradotto all'italiano questo articolo (in spagnolo) dello storico e blogger messicano Eder Gallegos che costituisce un "esercizio di storia immediata" sul tema della guerra al narcotraffico in Messico, un tema spesso poco compreso nelle sue dinamiche e cause; alla fine dell'articolo allego una cartina "didattica" degli stati in cui è suddiviso il Messico, in aggiunta a quelle esplicative dell'autore dallo stile "geopolitico", per rendere più facile la comprensione dello stesso; le aggiunte mie sono indicate in parentesi come n.d.t., note del traduttore, Fabrizio Lorusso]

La storia immediata, ramo della storiografia che si dedica a chiarire processi vicini al presente, si differenzia dal giornalismo perché applica la metodologia e la narrazione tipiche delle discipline storiche. Comunque, proprio per la sua “immediatezza”, soffre dello stesso endemico problema che hanno le sue gemelle che ragionano e indagano sul tempo al passato remoto: l’obiettività. Eric Hobsbawm segnala in The Age of Empire che lo storico possiede sempre una relazione molto personale con una determinata epoca, anche se questa non è stata da lui vissuta direttamente, ma magari solo in modo mediato, attraverso qualche membro della propria famiglia o altri informanti e testimoni. Pertanto questo è un semplice esercizio di ricostruzione elaborato dal presente messicano e proiettato al futuro, dato che la nostra problematica immediata sarà, un giorno, storia e soprattutto perché, quando ci mettiamo disquisire su questo tetro presente, non possiamo fare altro che rievocare la lunga serie di guerre civili che il nostro paese già ha sperimentato.

Come ricorda giustamente Marshall Mcluhan in The médium is the massage, “quando ci troviamo di fronte a una visione completamente nuova, tendiamo sempre a restare legati al sapore più recente. Guardiamo il presente dallo specchietto retrovisore. Retrocediamo verso il futuro”. Il processo storico della narcoguerra, simile a una guerra civile, ormai s’è trasformato e intensificato: da sparatorie isolate a conflitti tipo “guerriglia urbana” dai macabri risvolti, con scene mai viste da un secolo a questa parte. Da qui l’esigenza di un esercizio di storia immediata che parte da un paio di domande. Quando è cominciato tutto questo? Dove è diretto questo processo?

A) Da una sottile linea d’incertezza allo scoppio dell’incendio in tierra caliente (Stato di Michoacán): 2005-2006.
Il problema è cominciato quando il vecchio Partido Revolucionario Institucional (PRI) (per 70 anni alla guida del paese come partito egemonico in una cornice apparentemente democratica, n.d.t.), scaturito dall’assetto post-rivoluzionario del 1910-17, è andato perdendo il suo potere. I nuovi politici del Partido Acción Nacional (PAN) (partito che ha portato alla presidenza: Vicente Fox 2000-2006 e Felipe Calderón 2006-2012, n.d.t.) hanno deciso di autonominarsi “paladini della giustizia” punitiva ma non di quella sociale, il che ha fornito tanti uomini alle file del narcotraffico. Le vecchie reti di complicità, impunità e controllo dei narcos che il PRI aveva tessuto si sono progressivamente sfaldate dinnanzi alle nuove reti create dal PAN e dal nuovo e fiammante “sistema democratico”.


Immagine 1. Il vecchio ordine con le strade del narcotraffico e i loro padroni nel 2005. Il segreto sta nel controllare porti e i punti di accesso di frontiera verso gli Stati Uniti. Il carburante della criminalità organizzata è la povertà crescente che colpisce un 60% dei messicani. Gli Usa, primo consumatore di droghe e produttore di armi, sono la bombola d’ossigeno dei narcos.

Nel 2005, ultimo anno della gestione di Vicente Fox, la situazione era tesa nel mondo del narcotraffico. A Est, il Cártel del Golfo (CDG) aveva costituito un esercito paramilitare composto da disertori delle forze d’elite dell’esercito messicano, esperti in sanguinarie tattiche contro insurrezionali, eredità dei conflitti in Centro America. Questo gruppo, autodenominatosi Los Zetas, ha scardinato il canone tradizionale del sicario “ubriacone” armato con una 9mm per imporre quello di un personaggio dalle conoscenze tattiche e strategiche molto avanzate. Gli Zetas facevano e fanno paura per la loro disciplina e le loro operazioni brutali, una vera minaccia per il resto dei cartelli tradizionali che ancora mantenevano l’ordine che aveva costruito il capo Miguel Ángel Félix Gallardo (boss storico degli anni 70 e 80, fondatore del Cartello di Guadalajara, precursore di quello di Sinaloa, in carcere dal 1989, n.d.t.).

Gli Zetas avevano e hanno la tremenda abitudine di diversificare il loro business dal narcotraffico ai rapimenti e la spoliazione di proprietà. Per questo motivo nello Stato centrale del Michoacán è iniziata un’ondata terribile di crimine che ha risvegliato le aspirazioni revansciste degli antichi gruppi di narcos locali che hanno organizzato una ribellione contro gli Zetas con la fondazione del cartello della Familia Michoacana (FM). L’accadimento che fece scoppiare la guerra su grande scala si verificò il 6 settembre 2006 quando 5 teste umane furono lanciate dalla FM in una discoteca della città di Uruapan (inizio della pratica delle decapitazioni come macabri “messaggi” tra i bandi in lotta, n.d.t.).


Immagine 2. 2006. Inizia la Guerra. La prima mossa è la creazione della Familia Michoacana e l’espulsione del Cartello del Golfo/Zetas da Michoacán. Presto La Federazione (Sinaloa) avrebbe cercato un ingresso agli Stati Uniti a spese dei vecchi cartelli di Tijuana e Juárez.

Fu così che cominciò la riuscita espulsione degli Zetas da Michoacán. Questo fatto ha rotto l’aura d’invincibilità che accompagnava gli Zetas nel mondo della delinquenza organizzata e e ha spinto i restanti cartelli a lanciare delle piccole offensive in tutto il paese per espandere i propri territori e sostituire i vecchi armamenti con granate e potenti fucili automatici (come i famosi cuerno de chivo o AK 47, n.d.t.).

I cartelli del Pacifico, che prima lavoravano relativamente per conto loro, si sono unificati in un’organizzazione che è stata denominata La Federación o Cartello di Sinaloa. Se la Federación voleva sopravvivere al CDG-Zetas doveva entrare in possesso stabilmente di un passaggio attraverso la frontiera settentrionale, un passaggio automatico ai dollari e alle armi del vasto mercato degli stupefacenti statunitense. Le victime di questa strategia furono i cartelli tradizionali di Tijuana e di Juárez operanti nel nord del paese.

B) Il Nord si frammenta e le alleanze si spezzano: 2007-2008.
Con le sue tattiche antiquate il Cártel de Tijuana non è stato un gran rivale per i commando ad alta velocità di Sinaloa e i suoi metodi mafiosi del terrore consistenti nello scioglimento in acido e soda caustica (“pozolear”) e smembrare i corpi dei nemici.


Immagine 3. 2007. La guerra imperversa nelle città di Tijuana e Cd. Juárez per l’avanzata della Federazione. Ci sono scontri minori nel Tamaulipas en el centro del paese che, però, presto avranno un impennata.

Il Cártel de Juárez (la storica organizzazione del capo, scomparso nel 1997, Amado Carrillo Fuentes, alias el Señor de los Cielos, che controlla la via d’accesso agli Usa da Ciudad Juárez, n.d.t.) già stava preparando i suoi propri squadroni paramilitari (La Linea, Los Aztecas) ed è stato un osso duro da combattere per i gruppi di Sinaloa. Se Tijuana è stata lo scenario di battaglie urbane impensabili fino a pochi anni fa, ebbene Ciudad Juárez è diventata un vero e proprio campo di sterminio in cui a migliaia si sono accumulati i morti, insieme all’impunità e alle vittime innocenti in 4 lunghi anni, senza tregua. I vecchi cartelli si sono visti assediati nelle loro capitali e quello di Tijuana è stato il primo a capitolare. Una situazione da un certo punto di vista “positiva” per gli abitanti della città californiana che hanno vissuto solamente alcuni mesi di scompiglio. L’obiettivo era stato raggiunto e Sinaloa aveva ottenuto le sue porte d’ingresso agli USA: Tijuana, Otay, Mexicali e Nogales sono ormai degli avamposti fissi da cui entrano milioni di dollari nelle casse “dell’impresa”.

Intanto, nell’Ovest, nella zona Nord-Est – nella Frontera Chica di Tamaulipas (vedi link sull’Autostrada dei desaparecidos) – e nel centro del paese, il cartello di Sinaloa (capeggiato dal narco più famoso e ricco del mondo, El Chapo, Joaquín Guzmán Loera, n.d.t.) inizia a penetrare nel territorio che tradicionalmente era dominato dal Cartello del Golfo, però la partita finisce con un costoso e sanguinoso “pareggio”.


Immagine 4. La frammentazione dei cartelli. Nell’Ovest, la Federazione si spezza nel Cartello di Sinaloa e in quello dei leali ad Arturo Beltrán Leyva. Nell’Est il CDG (Cartello del Golfo) resta con i suoi territorii tradizionali nel Tamaulipas mentre gli Zetas s’impossessano del centro e del Sud del paese.

L’avanzata sul campo della Federazione/Sinaloa non trova una corrispondenza con gli accordi a livello interno. Al principio del 2008 il governo ha arrestato Alfredo Beltrán Leyva “Mochomo”, leader di una delle principali fazioni della Federazione, quella dei fratelli Beltrán Leyva. Questi fratelli, provenienti da una famiglia di grandi tradizioni nello Stato del Sinaloa, erano quelli che avevano sopportato maggiormente il peso dei combattimenti nell’Est del Messico e nel centro (zona di Cuernavaca, Morelos, e Pacifico Sud, n.d.t.). Ben presto cominciarono a circolare dei pettegolezzi circa il possibile tradimento del capo, El Chapo Guzmán, nei confronti dei suoi alleati e si scatenò una terribile spirale di vendette che coinvolse parenti e consanguinei a vari livelli delle due famiglie di Sinaloa oltre e implicò una redistribuzione dei rispettivi territori d’influenza.

Dopo l’abbandono della Federazione da parte dei fratelli Beltrán Leyva, questa s’è divisa in quattro zone. Sfrotunatamente per i Beltrán le loro zone d’influenza sono rimaste separate da ampie frange territoriali sotto il controllo di gruppi ostili. Il recupero di quelle zone ha acceso il conflicto nel Sinaloa (nord Pacifico), nel Morelos (centro sud), nel Coahuila (nord) e nel Michoacán (centro nord). Perché Michoacán?

La Familia Michoacana aveva stretto una proficua alleanza con Sinaloa (gruppo del Chapo) per cui i “michoacanos”, forti della pace con la Federazione/Sinaloa lungo i confini settentrionali con lo Stato di Jalisco, s’erano potuti concentrare sulla lotta per il controllo delle redditizie montagne del meridionale Stato di Guerrero (confinante con Michoacán e produttore di marijuana; città importanti: Acapulco, Taxco, Chilpancingo, n.d.t.) e sull’espansione verso i tristi sobborghi che circondano la capitale nell’Estado de México, la regione amministrativa intorno a Città del Messico/Distretto Federale.

Nel frattempo nemmeno il Cartello del Golfo riusciva a gestire le relazioni col suo braccio paramilitare armato al meglio. Il potere accumulato dagli ex corpi militari d’assalto ha cominciato a creare rivalità tra i due bandi (Zetas e CDG) e durante il biennio 2008-2009 è iniziato il distacco tra i due ex alleati ma senza scontri. Quando i fratelli Beltrán Leyva attaccano lo stato nordorientale di Tamaulipas, semplicemente il CDG viene lasciato alla sua sorte dagli antichi alleati.


Immagine 5. 2009. Il recupero da parte del Cartello di Sinaloa dei territori del dissidente Arturo Beltrán Leyva fa scoppiare la guerra in tutto il paese. Ciudad Juárez continua a soffrire lo scontro brutale per il redditizio accesso agli USA. Gli Zetas espandono la loro influenza ai danni dei cacicchi appartenenti al vecchio partito politico PRI e s’instaura il regno del terrore per i migranti (soprattutto centroamericani diretti a Nord) dinnanzi alla passività del governo.

C) Preludio dell’anarchia e il Requiem del bicentenario: 2009-2010.
Il 2009 è stato un anno confuso. In seguito al recupero da parte del Cartello di Sinaloa dei territori perduti, in tutto il Messico cominciano a verificarsi degli scontri che aumentano in brutalità e violenza. Ciudad Juárez continuava a dissanguarsi, la Frontera Chica a Nord-Est cominciava a farsi notare come campo di battaglia, la zona della Comarca Lagunera (Nord del paese) e anche gli Stati di Morelos, Sonora e Sinaloa ci mettevano il loro buon numero di morti e terrore.

Gli Zetas hanno mantenuto un basso profilo nel 2009 a causa della perdita degli accessi alla frontiera con gli USA, in seguito alla rottura con il CDG. Quindi hanno dato maggiore importanza e attenzione al redditizio business del traffico e dell’estorsione contro i migranti nel Sud, sconfinando addirittura in Guatemala dove si sono resi colpevoli di vari infami massacri. Gli Zetas hanno assorbito i vecchi cacicchi degli Stati di Guerrero, Oaxaca, Veracruz e Chiapas e hanno instaurato un baronato nel Messico meridionale, dimenticato e povero, in cui imperano il sequestro di persona e il terrore.

Silenziosamente vari luogotenenti narcotrafficanti hanno propiziato alleanze tra diverse fazioni in lotta con l’intenzione di riportare l’ordine, per cui alcuni ex nemici si sono ritrovati uniti per cause comuni. Il Cartello di Juárez e i Beltrán Leyva si sono avvicinati agli Zetas, le vecchie ruggini sono state rimosse visto che questi tre sono i cartelli più colpiti da quello di Sinaloa. Questo, dal canto suo, ha preso a dialogare con la Familia Michoacana e i suoi antichi rivali del CDG che, abbandonati dai loro ex cani da guardia, gli Zetas, si trovavano in una situazione disperata nella loro lotta contro la fazione dei Beltrán Leyva. Nasceva così l’aggruppamento dei “Cárteles Unidos”.

Il Governo decide la sua giocata – in modo quasi definitivo – in favore del Cartello di Sinaloa quando il 16 dicembre 2009 abbatte il boss ribelle dei Beltrán Leyva. Il jefe Arturo muore crivellato dopo un Lungo e sanguinoso scontro a fuoco con le forze Della Marina nazionale nella località turistica di Cuernavaca, meno di 90km a sud di Mexico City.


Immagine 6. 2010. I cartelli dei narcos formano due grandi gruppi. Cárteles Unidos: CDG, Sinaloa e Familia Michoacana. Gli Zetas sostengono i cartelli ormai asfissiati dei Beltrán Leyva e di Cd. Juárez e intraprendono un’impressionante movimento verso il Nord per impossessarsi degli accessi di frontiera nel Nuevo León e Coahuila; a sud invadono il Guatemala. Cárteles Unidos riesce a contenerne l’avanzata nel Nord e prepara la controffensiva. Tutti s’affrettano a riempire i vuoti lasciati dagli assassinii di Arturo Beltrán e Nacho Coronel (boss di Sinaloa nel Nord-Ovest). Il caos si fa sentire con migliaia di vittime (alla fine del 2011, si stimano in circa 60mila i morti e oltre 16mila i desaparecidos legati alla narco-guerra, n.d.t.)

2010. Alla morte di Arturo Beltrán Leyva, gli Zetas si guardano intorno e realizzano di essere rimasti praticamente soli a controllare molte regioni del paese. I loro alleati di Ciudad Juárez stanno a centinaia di chilometri di distanza in pieno stato paranoico. Infatti, i feroci comandanti di Don Arturo Beltrán, persi e disperati, con l’ansia di trovare spazi per respirare, sono come topi in gabbia e riescono solo a sfogarsi con crudeli delitti e omicidi negli Stati di Guerrero e Morelos, commessi in maniera quasi casuale e pressoché disorganizzata. Sono emblematici la mattanza di 20 turisti del Michoacán ad Acapulco e l’assassinio di Juan Francisco Sicilia, figlio del poeta che oggi è alla testa del gran Movimento per la Pace con Giustizia e Dignità in Messico.

Gli Zetas, da bravi militari quali sono, hanno realizzato con successo un’azione rapida: lo spostamento massiccio verso nord in cerca di ossigeno, cioè dollari e armi yankee. In pochi mesi si sono impadroniti di ampie zone di Coahuila, Durango, Zacatecas, Tamaulipas e Nuevo León, inclusa l’opulenta capitale industriale del Nord, Monterrey. Allo stesso tempo hanno lanciato una forte offensiva contro i rimasugli di resistenza del CDG e hanno lasciato dietro di sé una scia di città e villaggi fantasma all’interno del Tamaulipas e sulle coste del Golfo del Messico settentrionale: il caso di Ciudad Mier è l’esempio più doloroso.

Sull’altro versante della contesa la decisione era semplice: la sopravvivenza dei Cárteles Unidos dipendeva dal suceso nell’evitare la scomparsa totale del CDG ad opera degli Zetas. Squadroni di Sinaloa e della Familia Michoacana si sono uniti a quelli ancora presenti nel Tamaulipas per portare avanti una controffensiva nelle città di Reynosa e Matamoros.
Il Cartello di Sinaloa è quindi cresciuto a Ciudad Juárez ed anche nei suoi territori d’origine. S’è pure adoperato per contenere gli Zetas nella zona centro settentrionale della Comarca Lagunera.
La Familia ha reagito nella zona di Guanajuato, il Bajío, inviando uomini armati perfino nel Tamaulipas per recuperare la cosiddetta Frontera Chica con il Texas. A sud, ad Acapulco, gli squadroni di Sinaloa hanno respinto i resti del Cartello dei Los Beltrán in un’escalation di violenza che ha coinvolto questa storica capitale del turismo.

Il Cartello di Sinaloa ha dovuto nuovamente far fronte al caos al suo interno quando Nacho Coronel, narco-comandante a Guadalajara e nella sua regione Jalisco, è stato freddato dall’esercito. Il vuoto di potere risultante dovette essere colmato rapidamente da Sinaloa nella zona ovest e dalla Familia in quella est. Nel mentre anche Gudalajara e Nayarit hanno conosciuto la narcoviolenza.

Alla fine dell’anno, il presidente Felipe Calderón scaglia la Polizia Federale all’attacco contro la Familia Michoacana. Obiettivo: posizionare la sorella dello stesso presidente come paladina della giustizia e la legalità nel Michoacán (Stato da cui proviene la famiglia presidenziale, n.d.t.) in vista delle elezioni del governatore e il parlamento locali nel 2011. I risultati di questa decisiones hanno condotto a una Polizia Federale umiliata, a una regione in fiamme per oltre un anno, a centinaia di morti e alla scissione de La Familia in due bandi: quello dei Caballeros Templarios (Cavalieri Templari) allineato con il Cartello di Sinaloa e quello della nueva Familia, in esilio nel Estado de México (a ridosso della capitale) e alleato on gli Zetas.

D) Rafforzamenti e ritirate. 2011.
Contro ogni previsione il Cártel del Golfo insieme a Cárteles Unidos (Sinaloa e altri) ha resistito e ha contrattaccato gli Zetas nel Tamaulipas. E’ riuscito a ricompattare nuovamente i suoi territori, avendo recuperato la Frontera Chica e i suoi 6 passaggi alla frontiera con il Texas. Ha anche iniziato un’importante controffensiva verso Monterrey. Questa lotta ha immerso Monterrey in una violenza psicopatica con livelli di crudeltà inumani.


Immagine 7. Ottobre 2011. La tenaglia dei Cárteles Unidos (in rosa e in azzurro l’alleato CDG) nella Comarca Lagunera frammenta il territorio degli Zetas. Juárez pare finire sotto il controllo di Sinaloa e il CDG recupera il Tamaulipas con una forza sufficiente a invadere anche il Nuevo León e Veracruz (due punti separati da oltre 600 km di distanza). La violenza si muove dal Nord al centro e Sud del paese. La Marina coadiuva su tutti i fronti nell’offensiva anti-Zetas.

Al Sud i Cárteles Unidos hanno braccato gli Zetas e il terrore s’è impadronito di città allegre e culturalmente vive come Xalapa e Veracruz. In quest’ultima, visto che si tratta del porto più importante, si registra la presenza di commando giunti da tutto il paese che si dedicano ad attaccare, ultimare e ammucchiare membri degli Zetas. Il territorio di questi (spesso citato dalla stampa come Zetania, Repubblica Criminale di, n.d.t.) si trova, in effetti, spezzato in due piccole aree, una nel Nord e un’altra circondata da forze nemiche a Sud.

In cosa hanno sbagliato gli ex militari che erano arrivati a controllare mezzo Messico? Il loro zelo estremo nell’uccisione massiva di migranti, l’invasione del Guatemala e l’omicidio per errore di alcuni agenti USA a San Luis Potosí li ha messi contro mezzo mondo. L’idea era che la pacificazione si sarebbe potuta ottenere ristabilendo lo status quo ante e l’eliminazione non del business del narcotraffico ma con la sconfitta dei cartelli più violenti. Secondo queste linee d’azione l’ultimo corpo federale non infiltrato dai narcos, la Marina, ha effettuato missioni spettacolari per strozzare gli Zetas nel Tamaulipas e bloccarli a Veracruz.

Forse Ciudad Juárez potrebbe essere pacificata siccome il Cártel de Juárez è al bordo del colasso. La situazione a Monterrey è, invece, più delicata, ma l’avanzata del CDG sembra solida. Lì la Marina agisce nell’entroterra chiudendo la frontiera presso Ciudad Acuña cercando di tagliare le vitali forniture di armi e dollari ai nemici di questo, gli Zetas. La Comarca Lagunera risulta costantemente sotto attacco e se si chiude la tenaglia nei prossimi mesi ci saranno 450 km di distanza tra la zona degli Zetas nei pressi di Monterrey e il loro territorio meridionale.
S’osserva così un processo storico di violenza che si sposta da nord a sud e che molto probabilmente potrebbe muoversi anche per il centro del paese.

Quale sarà l’intensità in quest’ultima fase del conflitto? Dipenderà dalla capacità dei cartelli e dalla volontà del Governo di sottrarre agli Zetas l’ultima fonte di valuta costituita dal traffico di migranti e, come pare si stia precedendo a fare, di eliminare le bande di maniaci che sconvolgono le periferie e i dintorni di Città del Messico (La Mano con Ojos – Mano con Occhi). Da: carmillaonline.

Blog dell’autore: ClioScopia

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