Storia di una casa (#25)

Da Snake788

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La casa era vuota, scura, spenta. Solo il nostro parlottio cercava di rianimare l’ambiente.
-   Eccoci qua… questa è la mia casa! – dissi con fare da maggiordomo.
Francesca penetrò silenziosa nella penombra. Il rumore dei tacchi riecheggiava sulle pareti. Chiusi la porta e accesi la luce. Si voltò e mi sorrise. La presi per mano e la portai a visitare tutte le stanze. Sembrò entusiasta alla vista della cucina. Si sedette sul tavolo e prese a dondolare ingenuamente le gambe, racchiuse da una minigonna di jeans.
-   Carina la cucina, piccola ma carina… -
-   Di certo non ho intenzione di dare ricevimenti… -
-   Dovrai prima farti degli amici… -
-   Per adesso ho solo una persona che potrei invitare… -
Mi avvicinai a lei senza perdere per un istante i suoi occhi nocciola. Lentamente la mia mano percorse il suo fianco e affondò nei suoi capelli morbidi. Inclinai la testa e le mie labbra coincisero con le sue i un armonico bacio… e poi un altro… e un altro ancora. Finché lei si divincolò da me e, con un risolino malizioso, tornò nell’ingresso.
-   … e la tua camera qual è? Questa? –
-   No, quella è la camera di Francesco. La mia è quella. –
L’indirizzai verso la porta giusta e senza il bisogno del mio permesso entrò. Girovagò sulle mattonelle scure, incurante del rumore sordo dei tacchi. Solo il tappeto appiattì la risonanza e lì, proprio al centro della stanza, fece un giro completo su se stessa per osservare ogni cosa.
-   Bella, ma spenta… bisogna arredarla un po’… -
-   Mi aiuterai tu… -
-   Carina l’idea dei cartoncini sulle ante della vetrinetta, da dove ti è venuta… -
-   Fantasia… -
Era bella e raggiante di gioia. Lo leggevo sui suoi occhi vissuti, che attendeva da tanto un momento come quello. Ovvero, il momento in cui tutto sembra girare per il verso giusto. Sapevo che non era una ragazza dalla vita facile. Ogni giorno per lei era costellato di sudore e sacrifici. Era ingiusto che una ragazza di sedici anni dovesse guadagnarsi anche il semplice sorriso giornaliero sulle labbra. Quel sorriso che ora vedevo stampato sul suo volto che continuava a sfornare ipotesi d’arredo. La guardavo divertito nel suo maglioncino viola e la sua minigonna di jeans che sapevo che non avrebbe mai messo se non fosse stato per me. Era una ragazza semplice. L’amavo, perché i suoi occhi m’intenerivano e conquistare il suo sorriso era ciò di più bello che potessi ottenere dalla vita.
-   ehi! Che fai? Sul tappeto… -
-   Si… sul tappeto… voglio baciarti qui… -
E adagiati per terra, l’uno sopra l’altra, la strinsi in caldi abbracci e teneri baci. Non mi stancavo mai delle sue labbra. Il leggero contatto con le mie mi estasiava. Erano soffici e dolci. Desiderai di non staccarmi mai da lei ma un suono inaspettato troncò ogni speranza.
-   Cavolo sono già qui sotto… -
-   Devi andare? –
-   Si… scendo… non posso farli aspettare… -
L’accompagnai fin giù al palazzo e la vidi scorrere via nella macchina dei suoi amici. Pensieroso tornai su.
Avevo un po’ di timore ad addentrarmi in un amore complicato. Ma la precedente storia con la classica reginetta della scuola, mi aveva fatto capire che il genere di ragazza tutta apparenza, non era fatto per me. Avevo bisogno di stimoli e di una ragazza che mi guardasse come il suo principe azzurro… e forse, l’avevo trovata.