Recensione
Milioni di copie vendute e un film in arrivo mi hanno convinta che non potevo più restare indifferente al richiamo di questo caso letterario, che dopo una pubblicazione un po' in sordina nel 2005 ha lentamente ma inesorabilmente scalato le classifiche, tanto che la casa editrice italiana, Frassinelli, ha deciso di ripubblicare il romanzo con nuova cover e nuovo titolo (il precedente era La bambina che salvava i libri), più affine all'originale The Book Thief, per sfruttare il traino del film.
Purtroppo anche in questo caso il fenomeno editoriale si è rivelato una mezza bufala.
Il mio problema principale con Storia di una ladra di libri è il suo narratore. Questo libro è narrato dalla Morte, fatto che credo sia responsabile per almeno la metà dei giudizi entusiasti che ho trovato in internet (l'altra metà è invece data dall'intramontabile "Ho pianto così tanto!!!"). Immagino l'autore abbia compiuto questa scelta in un disperato tentativo di originalità, cosa che, devo ammetterlo, ha dato i suoi frutti, ma personalmente non mi ha assolutamente convinta.
Tanto per cominciare il fatto che la Morte sia la voce narrante non aggiunge assolutamente nulla al racconto. Certo, la Morte è onnisciente (e molto ben informata sui dettagli della dipartita di ognuno di noi), ma la letteratura pullula di narratori onniscienti che forniscono esattamente lo stesso servizio pur non essendo il Tristo Mietitore. Nel corso del racconto capita di vedere la Morte al lavoro mentre si appropria dell'anima di un defunto e quasi amorevolmente la conduce... non si sa dove perché l'autore non si spinge mai oltre questo punto. Egli si limita a descrivere il passaggio dalla vita alla morte, con l'anima che viene portata via tra le braccia del nostro narratore d'eccezione ma, onestamente, avevamo davvero bisogno che l'incredibile capacità creativa di Zusak ideasse questo trito e abusato cliché che probabilmente è passato per la mente di ognuno di noi intorno all'età di sei anni?
A completare l'opera, la Morte non perde occasione per inserire qualche riflessione su quanto sia triste per la povera anima non essere più in vita, su quanto gli uomini siano stupidi e su quanto lavoro Le rifilino sempre durante le loro assurde guerre e che il cielo quel giorno era di un qualche assurdo colore, tipo cioccolata, perché la Morte negli anni ha imparato a soffocare tutti le sue emozioni ma ha conservato una passione per i colori.
Ed ecco il tocco poetico che piace tanto e che poi è anche l'unico barlume di personalità espressa dalla Morte, per il resto totalmente piatta e incredibilmente noiosa, se consideriamo di chi stiamo parlando. Trattandosi però del Sinistro Mietitore, la sua prosa non poteva che essere convoluta, retorica fino alla nausea ed eccessivamente drammatica, con un uso smodato di personificazioni e metonimie e una passione incontrollabile per le frasi al passivo. Non contento dell'effetto melodrammatico di tutti questi stratagemmi narrativi, il narratore abusa senza ritegno della sua onniscienza spargendo frasi premonitrici un po' dappertutto: espressioni come "Se solo avessero saputo...", "Quella sarebbe stata l'ultima volta che-..", "Non poteva immaginare che non si sarebbero più rivisti..." si trovano praticamente in ogni pagina e non solo conferiscono all'opera un senso di dramma imminente decisamente stucchevole ma spesso svelano il fato dei protagonisti con abbondante anticipo così che a metà libro già sappiamo chi è spacciato e chi no.
Personalmente ritengo che l'Olocausto sia già un evento estremamente drammatico in se stesso, non c'è alcun bisogno di calcare la mano in modo tanto pesante e sfacciato, altrimenti l'impressione che se ne ricava è che l'autore fosse semplicemente alla ricerca di una bella storia strappalacrime e che il tema " povera orfanella che nasconde un Ebreo" rappresentasse un ottimo candidato. Impressione peraltro confermata dal titolo del romanzo che fa supporre che il tema del libro sia quello di una ragazzina che tenta di salvare quanti più libri possibili dai roghi nazisti quando la protagonista, Liesel, si appropria di una manciata di libri quasi per caso e, almeno inizialmente, senza uno scopo preciso, visto che la bambina non sa leggere. Aiutata però dall'adorato padre adottivo e dai disegni creati per lei dal giovane ebreo nascosto in cantina, Liesel imparerà tutto sul "potere delle parole" e su come Hitler abbia raggiunto il potere tramite esse. Non che ci sia niente di male in tutto ciò, semplicemente mi è sembrato estremamente scontato e prevedibile e quindi incapace di contribuire in modo originale alla letteratura sull'Olocausto.
Non credo valga la pena di soffermarsi eccessivamente sui personaggi, che sono solo una sfilza di stereotipi (l'orfanella traumatizzata, la madre adottiva burbera ma dal cuore tenero, il papà comprensivo e il rifugiato ebreo travolto dai sensi di colpa, solo per citare i principali), voglio solo sottolineare che un uso così sfacciato e grossolano del simbolismo lo posso accettare unicamente in un romanzo rivolto ai bambini delle elementari. Devono essersene accorti anche gli editori americani che hanno classificato quest'opera come Young Adult, nonostante fosse stata originariamente pubblicata in Australia per un pubblico adulto.
Anche il finale, al quale sono arrivata solo grazie a un minimo interesse per il destino di Liesel e Max, dimostra la superficialità dell'autore, che arrabatta una conclusione improvvisata seguendo come unica regola quella di far piangere al lettore più lacrime possibili.
Decisamente uno dei più banali libri sull'Olocausto che abbia mai letto, consiglio vivamente all'autore di andarsi a studiare chi era Primo Levi.
Giudizio:
+2stelle+Dettagli del libro
- Titolo: Storia di una ladra di libri (originariamente pubblicato come "La bambina che salvava i libri")
- Titolo: The book thief
- Autore: Markus Zusak
- Autore: Gian M. Giughese
- Editore: Frassinelli
- Data di Pubblicazione: 2014
- ISBN-13: 9788876849435
- Pagine: 563
- Formato - Prezzo: Brossura - 16.90 Euro