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Un nome. Su quel bigliettino era scritto un nome e accanto un numero di telefono. La mia premurosa mammina me l’aveva consegnato una settimana fa, prima della partenza per Milano. “Chiamala, potrebbe aiutarti!” mi disse e mi diede un bacio. “Sono sicura che ce la farai…”
Uno dei miei tanti e terribili difetti è l’egocentrismo. Tendo molto difficilmente a chiedere aiuto alle persone. Un po’ per malfidenza generale. Mio padre m’ha sempre insegnato che quando una cosa la fai da solo riesce meglio. Mai per cattiveria, anzi, quando è qualcuno a chiedere una mano a me, mi faccio in quattro. Infine subentra la timidezza a chiudere il quadro della mia introversione e i miei rapporti sociali si fanno scarsi.
Guardai le miei mani. In una avevo il cellulare e nell’altra il biglietto.
Feci un respiro e composi il numero.
- Pronto! –
- Salve signora, sono Ciro il figlio di… –
- Ah Ciro! Si si! Mi ha chiamato tua mamma qualche giorno fa! Mi ha detto che hai bisogno di una mano a cercare la casa… –
- Si… infatti… beh… –
- Dai! Hai cenato? Vieni da me che parliamo di questa faccenda. Son in via …. –
- Ok, va bene… arrivo. –
- A dopo! –
Appena terminò la chiamata, mi sentii sollevato. La tenue fiammella della speranza s’era rinvigorita. Sentire la voce allegra di quella signora, ebbe un effetto piacevole alla mia anima, ma lo spettro della delusione continuava a serpeggiare nei miei occhi.
Camminai fino alla casa della signora Pina. Non era molto distante da dove fossi. Cercai tra i palazzi il suo numero civico e lo trovai su un cancello. Bussai al citofono e si aprì una porta al primo piano. Si affacciò una donna di mezz’età. Mi scrutò fino a capire chi fossi.
- Ciro! Vieni Vieni! – mi disse sventolando una mano.
Entrai nella sua modesta casetta. Bianca, porte in legno, stanze ai lati. Molto accogliente e profumata. Si notava che era una casa vissuta, costruita e arredata negli anni. Tutti i mobili sembravano pezzi di un puzzle aggiunti uno dopo l’altro. Non era stata pensata tutta d’un pezzo. Era stata composta assemblando pezzi nuovi su quelli precedenti. Ogni mobile cercava di trovare il giusto incavo e la giusta intonazione per non risultare estraneo; e tutto nel tempo s’era saldato, fossilizzato, e la casa compattata.
Scesi delle scale a chiocciola. I gradini scricchiolavano sotto i miei piedi. L’altra metà della casa mi si presentò agli occhi. Una piccola taverna con cucina e divani. Un ottimo posto dove rilassarsi.
- Eccoci qua! Accomodati pure Ciro. –
- Ha una bella casa signora Pina… –
- Grazie, puoi chiamarmi anche solo Pina. Signora mi fa sentire vecchia… –
- Non era certo quello il mio intento… –
- Allora su… raccontami un po’ quello che hai combinato in questi giorni… -