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Storia di una fotografia: il 10 di Nadia Comaneci

Creato il 26 gennaio 2012 da Masedomani @ma_se_domani

Il 2012 è un anno olimpico, e il fascino che la bandiera con i cinque cerchi riserva ad appassionati o semplici spettatori è innegabile ed immutato negli anni. Universalità assoluta, personaggi incredibili e spesso indimenticabili, drammi sportivi ed inattesi trionfi segnano la storia della più importante competizione sportiva del globo terrestre. Un primo omaggio inserito all’interno della sezione fotografica di MaSeDomani ci è sembrato quasi inevitabile.

Per una ragazza rumena di appena quattordici anni, Montreal doveva essere poco più di un puntino su una cartina geografica, un sospiro sfuggito mentre una mano bambina accarezza il mappamondo fino a raggiungere una terra lontana. Nadia Comaneci si presenta alle Olimpiadi ospitate dalla metropoli canadese nel 1976 con le migliori speranze e, incredibile a dirsi ma coerentemente con una disciplina che prevede età anagrafiche davvero basse, con i favori del pronostico. Ha già vinto diverse competizioni internazionali ma la pressione che mettono addosso le Olimpiadi è senza pari: la storia dello sport è costellata di vicende di grandi campioni che annichiliti dalla valenza di una medaglia d’oro non sono riusciti ad esprimersi al meglio, e non hanno iscritto il loro altisonante nome nell’albo d’ore più importante.

C’è l’inaugurazione, con gli occhi di tutto il mondo puntati addosso. C’è la tua responsabilità verso un paese intero, gli allenamenti massacranti, le privazioni per restare in forma, il dolore ignorato. E ci sono le parallele asimmetriche, un sorta di mostro ferroso che sorregge due pali di due altezze diverse. Fanno già un po’ paura a guardarle, pensa a doverci volteggiare sopra, a saltare continuamente da una all’altra con leggiadria quasi fosse una danza.

Sono pochi secondi, in fondo, ma perfetti, assolutamente ipnotizzanti (il video è qui). Persino chi è totalmente a digiuno di ginnastica artistica come il sottoscritto non può evitare di coglierne una musicalità assoluta, una sorta di magica sospensione del tempo: provo a immaginarmi nei panni di chi ha avuto la fortuna di assistere in diretta a questo evento sportivo e ha trattenuto il fiato, temendo o aspettando un errore che non arriva, nemmeno nell’ultimo salto sfiancante, o nell’atterraggio.

A Montreal seguirono attimi di terrore tecnologico. Già perchè i giudici erano assolutamente concordi nell’assegnare il più alto punteggio possibile, ma ancora una volta l’uomo aveva superato la macchina: nessuno aveva ipotizzato che, per la prima volta nella storia di questo sport, si potesse arrivare ad un 10 unanime, ed i tabelloni elettronici erano predisposti soltanto per valutazioni inferiori.

E’ per questo che ho scelto la foto che segue. Non è l’immagine più celebre di Nadia Comaneci, ripresa con medaglia d’oro al collo su Newsweek o in inquietanti pose lolitesche qualche anno più tardi, ma è uno scatto che racconta di un limite raggiunto e mai più superabile. Uno scricciolo di quattrordici anno che ha fatto la storia, e un tabellone costretto a snaturarsi per urlare al mondo che il primo 10 è arrivato.

Storia di una fotografia: il 10 di Nadia Comaneci

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