Lo sport è sempre stato un veicolo di massima espressione di valori come la fratellanza e la solidarietà, una dimensione “senza frontiere” e senza ostacoli. E davanti alle difficoltà, lo sport non abbassa mai la testa. Perché se si chiude una porta, si apre un portone.
Invece, a Perugia il Comune ha abbassato la sbarra allo sport. Letteralmente.
Ma andiamo per gradi.
Quello che certamente conoscete di Perugia è l’enorme fascino e bellezza dell’acropoli e del centro storico. Quello che forse non conoscete, invece, è il suo parco altrettanto fantastico a pochi passi dallo stadio “Curi” di calcio, il cosiddetto “Percorso Verde”, una vasta area attrezzata per diverse attività sportive, tra cui baseball, calcio e rugby.
L’ingresso all’area è delimitato da una sbarra, di quelle che si trovano nei passaggi ai livello, o presso i caselli autostradali. Ovviamente, la sbarra serve a delimitare la presenza di auto all’interno dei sentieri del Percorso Verde e – in parte – come organo di controllo, dato che la zona nei pressi dell’area spesso non è proprio ben frequentata, diciamo così.
Le società sportive che usufruiscono dei servizi del Percorso Verde si sono incontrati recentemente con i Vigili Urbani e gli assessori preposti del Comune per riorganizzare la gestione degli ingressi. La proposta delle società era semplice: attivare una sorta di “chiusura regolamentata” durante la bella stagione, permettendo l’accesso con l’auto agli associati possessori di apposito badge. Inoltre, la proposta coinvolgeva la presenza di un operatore alla sbarra che regolasse gli ingressi all’area. Le società coinvolte hanno inoltre espresso la disponibilità ad investire del denaro per stipendiare l’operatore alla sbarra. Potete leggere la proposta completa elaborata dalle società sportive sul sito del Perugia Rugby.
Tutto facile? No.
Il 20 marzo scorso è scattata l’ordinanza del Comune, che prevede la chiusura della sbarra. A tutti gli orari e tutti i giorni. Nessun segno di vita dell’operatore alla sbarra. Ogni società è stata dotata di due badge per il passaggio. E gli arbitri? E i portatori di handicap? E gli atleti? É vero – potreste dire voi – gli atleti sono tali e potrebbero fare qualche passo a piedi. Ma voi sareste tranquilli a sapere che vostra figlia o vostro figlio percorre la strada dal parcheggio al campo da rugby (o da calcio, o da baseball) da sola/solo, con un’illuminazione scarsa, proprio dove le prostitute e i tossicodipendenti gironzolano come anime senza pace? Perché se non lo sapevate, Perugia convive da tempo con il cancro della droga e della tossicodipendenza, che ormai è diventato un grave problema sociale.
Ma le autorità cittadine non si fanno intimidire dalla devianza, dalla miseria in cui la città sta lentamente scivolando. Hanno rigettato tutte le richieste delle società sportive.
Probabilmente, c’è stato un qui pro quo tra gli attori coinvolti in questa vicenda. Probabilmente le autorità cittadine non hanno ben compreso che una singola sbarra può diventare un’enorme barriera non solo architettonica, ma anche culturale. E di questo ne sono convinte anche le amiche del Barton Rugby Perugia, che hanno invitato la popolazione e i simpatizzanti a copiare e incollare una e-mail che trovate sulla loro pagina Facebook, dove si chiede al sindaco Boccali e all’Assessore allo Sport un altro incontro per discutere una soluzione diversa da questa corrente.
Mi hanno sempre insegnato che le ombre oscure della società si combattono con le azioni positive: con la cultura, con l’arte, con lo sport. Sbarrare la strada allo sport significa dare via libera alle ombre scure, allungando questa eclissi che in momenti come questi, leggendo notizie come queste, sembra davvero senza fine.