Storia di una casa (#2)

Da Snake788

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Scolpite nella mente uno di quei mobili antichi. Una vecchia cassettiera in legno per esempio, robusta, solida e pesante. Uno di quei mobili scricchiolanti, talmente rumorosi da sembrar vivi, come un anziano in oltre età. Immaginate sulla superfice rugosa, scheggiata e puntellata da tarli, una miriade di oggetti, apparentemente inutili, accumulati negli anni. Statuine, vecchi souvenir, regali, bomboniere… qualche bambola di porcellana, un orsacchiotto un tempo bianco e una lampada ormai spenta…
Infine, spargete nella vostra mente, su questo mobile che avete appena immaginato, un sottile ma intenso strato di polvere grigia. Ed ecco la perfetta similitudine che avevo nei confronti di quella città a prima vista.
Con essa anche parte del mio stato d’animo assumeva gli stessi contorni. Ai miei occhi Milano sembrava una città morta, chiusa in se. Un po’ diversa da come l’avevo immaginata.
Per fortuna gli anni contribuirono a farmi cambiare idea. Ma la strada per arrivarci fu dura e tortuosa.
Il mio primo obiettivo era quello di trovare una casa. Un posto dove stare tra quell’immensità di persone. Ambientarmi e piano piano far credere alla mia anima che lì mi sarei trovato bene. Ardua impresa per uno come me… che ha un posto dentro, dove luoghi e persone s’incastrano e ci restano per sempre.

Passo dopo passo arrivai davanti una bianca palazzina. Controllai il foglietto che avevo in mano.
“E’ lei…” pensai e bussai al campanello. Sentii aprirsi il portoncino e un attimo d’esitazione mi colse e mi bloccò. Una signora, o meglio solo la sua testa e il suo braccio longilineo, si affacciò da un balcone del primo piano. “Vieni, vieni!” mi disse gesticolando con la mano.
Rassicurato da quelle parole, arrivai alla porta d’ingresso. Era aperta e la spinsi verso l’interno. La stessa donna mi ricevette con estrema gentilezza.
“Eccoci qua! Ce l’hai fatta!” affermò.
“Sì… ho fatto un po’ tardi… non sono ancora capace di muovermi adeguatamente in questa città… sono venuto a piedi…”
“Potevi prendere il 23… o il 33… mmm… forse anche la 54 passa qui vicino… tra l’altro stanno facendo dei lavori e hanno spostato tutte le fermate… prima passava da… poi ha cambiato giro e percorre via… quella dove c’è l’Esselunga… sì, quel grande supermercato marrone che fa tante offerte…”
Osservavo e annuivo mentre le labbra di quella donna si muovevano così rapide e veloci, producendo parole che stentavano ad avere senso e soprattutto non richieste.
“…se decidi di trasferirti qui, sarai comodo a far la spesa lì… io mi trovo benissimo… Però non andare il sabato mattina perché c’è sempre un casino della madonna… tanto che non riesce a camminare tra i reparti e alle casse file immense. Assurdo. Comunque… vuoi domandarmi qualcosa?”
“Ehm… si… vorrei vedere la casa…”
“Oh… già… che sbadata… certo… seguimi!”
La casa era adeguata. Della grandezza ideale in cui vivere. Anche se la mia esperienza passata, svoltasi in una villetta di campagna, tra corridoi e larghe stanze, si sentiva un po’ stretta tra quelle mura di città. Dovevo abituarmi a vivere in uno spazio più piccolo, a non avere un giardino e soprattutto…
“Ecco le stanze da letto… qui c’è la singola e lì la doppia…”
“Doppia?”
“Si… ci sono due letti… e la stanza è abbastanza spaziosa per dormirci in due. In realtà si potrebbe aggiungere un letto anche nella singola e farla diventare doppia… ma tutto dipende da quante persone affittano la casa…”
“Certo…” dissi pensieroso.
In tutto quel tempo, non avevo mai fatto il conto di dover dividere la casa con qualcuno. Il pensiero non mi aveva proprio sfiorato. Avevo in testa l’obiettivo di trovare una casa, non qualcuno con cui dividerla. Capii che prendere un’intera casa da solo era troppo costoso. Altre persone erano necessarie per dividere le spese. Ma avrei mai potuto trovare qualcuno che si adattasse al mio stile di vita mentre io cercavo di adattarmi al suo? Oltre alla ricerca della casa si presentò quest’altro problema sul mio campo. Cercare dei coinquilini. E non sapevo nemmeno da dove iniziare.


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