Poiché ho sempre assegnato alle domande un primato filosofico sulle risposte preferisco le domande alle asserzioni infondate e ai richiami censori di quanti mostrano una particolare dedizione al silenzio più per scarsa padronanza del pensiero e della parola che per disposizione morale.
Quando sarà possibile in questo paese pensare che un fatto tremendo come quello di Brindisi sia solo il gesto di un folle? Questo naturalmente non ridurrebbe l’efferatezza della tragedia ma le implicazioni politiche e sociali sarebbero decisamente meno devastanti. Quando sarà ragionevolmente possibile in questo paese escludere per palese infondatezza le più pindariche ricostruzioni di stragismo e relegare queste spiegazioni alla psichiatria?
Questo è un paese la cui storia recente è disseminata di stragi pilotate e depistate, di bombe alle stazioni, sui treni, nelle banche, di vittime ignare e di giudici che saltano in aria, di fatti sanguinosi restati impuniti, fatti che sembrano scattare come un meccanismo ad orologeria ogni volta che si profila all'orizzonte una dissoluzione degli apparati dello Stato, sia ad opera di opposte fazioni politiche, come negli anni settanta, sia per l’azione investigativa di giudici come Falcone e Borsellino negli anni novanta, sia per una crisi economica devastante come quella dei nostri giorni.
Le stragi del passato “dovevano” avere come effetto finale proprio la ricompattazione del tessuto sociale in fibrillazione intorno ad un comune obiettivo, intorno ad un comune nemico. Quale modo migliore per soffocare il dissenso? Calcoli, si trattava di calcoli, in alcuni casi si trattava di soffocare un conflitto, in altri di prevenire un compromesso indesiderato, in altri casi bisognava fermare indagini pericolose. Le vittime erano il prezzo a breve termine per ristabilire un ordine a lungo termine che altrimenti si sarebbe incrinato. Vittime che ad oggi non hanno visto un briciolo di giustizia, anzi spesso i parenti delle vittime sono stati addirittura chiamati a sostenere le spese giudiziarie. Giustizia non è stata fatta perché giustizia non doveva essere fatta, non per malfunzionamento della giustizia. Allora mi chiedo, a fronte di questa storia tremenda come si possono considerare le tesi complottiste che solitamente non mi piacciono e che si diffondono per spiegare un atto di terrore come quello accaduto a Brindisi che ha ucciso una ragazza di 16 anni, ferito gravemente altre ragazze e che poteva essere una carneficina? Dato il contesto della storia nazionale sarebbe troppo banale e liberatorio liquidare quelle tesi come allucinatorie e paranoidi, non perché siano necessariamente o probabilmente vere o plausibili ma perché in Italia conta più il contesto genetico di tali tesi rispetto al loro contenuto di verità.
Questo è un paese in cui persino i forestali hanno tentato un golpe, un comico non ci sarebbe mai arrivato! Allora la domanda è: le tesi stragiste sono soltanto manifestazioni paranoidi oppure, qui in Italia, sono la chiara espressione di una democrazia incompiuta? Il diffuso ricorso a tesi complottiste non denota che i cittadini di questo paese si sentono abissalmente distanti dallo Stato ed estranei allo Stato nel quale dovrebbero riconoscersi?
Questo mi chiedo e per quanto io assegni alle domande un primato epistemologico e persino morale sulle risposte non posso nascondermi che le domande, quando sono sensate, esigono una risposta.
I rappresentanti delle istituzioni dovrebbero porsi queste domande. Invitare al cordoglio è doveroso, salvo quando diventa un mero esercizio retorico.