Storia di un cingalese: da lavapiatti a maestro di cucina napoletana

Creato il 14 agosto 2014 da Vesuviolive

Napolitan.it riporta la storia di Ajar, un immigrato cingalese che, giunto a Napoli, da lavapiatti si è ritrovato ad essere uno dei più apprezzati cuochi di piatti tipici napoletani. Egli e la moglie decisero qualche anno fa di lasciare lo Sri Lanka, attratti dalla possibilità di una vita migliore soprattutto per i propri figli, ma arrivati in Italia hanno fatto i conti con una realtà parecchio diversa da quella immaginata, così come succede da sempre a tutti coloro che lasciano la propria per cercare fortuna, per trovare l’America, come si suol dire oggi.

Allora, contro le previsioni, ha cominciato a lavorare da lavapiatti in un antico ristorante napoletano guadagnando pochi soldi, osservando attentamente nel frattempo come lavorava il cuoco, immagazzinando tutto quello che poteva. Un giorno, dopo una lite tra costui e il proprietario, lo chef abbandona il lavoro lasciando il gestore in una situazione complicata, perché la sala è piena di gente: Ajar chiede dunque una possibilità, quella di poter cucinare per quella sera, e l’uomo gliela accorda perché peggio di così non poteva andare.

Durante il servizio i clienti rivolgevano molti complimenti alle pietanze cucinate da Ajar, e il successo si è ripetuto e continua a ripetersi ogni giorno: in una notte il cingalese ha cambiato la propria vita. Tuttavia, egli non vuole far sapere di essere il cuoco del ristorante, poiché sicuro che i clienti, sapendolo, non verrebbero più: una conclusione cui è giunto attraverso l’esperienza, la sperimentazione delle quotidiane indifferenza e diffidenza, del razzismo.

Si tratta perciò di una storia bella ma solo a metà, anche se io non voglio credere che i napoletani abbandonerebbero il ristorante se venissero a sapere chi è che cucina. Certo, gli sciocchi ci sono, ma Napoli non è mai stata una città razzista, anche se negli ultimi tempi qualcuno si sta incattivendo, vittima della propaganda mediatica xenofoba che tra l’altro colpisce i Napoletani stessi.


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