Storia di una fotografia: il ragazzo con il flauto

Creato il 05 ottobre 2012 da Masedomani @ma_se_domani

Tra aprile e giugno del 2012 lo Spazio Forma di Milano ha ospitato la mostra “Magnum. La scelta della foto” che, come anticipato dal titolo, era incentrata sulle selezione di una immagine. Venivano quindi presentati i rullini sviluppati nella loro interezza, e ci si poteva godere gli scatti preparatori ed i tagli differenti di inquadratura che hanno contribuito alla definizione della fotografia “giusta”. Un viaggio, dunque, nella creatività e nel talento degli autori.

Il catalogo di quella mostra mi è tornato in mente ieri sera, mentre cercavo notizie su una foto che ho sempre trovato bellissima, e che val la pena mostrare immediatamente.

L’autore è Werner Bischof, fotografo svizzero di indiscutibile talento per il reportage che ebbe l’onore di essere pubblicato su Life e di far parte della agenzia Magnum: dopo un inizio di carriera dedicato alla fotografia di moda e di pubblicità, Bischof si dedicò infatti nell’immediato dopoguerra all’immagine documentaristica, con la volontà di mostrare senza mistificazioni la realtà dura della seconda metà degli anni Quaranta in Europa e quella, certamente esotica per quel periodo, del Medio ed Estremo Oriente.

Nel 1953 Bischof ebbe la possibilità di realizzare il suo grande sogno: affrontare un viaggio nel continente americano e ritrarne tutti gli aspetti storici, architettonici e sociali. Il primo maggio del 1954 si trovava a Cuzco, dopo aver lasciato la moglie incinta in Messico ed essere arrivato in Perù dopo una tappa in Cile. Aveva ritratto il Machu Picchu e le strade di Pisac quando riuscì a puntare il suo obbiettivo su un giovane pastore che stava camminando suonando un flauto.

Si trattò, in qualche misura, di una foto-testamento: soltanto due settimane più tardi la macchina su cui viaggiava Bischof precipitò in un burrone, privandoci di uno sguardo umano sulla nostra realtà. Quando i suoi rullini vennero sviluppati, la forza di una foto che esprime pace, leggerezza e armonia con la natura emerse immediatamente. E – riallacciandoci all’introduzione di questa storia – non vi fu la necessità di selezionare lo scatto più adeguato: il ragazzo indio fu impresso su un unico fotogramma, perfetto e irripetibile.


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