Il libro di cui voglio parlare oggi, Storia naturale di una famiglia, invece, stranamente l’ho preso solo perché mi piaceva il titolo, senza saperne niente, e sono stata premiata.
È il primo romanzo di una giovanissima genovese, solo 28 anni, architetto e mi sento di dire che la ragazza ha talento. È la storia di una famiglia come tante, madre padre figlio e figlia, raccontata da quest’ultima, Bianca, di 15 anni. Senza entrare nei particolari, per non rovinare la lettura, è un libro sulla separazione, la perdita e sull’elaborazione. “Crescere è abbandonare” dice a un certo punto la madre, è come passare attraverso la muta degli insetti: da un taglio netto e profondo della schiena fuoriesce un “corpo identico al primo ma dai colori più accesi”.
L’occhio narrante è da entomologa, non solo per l’attenzione ai dettagli anche emotivi, ma letteralmente per le frequenti e originali similitudini prese dal mondo degli insetti. E così le note che si diffondono inattese da un pianoforte sono “api che sciamano e colorano la casa”, la madre da ape operaia “costretta tra le celle dell’alveare a maneggiare la cera, nutrire le larve, sorvegliare che ogni cosa vada in porto, sfreccerà finalmente nel sole, libera di pungere chi vuole”. E così via.
È un romanzo che ti cattura, ti trascina e non ti molla fino alla fine. Lo consiglio vivamente.