Sui terreni, c'erano i Poderi, dove vivevano gli agricoltori e le loro famiglie, e dove grano, olive e uva venivano ammassati per essere trasferiti alle Grance.
La Grancia era un edificio fortificato, che faceva un tutt'uno con la città-castello; qui si facevano farina, olio e vino, e qui venivano custodite queste ricchezze.
Il Podere di Fonteluco faceva capo alla Grancia delle Serre di Rapolano, ed era al centro di un terreno grande e fertile.
Ho trovato nel sito della società Inlink una ricostruzione grafica del Podere di Fonteluco di allora, ed ho scoperto con emozione che l'edificio è rimasto esattamente uguale per 750 anni.
Almeno dal 1730 in poi è documentato che i miei antenati, Vaselli, erano i coltivatori del podere, e non è detto che non l'abitassero anche prima...
Guardando la ricostruzione, voglio descrivere com'era abitato l'edificio; penso infatti che dal medioevo ai giorni dei miei nonni e del mio babbo non ci siano stati grandi cambiamenti.
1 - Nella torretta c'erano le stanze del Capoccia, sua moglie, i figli piccoli, ed il primo figlio maschio (se sposato) con moglie e figli. La freccetta blu indica la stanza dove sono nato io...
2 - Dietro ai due finestroni c'era la grande cucina comune, con il focolare, il tavolo, l'acquaio, la madia; tutti gli abitandi del podere si riunivano qui per mangiare, la sera, e dopo cena restavano a discutere o semplicemente a veglia, fino a che d'inverno giungeva l'ora di spegnere il focolare, raccogliere le braci negli scaldini e portarli nelle camere da letto.
3 - Il sottotetto, alto e dal robusto solaio, conteneva scorte preziose: salumi, noci, mandorle, cavoli, cipolle, sacchi di farina, giare d'olio, damigiane di vino, e qualche secolo dopo patate. E un agguerrito esercito di gatti, per tenere lontani i topini di campagna.
4 - In quest'ala del podere, dopo i finestroni della loggia, c'erano le stanze dei fratelli del Capoccia e dei figli sposati del Capoccia (secondo in poi), con rispettive spose e figli piccoli.
5 - La tettoia era la rimessa per i carri ed il calesse, e per stivare una scorta di fieno asciutto per le bestie, al riparo dalle intemperie.
6 - Le stalle per i buoi di razza chianina, bestie possenti e instancabili nel tirare l'aratro e i carri, per qualche somaro addetto a tirare i barrocci, per un paio di caprette, indispensabili per allattare i bambini quando qualche mamma non aveva latte a sufficienza, per il cavallo, almeno uno, che tirava il calesse del Capoccia quando andava a rendere conto ai superiori o per portare le donne anziane alla messa in paese.
7 - L'aia, spiazzo dove si batteva il grano per liberare i chicchi, e poi, eliminata la paglia e la pula si riempivano i sacchi. Nell'aia i bambini giocavano, e nell'aia si ballava, d'estate, invitando gente di fuori per divertirsi e perchè i giovani e le giovani facessero ... conoscenze.
Sullo sfondo dell'aia, oltre le due grandi arcate, c'era il deposito dei sacchi di grano e del raccolto di olive e uva, in attesa che i carri della Grancia venissero a pesarli e a portarli via.
8 - Ecco la fabbrica, luogo per riporre ogni attrezzo, dalle zappe agli aratri, dalle falci ai bigonci, ai canestri... E tutto il necessario per le riparazioni: martelli, seghe, chiodi, mole, morse.
Qui c'erano anche i torchi e le macine per fare il vino e l'olio e la farina destinati al podere.
9 - Ecco lo stallino dei maiali, animali troppo preziosi per essere ricoverati ... lontano dal aso. E c'era anche la stia dei polli, e le gabbie dei conigli.
10 - Cosa c'era qui, esterno al podere e non comunicante ? C'era il dormitorio per i giovanotti e gli uomini non sposati, e magari anche per qualche lavorante. Le figlie grandi ma non sposate dormivano nelle stanze di famiglia, e la sera, finita la veglia, il Capoccia chiudeva i tre portoni del muro di cinta e liberava i cani...
11 - Il muro di cinta era tipico delle villae romane. Costituiva una difesa contro i ladri e gli sbandati in un'epoca in cui gli uomini del podere provvedevano da soli a difendere i loro beni, armati di picche, asce e forconi, e probabilmente fu abbattuto in tempi molto recenti.